Trentino Rock, dagli anni '60 a oggi/ 7 – I Ragazzi del Sass

«Non abbiamo rimpianti, per noi suonare era solo un sano divertimento da prendere con allegria e senza nessuna ambizione»

 «I Ragazzi del Sass, la storia di un sogno mai cominciato»  
     
La formazione dei «Ragazzi del Sass» nasce ufficialmente nel 1966 ed è un’evoluzione del Gruppo «Le anime».
I protagonisti sono il Leader Franco Bertoldi e Giorgio Soraruff alle chitarre, Adriano Bertelli alla Batteria e Sergio Mazzonelli al Basso.
 
I quattro sono grandi amici e scelgono anche loro di cavalcare l’esplosione della musica Beat in quel momento grande fermento mondiale.
«Tutti abitavamo in centro città e tutti nelle vie del Giro al Sass, – racconta Franco Bertoldi. – Divenne naturale chiamarci così.»
 
Traggono ispirazione dalla musica dei grandi gruppi Italiani del tempo, Equipe 84, Camaleonti, Nomadi, Corvi.
«Facevamo prove quasi tutte le sere, – ricorda Adriano Bertelli. – Avevamo deciso di costruire un repertorio di musica Beat Italiana per poter così esordire nei concerti.»
 
Dopo un po’ infatti iniziano i concerti e… Ed è subito successo!
Teatri pieni, richieste di autografi e grandi soddisfazioni.
I quattro amici si organizzano subito e comprano le divise da concerto., come precisa Adriano Bertelli.
«Camicia rosa e pantaloni neri, rigorosamente a tubo [all’epoca erano di moda quelli a zampa d’elefante – NdR]. – Una divisa invernale e una estiva.»
 
Dopo alcuni concerti nasce l’esigenza di una voce per proporre le nuove canzoni di Adamo e De Andrè.
Contattano Casimiro Margoni che accetta di buon grado di entrare a far parte dei Ragazzi del Sass.
 
Pur non avendo nessuna ambizione professionistica i nostri quattro amici continuano a misurarsi sui palchi trentini anche con lunghe tournée, durante le quali sono sempre ammirati e amati dalle giovani fan.
La loro storia continua anche quando alcuni di loro partono per il servizio militare.
 
Le sostituzioni sembrano azzeccate. Entrano nel gruppo Cristiano Cristellotti alla chitarra, Gianni Monfredini alle tastiere e Lorenzo Raffaelli alla batteria, tre musicisti di grande spessore.
Ma forse proprio per questo qualcosa nel gruppo si rompe, è l’inizio della parabola discendente dei Ragazzi del Sass.
 
«Capimmo subito che la differenza tecnica fra i nuovi musicisti e quelli rimasti del gruppo storico era davvero enorme. – Ammette Franco Bertoldi. – Per questo dopo poco tempo il gruppo si sciolse.»
Dopo 5 anni il percorso dei Ragazzi del Sass finisce. Senza rimpianti e con tanti meravigliosi ricordi.
 

 
Quando incontrai Franco Bertoldi e Adriano Bertelli ebbi subito la sensazione che fossero due uomini timidi che sembravano investiti da una responsabilità più grande di loro, quella di aver fatto parte della storia della musica trentina.
In realtà durante l’intervista i due Rgazzi del Sass diventeranno dei fiumi in piena che non vorrebbero più smettere di raccontare.
 
Perché nessun musicista dei Ragazzi del Sass ha continuato a fare musica dopo la fine del gruppo?
«Nessuno di noi aveva ambizioni professionistiche. Eravamo tutti consapevoli che prima o poi sarebbe finito tutto – risponde Franco Bertoldi. - Allora davamo per scontato che lo studio, il lavoro e formare una famiglia fossero cose più importanti. Per noi era solo un gioco, certo meraviglioso, ma solo esclusivamente un hobby.»
 
Vi ricordate la prima canzone che avete provato in sala prove appena costituito gruppo?
«Impossibile scordarle. La prima è stata Bang Bang e la seconda Sognando California. – È Adriano Bertelli che risponde. – Due canzoni che avrebbero scalato da li a poco le Hit Italiane e sarebbero diventate successi epici nel panorama Italiano di tutti i tempi.»
 
Eravate consapevoli di cosa stava succedendo politicamente e socialmente nel mondo e nella città di Trento in quell’epoca?
«Eravamo tutti costantemente informati di tutto quello che succedeva, – ci dice Adriano Bertelli. – A volte fra di noi se ne parlava, ma in modo molto marginale. Per noi in quei momenti i problemi erano altri. Preparare un repertorio per i concerti e soprattutto pagare le cambiali per l’acquisto degli strumenti.»
 
