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L’educazione mancante – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Quello che oggi sembra ancora carente è un’adeguata coscienza educativa ai nuovi strumenti tecnologici

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Per i genitori, è distanza culturale. Altrimenti non si spiega perché molti di loro non sanno ancora niente di cosa sia il sexting, il grooming o il phubbing e quali conseguenze producano. Sappiamo per esempio dalle cronache che molti giovani non si rendono conto di cosa produca il mettere in rete materiale intimo proprio o di altri.
Le nuove e potenti tecnologie di comunicazione sono pervasive e ci stanno facendo diventare tutti voyeristi, avidi di immagini, curiosi di vedere le intimità altrui e spavaldi esibizionisti che postano foto proprie e dei figli.
Cosa possiamo aspettarci dai ragazzi se a parole diciamo di non pubblicare foto private e poi come adulti siamo i primi a mettere ogni giorno sui social, i nostri bambini in tutte le pose quando invece dovremmo proteggerli davvero, insegnando con l’esempio e non solo a parole, che le immagini lasciate sui social non si cancellano più dalla rete.
 
Girando per le scuole e incontrando scolari, insegnanti e genitori, ho scoperto bambini della primaria che avevano già ricevuto messaggi e immagini pornografiche e sapevano bene, loro, cosa fosse il sexting. In altre occasioni sono venuto a sapere che sono molti i piccoli che navigano indisturbati di notte dalle loro camerette e all’insaputa dei genitori.
Chattano su Whatsapp e mandano messaggi di ogni tipo, fanno i bulletti in rete e non si rendono conto di quello che combinano. Non ne sanno niente neanche i genitori che li credono angioletti che dormono tranquilli.
 
Mi viene in mente un bel libro di Simona Vinci (Dei bambini non si sa niente – Einaudi) che, qualche anno fa, è stato un romanzo-denuncia dell’infanzia trascurata. È un tema più che mai attuale perché oggi gli adulti vivono all’oscuro di quello che fanno i figli, non sanno cosa pensano, quali sono i loro sogni e le loro aspirazioni e spesso sono distanti dal loro mondo. Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera diceva che abbiamo a che fare con una «generazione impreparata alla vita, all’amore, al sesso, ed esposta alle sirene di una rivoluzione tecnologica». È questa l’educazione mancante, quella digitale che non stiamo fornendo in famiglia, tantomeno a scuola.
 
Dovremmo chiederci allora dov’erano gli adulti che avrebbero dovuto aiutare una ventenne a riconoscere se erano davvero «amiche» le compagne che hanno poi fatto girare su Whatsapp il video che la ritraeva a fare sesso con il proprio fidanzato. Ma dobbiamo anche chiederci se in questi anni abbiamo davvero sdoganato il sesso da tutti gli orpelli del pregiudizio o se ancora siamo all’anno zero per quanto riguarda l’educazione alla sessualità e più ancora ai sentimenti e soprattutto alle relazioni. Forse, più che meravigliarci, ci servirebbe per capire che con la nostra mancanza di azione educativa «deleghiamo» questo compito ai siti pornografici, facilmente accessibili, dove sappiamo che i giovani di oggi passano parecchio tempo ad eccitarsi e fare sesso virtuale.

Giuseppe Maiolo, Psicoanalista
Università di Trento - Docente di psicologia delle età della vita

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