Via degli Abati da Pavia a Pontremoli/ 5 – Di Elena Casagrande
Passando da luoghi-simbolo della Resistenza, la Via degli Abati termina a Pontremoli, dove si ricongiunge con la Francigena e dove comincia la Via del Volto Santo
Sul crinale prima della discesa per Pontremoli.
Link alla puntata precedente.
La Via degli Abati ha un dislivello complessivo di oltre 6.000 metri
La colazione dell’albergo diffuso Ca’ del Grano si tiene in un locale abbastanza vicino alla «nostra» casetta, proprio sotto la Rocca. Ci sono tavoli imbanditi all’inverosimile di ogni bendidio. Faccio il pieno di energia con burrata, prosciutto crudo e pomodorini. A seguire una bella coppa di lamponi e yogurt e, per concludere, una fetta di Linzer Torte e una di crostata all’amarena.
Anche Teo si sbizzarrisce con altre leccornie. C’è il sole e l’inizio della tappa è piacevole. È tutta discesa, dietro il castello, ma non val la pena fare tanto gli sbruffoni: questo cammino ci presenterà di sicuro il conto, coi suoi dislivelli.
«Ecco che bisogna arrampicare» – dico a Teo, una volta attraversato il fiume Ceno.
Sull’erta ci sorpassano i 4 camminatori visti ieri sera a cena. Sono lanciati, ma col nostro passo da montanari li superiamo poco prima della cima.
Da lì in poi guidiamo la comitiva fino a Monastero. Loro si fermano per mangiare qualcosa. Noi no. Non abbiamo fame!
La colazione alla Ca’ del Grano.
Monastero e Pieve di Gravago si trovavano lungo l’antica via dei monasteri regi
Un signore che sta segando il prato del sagrato, mi spiega che il paese di Monastero si chiama così per la grandezza della Chiesa, un unicum nella zona. Da qui passava, infatti, la via dei monasteri regi. È morto il parroco e fra due giorni si terranno i funerali per cui è doveroso dare una ripulitina.
«È il quinto funerale in cui incappiamo» – sussurro a Teo. Dopo la Chiesa, a sinistra, si sale nel bosco verso un colle stranamente brullo, con tre croci. È il calvario di Monastero.
Tra i prati giungiamo a Gravago, passando da Bre, con alcune casetorri in pietra. Una ragazza mi saluta dalla finestra. È un piccolo gesto, ma mi rende sempre molto felice, specie in cammino. Si prosegue su e giù, fino ad un piccolo guado, facilitato da una corda, vicino ad un vecchio mulino. A lato del sentiero, un lavatoio in pietra, testimonia la vita perduta del borgo di Pieve di Gravago, sede di un antico monastero benedettino. Nell’aria c’è un buon odore di carne alla griglia.
In arrivo a Monastero.
Con la Battaglia di Natale di Osacca iniziò la liberazione del Parmense e non solo
Dopo un bosco di castagni secolari, purtroppo tagliati in modo impietoso, decidiamo di imboccare la strada bassa per Osacca. Neanche a farlo apposta la prima cosa che vediamo è la lastra commemorativa vicino all’Oratorio dell’Angelo Custode. Qualcuno vi ha posato un mazzo di garofani rossi, perché domani si festeggia la Liberazione.
Osacca è famosa per la Battaglia di Natale del 1943. Con l’aiuto di una manciata di paesani, un gruppo di partigiani antifascisti, provenienti anche da fuori regione, riuscì a mettere in fuga una truppa della Guardia Nazionale Repubblicana della RSI, appoggiata dai nazisti che tra l’8 e il 9 settembre del 1943 avevano occupato i gangli vitali della provincia.
La cronaca dello scontro finì anche sulla Gazzetta di Parma, nonostante la censura vigente. Da quel momento la fama di questi combattenti, appellati come «sbandati ribelli» dal potere costituito, diede inizio alla liberazione della Valle del Ceno e non solo.
La lastra commemorativa di Osacca.
Non è il massimo prendersi la grandine in prossimità dell’arrivo
Dal paese si percorre una strada asfaltata in costante ascesa fino a La Ramata, dove è possibile scegliere di passare da San Pietro e da San Cristoforo o da Porcigatone. Visto che il tempo sta peggiorando optiamo per la seconda opzione, più corta, diretti al vecchio Passo di Bocca di Santa Donna, sul sentiero CAI 832.
A Porcigatone, infatti, il cielo si fa grigio, ma a fine paese, laggiù nel fondovalle, si intravvede Borgo Val di Taro. Anche se manca ancora un po’, è incoraggiante. Quando quasi ci siamo ecco che, nonostante le nostre invocazioni, ci becchiamo non solo l’acqua, ma una scarica di grandine.
«Niente, non ce l’ha fatta ad aspettare che entrassimo in città» – dico stizzita a Teo.
Poi guardo il suo zaino e mi accorgo che la cartoguida della Via degli Abati è sulla tasca esterna.
«Nooo!» – esclamo.
