Trentino Rock, dagli anni '60 a oggi/ 9 – I Monelli

«Negli anni 60 la musica era un modo per rivoluzionare la società. Uno strumento per lottare contro i benpensanti»

La formazione dei Monelli nasce nel 1964. Sergio Guglielmi, il tastierista, durante il servizio militare a Monguelfo conosce Giorgio Borghetto che suona la chitarra e Giorgio Antoniazzi che con il basso è davvero un fenomeno.
I tre si mettono subito alla ricerca di un batterista e trovano Walter Merler, è il candidato ideale.
 
«Ci incontrammo in modo casuale a un concerto a Baselga di Pinè, – ricorda Walter Merler. – Guglielmi mi disse che avevano messo in piedi un bel gruppo ma che cercavano un batterista. Io avevo comprato la batteria da pochi mesi e non mi pareva vero di propormi.»
 

 
Ora il gruppo è ben definito e i ragazzi cominciano subito le prove.
Antoniazzi e Borghetto sono di Verona, ma l’entusiasmo fa superare anche la fatica della distanza.
Dopo i primi concerti nella Band entrano anche Patrizio De Concini, alle tastiere, e il cantante Carmelo Spinale, la cui voce fa sognare le platee dei fan fin da subito.
Per quel tempo, la formazione dei Monelli è all’avanguardia. Infatti in alcuni pezzi “live” appaiono anche violino e flauto, cosa rara in quegli anni.
Il loro repertorio spazia nel pop inglese e americano.
 
I Monelli continuano fino alla fine del 1972. Il carattere, piuttosto turbolento di tutti i protagonisti, crea infatti dissapori e liti giornaliere all’interno del gruppo.
Poi alcuni fattori esterni ne determinano la definitiva separazione.
«Stavamo incidendo il nostro primo disco insieme al compianto maestro Simonetti negli studi di Milano – racconta Walter Merler – quando alcuni di noi, esasperati da continue liti e malintesi, se ne sono tornati a Trento. È stata la fine di tutto.»
Walter ci confiderà durante l’intervista che il Master di quel disco mai pubblicato è ancora in qualche cassetto a casa sua. 
 

 
Per i Monelli incontriamo oggi Walter Merler (foto sopra), batterista della Band.
 
Quando è scoccata la scintilla con la batteria?
«E’ stata una cosa casuale, passando dalle vetrine del negozio Albano la mia attenzione era stata attirata da una Batteria Eko color Arancio. È stato amore a prima vista. Dopo 2 giorni, grazie alle cambiali contratte con Gastone Albano e contro il parere dei genitori, la compro e inizio a suonare»
 
E poi?
«Dopo alcuni anni mi comprai una Rogers. Quando arrivò dagli States al porto di Genova, andai personalmente a ritirarla. Ricordo quanto forte mi batteva il cuore.»
 
Tu hai fatto una grande carriera come produttore televisivo. Quanto ti ha aiutato la musica in questo?
«Sicuramente è stata importante. La mia conoscenza musicale mi ha permesso di aprire delle strade nuove nella produzione televisiva e specie all’inizio mi ha dato l’opportunità di conoscere le persone giuste.» 
 
Che musica ascolti oggi?
«Oggi ascolto ancora la musica di allora, credo infatti che il vero Rock puro si sia suonato solo in quegli anni. Poi il Rock ha sviluppato diversi sottogeneri; si è mescolato con la musica popolare creando il folk Rock, con il blues per creare il blues Rock e con il jazz per creare il fusion.
«In seguito, il rock ha incorporato influenze soul, funk e della musica latina, sviluppando altri sottogeneri.»
 
I tuoi batteristi di riferimento in questi anni?
«Franz Di Cioccio, Walter Calloni [batterista di Musica Ribelle - NdR] e Phil Collins.»
 

 
Qual è stato l’ultimo concerto che hai visto?
«Ho visto il maestro Santana a Verona. Mi ha stupito, un’energia pazzesca, una tecnica incredibile.»
 
Che ne pensi della musica di adesso?
«La musica di adesso è solo un surrogato, la musica degli anni 60 invece era molto più rappresentativa di adesso.»
 
E della crisi nelle vendite di dischi?
«L’avvento frenetico del web e di internet ha messo in ginocchio il mercato delle vendite. La mancanza di legislazione a tale riguardo ha fatto il resto.
«Oggi con i dischi non guadagni più nulla; e per promuoverli devi anche suonare gratis. Guadagni qualcosa nei passaggi televisivi, ma sono pochi quelli che passano dal piccolo schermo.»
 
Tieni nel cuore un ricordo di quegli anni?
«Ricordo con piacere tutte le persone che ci seguivano quando facevamo i concerti. Allora ogni Band aveva centinaia di fans che seguivano il gruppo in ogni concerto.
«Poi, quando a 15 anni alla Lanterna Verde (Via Buonarroti), andavo a vedere suonare i mostri sacri di allora, Caldonazzi, Pezzini, Vivori, Da Canal, speravo che a notte fonda mi chiedessero di suonare qualche canzone insieme a loro.»
 
  
 
Poi Walter ci confida molte altre cose che però ci chiede di non scrivere.
Ricorda la curiosità delle persone nel vedere gli strumenti montati sul palco, che per allora era un assoluta novità.
Ricorda i ritrovi con gli amici.
«Ci trovavamo tutti a casa dell’unico amico che possedeva il giradischi,– racconta con un certo rimpianto – e sentivamo musica per delle ore.»
 
Fra un ricordo e l’altro ci spiega i suoi progetti riguardanti nuove produzioni musicali e nuove tecnologie.
Lui vede e legge già il futuro, guarda avanti, ma poi improvvisamente con un velo di tristezza ritorna indietro con la mente.
«Ho un grosso rimpianto – ci confessa, – non essere stato vicino a mia figlia quando era piccola. È come mi mancasse qualcosa, una parte di me, ma il lavoro purtroppo aveva i suoi ritmi frenetici...» 
 

 
Con questa intervista termina il decennio riservato alle Band degli anni 60.
Sicuramente abbiamo dimenticato qualcuno; e di questo facciamo ammenda.
Siamo inoltre consapevoli che per coprire tutti gli anni 60 avremmo dovuto avere a disposizione almeno 50 interviste.
La ricerca dei protagonisti delle band di allora è costata tempo e fatica e solo grazie ad alcuni musicisti di allora è stata possibile.
 
Molte band sono state contattate, alcune hanno risposto con entusiasmo, altre per motivi diversi non hanno voluto farsi intervistare. Rispettiamo comunque questa scelta.
Per noi intervistare i protagonisti di allora è stato come calarci in quel tempo, come rivivere il bianco e nero degli anni 60, come respirare la grande voglia di cambiamento di allora.
Gli aneddoti divertenti raccontati dai protagonisti hanno reso ancora più reali i mitici anni 60.
Vogliamo credere che l’albore della musica sia nato grazie a tutti questi musicisti. Vogliamo pensare che grazie a ogni protagonista di allora ne siano nati dieci, venti, cento.
 
Sono stati loro a tramandare l'eredità della musica rock e metterla a disposizione delle generazioni future, per questo a nome di tutti i musicisti trentini ci sentiamo di ringraziarli.
Grazie, mitici anni 60! Grazie splendidi protagonisti! non vi scorderemo mai…
 
Roberto Conci
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