Altra stangata in arrivo per conti deposito e dossier titoli – Di Alberto Pattini

Si continua ogni giorno a mettere le mani nelle tasche dei cittadini e non si riduce il debito come evidenzia giustamente anche il vicepresidente Ue Olli Rehn

I risparmiatori si preparino: il nuovo anno porterà con sé una mini-patrimoniale a danno soprattutto dei conti deposito, già caratterizzati da una marcata contrazione dei rendimenti. Il provvedimento, contenuto nella legge di Stabilità, attende il via libera della Camera, ma sembra che anche Montecitorio non porrà paletti.
È arrivato il via libera del Senato alla misura che, a partire dal 1° gennaio del 2014, farà scattare un aumento del 33% dell’imposta di bollo sui conti deposito e, in genere, sugli strumenti finanziari.
 
Se, infatti, sottolinea la CGIA di Mestre, con l’ex governo Monti l’imposta di bollo su tali prodotti era già salita dallo 0,10% allo 0,15% annuo, con la nuova Legge di Stabilità sale ancora dallo 0,15% allo 0,20%, sulle somme depositate, con un minimo di 34,2 euro, subendo così il terzo rincaro consecutivo in tre anni.
Considerando la nuova stangata, la banca avrà il diritto di cambiare i contratti, comunicando però al cliente la proposta unilaterale di modifica.
A quel punto però il cliente, entro 60 giorni dalla ricezione di tale comunicazione, potrà decidere se recedere dal contratto senza penalità e senza spese di chiusura ottenendo, in sede di liquidazione del rapporto, l’applicazione delle condizioni precedentemente praticate.
 
Secondo l’articolo 118 del Testo Unico Bancario, evidenzia la Cgia di Mestre, «qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula Proposta di modifica unilaterale del contratto, con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente».
«La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tale caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate.»
 
Nonostante si continui a prelevare dalle tasche dei cittadini il rientro del debito procede troppo lentamente, anzi quest'anno è aumentato di 95 miliardi di euro.
È questa la principale accusa che ci rivolge la Ue, nella figura del commissario per gli affari economici e finanziarie Olli Rehn.
In merito alla Legge di Stabilità, il commissario europeo ribadisce le buone intenzioni del governo italiano su privatizzazioni e spending review, ma ha il dovere di essere scettico.
 
Sulla legge di Stabilità messa a punto dal premier Letta e il ministro Saccomanni, in un intervista a Repubblica, il commissario Rehn osserva che l’Italia deve rispettare un certo ritmo di riduzione del debito, e non lo sta facendo.
Per farlo, lo sforzo di aggiustamento strutturale avrebbe dovuto essere pari a mezzo punto del Pil e invece è solo dello 0,1%. Ed è per questo motivo, avverte il commissario Ue, che l’Italia non ha margini di manovra e non potrà invocare la clausola di flessibilità.
 
Per quanto riguarda il deficit, afferma ancora Rehn, l’Italia è in linea, anche se di poco, con il criterio del 3% e questo ha consentito al Paese di uscire dalla procedura per deficit eccessivo che è importante per la sua credibilità sui mercati finanziari.
Secondo il vicepresidente Ue, come Francia e Finlandia, l’Italia grandi potenziali di crescita ma un problema di competitività, che non può però essere risolto senza il consolidamento del bilancio.
 
Alberto Pattini
(Il Taumaturgo)