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Il successo di Francesca Dallapè reclama strutture adeguate

Lo abbiamo chiesto all'assessore provinciale allo sport Marta Dalmaso. E abbiamo sentito Klaus Dibiasi, i cui primi allenamenti li aveva fatti a Trento

Negli anni '50-60, quei pochi Trentini che volevano imparare a nuotare andavano alla piscina comunale che sorgeva a metà del lato Nord di via Madruzzo, dove adesso c'è - a suo umile ricordo - il Vicolo del Nuoto. Era faticente, scoperta, però era lunga 50 metri, profonda dal metro e mezzo ai quattro metri. Era dotata di sei pedane per gare e un trampolino che, se ricordo bene, era alto meno di due metri, di legno, con delle stuoie per impedire di scivolare. Il sistema antibatterico era costituito da un secchio di cloro che veniva gettato ogni mattina a varie altezze della vasca e che bruciava gli occhi e scoloriva i costumi da bagno. Il bagnino aveva una rete per raccogliere le foglie che vi cadevano. Un altoparlante diffondeva musica dell'epoca, il cui repertorio era formato da ben tre dischi 78 giri; quello che ricordo con una certa emozione era «Passion flower» dei Fraternity Brothers.

Una corsia era riservata ai nuotatori della Rari Nantes. Il trampolino era accessibile a tutti. Ogni mattina, tuttavia, un ragazzo lo monopolizzava con tanto di insegnanti. Si chiamava Klaus Dibiasi e si diceva che fosse figlio di un campione che aveva partecipato ai Giochi olimpici di Berlino del 1936. Gli allenatori9 erano il padre e Saveria Fellai Aor, mamma dell'attuale allenatrice di Francesca Dallapè, Giuliana Aor.
Lo osservavamo con ammirazione, ma non con invidia, perché l'allenamento cui era sottoposto era certamente del tipo militare, il contrario del senso di libertà che acqua e tuffi offrono ai ragazzi. Per giorni e giorni, per ore e ore saltava sul trampolino, senza mai tuffarsi. Poi lo abbiamo visto cominciare a tuffarsi: per giorni e giorni, per ore e ore la stessa figura, poi una successiva, poi un'altra ancora… Nessuna era un tuffo completo, ma solo parti di quello che prima o poi avrebbe dovuto esprimere quando sarebbe stato pronto. E un po' alla volta divenne pronto.

La sua volontà e i suoi insegnanti erano una squadra unica. Il braccio, il cuore e la mente. La volontà, il sacrificio e la guida.
Ricordo che una volta strisciò il fianco sulla punta del trampolino, graffiandosi in maniera vistosa e decisamente impressionante per noi che avevamo la stessa età ma eravamo lì per divertirci. Bene, la sua allenatrice lo fece continuare nell'allenamento come se nulla fosse successo.
«Se sai perché hai sbagliato - ci ha detto anni dopo, - non hai paura. Hai paura solo dell'ignoto.»
Era dotato di un fisico statuario; la sua caratteristica peculiare era l'entrata in acqua: i pochi spruzzi che sollevava erano destinati ad entrare entrati nella storia.
Noi non lo sapevamo ancora che esistevano le Olimpiadi, i campionati, la gloria. Klaus invece era figlio d'arte.
Suo padre, Karl (Carlo) Dibiasi si era trasferito a Solbad Hall (Tirolo) per lavoro. La cittadina aveva una piscina e l' aveva cominciato ad allenarsi. Divenne così bravo da partecipare alle Olimpiadi del 1936. Klaus era nato proprio a Solbad, ma la famiglia si trasferì a Bolzano prima che lui cominciasse a nuotare.
Bolzano non aveva la piscina, per cui il papà lo portava tutti i giorni a Trento, dove c'era l'impianto di Via Madruzzo.
Infine, quando venne costruita la piscina nella sua città, Klaus contionuò i suoi allenamenti a Bolzano, dove adesso si allenano Tania e Francesca.

Gli abbiamo telefonato a Roma.

Contento per il successo di Trento e Bolzano?
«La cosa che mi è piaciuta di più - ci ha risposto - è stato l'affiatamento tra le due ragazze. Mi era un po' emozionato quando Francesca aveva gridato a Tania "Portami sul podio!". È così che si fa. Insieme sono una forza. Sono delle ragazze che si intendono al volo.»

Ti abbiamo cercato perché vorremmo che dicessi qualcosa per convincere i nostri politici a costruire finalmente una piscina attrezzata per i tuffi.
«Direi che ormai è d'obbligo. Non ci sono scusanti. I sacrifici e i risultati miei e di un tempo e di Francesca oggi non danno più alibi agli amministratori. Direi che è un atto dovuto.»

Hai idea di quanto costi un impianto fatto bene?
«Non sono aggiornato. Quello fatto a Belluno quando c'era la lira, era costato sui sei miliardi.»

Oggi sarà sui sei milioni di euro…
«Probabile. Comunque non è una cifra impossibile. Il problema semmai è la gestione dell'impianto, ma credo che il successo delle nostre ragazze aiuteranno molto in questo senso.»

Che impianti ci sono in giro per il mondo?
«L'anno scorso in Cina ho visto cose che noi non ci sogniamo neppure…»

Infatti, i risultati depongono a favore della Cina.
«A parte le grandezze cinesi, direi che l'attrezzatura a secco, le "longe" [corde sospese per imparare le evoluzioni - NdR], le palestre, le vasche e i trampolini sono delle cose fattibili anche da noi.»

Ti auguro di venire un giorno ad augurare il nuovo impianto.
«Magari…»

Al termine dei festeggiamenti di Francesca Dallapè avevamo chiesto a Marta Dalmaso, assessore provinciale allo sport, se fosse in programma la costruzione di piscine per tuffi a Trento. L'assessore è stata un po' titubante,
«Non so… - ci ha risposto. - Al momento non sono in programma.»
Va bene, ma nel prossimo bilancio provinciale?
«Ne parleremo in giunta. Per adesso prenderò le informazioni del caso.»

GdM

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