Immagino presso il negozio Albano vero?
«In quel momento l’unico negozio di strumenti musicali a Trento era quello di Gastone Albano, – interviene Franco Bertoldi. – Io penso che tutta la musica trentina debba molto a questo personaggio. E stato l’unico allora a credere in noi giovani, a concedere pagamenti rateali sulla fiducia e a venirci incontro sempre e dovunque con sconti eccezionali. Tutti i musicisti di Trento credo saranno concordi su questo.»
 

 
Cosa è rimasto dentro di voi di quella esperienza?
«Ci sono rimasti molti ricordi. – Sorride Adriano Bertelli. – Per esempio i primi incassi dei concerti, che sono stati subito investiti nelle divise e per pagare gli strumenti. Oppure alcuni aneddoti divertenti… Come per esempio tutte le volte che, per arrivare a Studio1 in Bondone, il più delle volte dovevamo spingere il furgone scabinato di Giorgio Soraruff che non ne voleva sapere di salire.
«Invece io ricordo le ragazzine, – aggiunge sornione Franco Bertoldi. – Le nostre fan ci seguivano dappertutto…»
 
Andate ancora a qualche concerto?
«Certamente si. – Risponde Adriano Bertelli. – Sono stato a sentire Bregovic poco tempo fa e devo dire che sono rimasto incantato per la ritmica coinvolgente delle sua canzoni, un bel concerto davvero.»
 
Che musica preferite ascoltare?
Franco Bertoldi non ha dubbi. «Siamo ancora molto legati alla musica degli anni 70 che per noi rimane la migliore di sempre. Pink Floyd, Queen, Supertramp, Eagles. Ma per noi anche Battisti e la PFM sono sempre emozionanti da ascoltare. Siamo anche consapevoli che più trascorrono gli anni più diventa difficile avere idee musicali nuove, quindi rispettiamo la musica di adesso.»
 
Avete un’emozione nel cuore provata in quel perdiodo?
«Il nostro primo concerto al Teatro di Aldeno. – Ricorda Franco Bertoldi. – Da dietro le quinte sentivamo il teatro traboccare di persone. Roba da brividi. Ed è incredibile come io ricordi tutto così perfettamente a distanza di 45 anni.»
 
Che rapporti avevate con i gruppi dell’epoca?
«Molto buoni, – risponde Adriano Bertelli. – Infatti andavamo spesso a sentire i concerti dei Britanni che a Trento erano una novità assoluta. Ma ci piaceva sentire suonare I Dollari che per noi rimangono il gruppo tecnicamente migliore degli anni 60.»
 

 
L’intervista sta volgendo al termine e Adriano Bertelli ci racconta un suo piccolo rimpianto.
«Mio padre era un ottimo clarinettista, purtroppo però non e’ mai riuscito a vedermi suonare perché morì un anno prima dei nostri concerti.
«Sono sicuro che sarebbe stato il mio primo giudice imparziale.
«Che lui di musica se ne intendesse l’aveva già dimostrato, infatti un giorno sentendo i Beatles, che allora erano dei perfetti sconosciuti, mi disse che questi quattro ragazzi avrebbero fatto fortuna. Ancora una volta aveva avuto ragione.»
 
Gli aneddoti continuano, il carattere dei miei interlocutori, che all’inizio era guascone e allegro, piano piano diventa più serio.
Forse i ricordi che stanno riemergendo dopo molti anni di riposo sono struggenti e troppo nostalgici.
Con Franco Bertoldi parliamo della musica di oggi, dei giovani musicisti, del mondo tanto cambiato, della Televisione che brucia tutto, subito. Dei mass media che usano e gettano, dei grandi manager che illudono i giovani e poi li scaricano.
Ma quando gli chiediamo se ha qualche consiglio da dare a un giovane che inizia a suonare, diventa molto riflessivo, abbassa lo sguardo quasi imbarazzato.
«Ci vuole una grande volontà di apprendere, costanza e continuità. Ma soprattutto una cosa… – Aggiunge Franco Bertoldi, tradendo un nodo alla gola. – Il cuore.»
 
Noi gli crediamo. Un tempo bastava il cuore per suonare e divertirsi, ora purtroppo non è più così e i nostri due interlocutori lo sanno bene.
Sono anche consapevoli che allora, dopo la musica, bisognava diventare persone serie…
Loro non sono mai stati capelloni. Non hanno mai seguito le mode del tempo.
Il sogno dei Ragazzi del Sass è finito allora.
O, forse, non e’ nemmeno mai cominciato…
 
Roberto Conci
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