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Da padre padrone a padre mancante – G. Maiolo, Psicoanalista

Un bel guaio per i figli se un genitore c’è ma è inconsistente, perché non c’è nulla di peggio che avere qualcosa e non poterla godere

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Padre è parola che deriva dal latino pater dove il «pa» è un’antica radice sanscrita che indica la funzione di proteggere e nutrire. Valenze fondamentali della paternità che fanno del pater familias un genitore che cura la prole e la famiglia. In passato però, e fino a non molto tempo fa, era anche padre-padrone, ovvero «patriarca» dotato di un potere assoluto su tutti, mentre oggi conosciamo un padre diverso, più democratico e meno corazzato, più conciliante e capace di tenerezze che prima appartenevano solo alla figura materna.
 
Questo nuovo padre ha gettato l’elmo per utilizzare quel codice di comunicazione affettiva che lo ha reso diverso.
Forse a tal punto diverso che in più occasioni è stato chiamato il «mammo», un papà-simil-mamma, affettuoso, dolce, ma pure incerto e timoroso, preoccupato di sbagliare e ansioso.
A volte anche contraddittorio e incoerente.
 
I «mammi» capaci di fare le cose che fanno le mamme con i figli nei primi anni, secondo alcuni studiosi sembrano abdicare al proprio ruolo di guida soprattutto in adolescenza quando la lunga traversata della vita necessita di un traghettatore, di uno con le funzioni del mitico Caronte che fa passare da una sponda all’altra dell’esistenza, dall’infanzia all’età adulta. È lì che il padre di oggi spesso viene a mancare. C’è e non c’é. Proprio in quell’epoca la sua presenza è intermittente oppure vera e propria «assenza» che ha portato molti a dire di essere tornati a una «società senza padri» come nel dopoguerra, in cui i padri mancavano perché morti.
 
Quelli di oggi invece ci sono, a volte a distanza o in un'altra famiglia, anche se artefici di una conquista importante cioè la dimensione affettiva nella relazione, ma che spesso si manifesta con poca normatività in quanto i padri di oggi sono spesso permissivi e orientati a far da compagni ai figli come fossero dei loro pari.
 
Padri che temono i figli, contrariamene a qualche tempo fa’ quando erano i figli che avevano paura del padre e padri che non sanno mettere confini e dare limiti. Genitori che accontentano piuttosto scontentare i pargoli, che per il quieto vivere non discutono e non sanno negoziare per superare i conflitti. Dietro queste mancanze ci possono essere insicurezze genitoriali e sensi di colpa difficili da superare che rendono il padre di oggi arrendevole e «adultescente». Padri che non sanno dire «no» e non sanno dare contenimento alle richieste dei figli, meno che meno autorevoli, cioè dotati di scarsa autorità.
 
Si pongono come padre-amico che non offre un punto di vista adulto, o padre-psicologo che per conoscere la psiche del proprio bambino, interpreta e giustifica ogni suo comportamento. Ma non esercita la paternità neanche il padre-vittima che vive il contrasto con i figli come un continuo attacco.
Questo lo rende perdente o incapace di indicare direzioni. Poi è mancante anche il padre-di-vetro, trasparente, che c’è ma è come se non ci fosse.
Troppo delicato e fragile, è uno a cui bisogna nascondere tutto ed evitare di coinvolgerlo nelle questioni troppo impegnative.
Un bel guaio per i figli perché se un genitore c’è ma è inconsistente, non c’è nulla di peggio che avere qualcosa e non poterla godere.

Giuseppe Maiolo, Psicoanalista
Università di Trento - Docente di psicologia delle età della vita

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