«Vedremo di farla asciugare!» – Mi rassicura Teo.
Dopo Porcigatone.
A Borgo Val di Taro, dopo una dura tappa, ci aspettano i miei genitori
Ci asciughiamo un po’ in un caffè sul viale principale. Il tempo finalmente migliora. All’Hotel Roma dovrebbero esserci i miei genitori, che hanno deciso di farsi due giorni in zona. Domani, ci vedremo alla fine del cammino, a Pontremoli e, mentre noi saremo in marcia, potranno visitare con calma i dintorni.
È molto bello scorgere mio padre alla porta dell’albergo, con le
antenne drizzate, in attesa. Ci vede al di là delle strisce pedonali e ci sorride. Attraverso subito senza pensarci e Teo subito mi urla di fare attenzione. È il richiamo della foresta e non ascolto nessuno.
Abbraccio papà ed arriva anche Teo. Ci fa i complimenti, come sempre.
L’appuntamento è per la cena. La mamma è in stanza a riposare. Prenoto al Vecchio Borgo.
A tavola Teo ed io raccontiamo i giorni passati sul cammino. Le risate e le chiacchiere, accompagnate da torta fritta ed affettati, si accavallano in un clima festoso.
Veduta di Borgo Val di Taro.
Oggi sono tutti indaffarati con le cerimonie in onore dei caduti della Resistenza
Il cammino esce dal ponte di San Rocco e sale fino al cimitero. Oggi è il 25 aprile e l’ala dedicata ai caduti della Resistenza è particolarmente in subbuglio per via della S. Messa che verrà celebrata in loro ricordo, fra poco. Qui davanti passa non solo la Via degli Abati, ma anche la Via dei Remi.
«Chissà che cammino è» – mi fa Teo.
«Boh».
In Italia nasce un cammino al giorno, per cui è difficile rimanere aggiornati.
In quota, percorrendo un sentiero nel bosco e poi tra i prati, raggiungiamo le case di San Vincenzo. Lì incontriamo Claudia e Martina. Sono amiche dai tempi dell’asilo e per una di loro è il primo cammino. I morosi non le hanno volute seguire: uno perché impegnato a finire la casa, l’altro perché non amante del genere e, così, hanno deciso di farlo da sole.
«Brave!» – Dico loro.
Nei boschi con Claudia e Martina.
La Francigena entrava in Toscana o dal Passo della Cisa o dal Passo del Borgallo
Camminiamo insieme. Un immenso acero bianco di montagna spicca maestoso in un bosco di soli castagni, vicino a dei ruderi in pietra, forse di un antico ospitale. Poco dopo sbuchiamo in località Vaccareccia. È stata veramente dura raggiungerla. Siamo al confine tra Emilia Romagna (un tempo Ducato di Parma) e Toscana (un tempo Granducato di Toscana) e, da qui, manca poco al Passo del Borgallo. Il confine passa poco sotto il crinale.
I boschi della Lunigiana mi sembrano più curati di quelli del Parmense. Le ragazze si siedono per mangiarsi un panino, mentre noi puntiamo al Monumento alla Resistenza. A Valle del Verde su un cartello CAI leggo che mancano 7 ore e mezza a Pontremoli. «Giuro che sto per svenire. Non arriveremo mai Teo!» – dico, ma poi, pensando che dovrebbe essere discesa, mi faccio forza. Il sole se ne va e arriva una fitta pioggerella: impossibile fare la pausa prevista alla Cascata di Farfarà o al Lago Verde. Bisogna «pedalare», prima fino a Cervara e poi ancora fino a Vignola.
Lì, una signora anziana, saputo che siamo di Trento, ci vuole offrire da bere. Ringraziamo, ma abbiamo fretta. Alla fine ci sorprende dicendoci: «Salutatemi la statua di Degasperi». «Sarà fatto» – le dico, rimanendo impressionata da tanto affetto.
Al Passo del Borgallo.
A Pontremoli finisce la Via degli Abati e comincia la Via del Volto Santo
Entriamo a Pontremoli verso le 17. Attraversato il ponte della Crësa e dopo la foto di rito corriamo al Duomo, dove ci attendono i miei. Facciamo timbrare le credenziali, ma il parroco non ha nessun attestato della Via degli Abati da darci. Peccato! Festeggiamo degustando il dolce «amor» nella Pasticceria degli Svizzeri a lato della Concattedrale.
«Arrivare qui, dal Borgallo, per me è stata più dura che arrivarci dalla Cisa, durante la nostra prima Francigena.» - commento - «o, forse, eravamo solo più giovani». «È stato più di 10 anni fa!» – conferma Teo. In città non vediamo più né Claudia , né Martina. Dormiranno all’ostello della Francigena e rientreranno a casa domani. «Qui termina la Via degli Abati» – dico soddifatta. «Ma chi ci vieta di proseguire lungo la Via del Volto Santo fino a Lucca?» – dice Teo, buttandola lì, con uno sguardo furbetto.
Elena Casagrande - [email protected]
Fine.
Pontremoli dal ponte della Crësa.