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Educare maschi – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Educare è diventato complesso, ma genitori ed educatori devono comunque farli crescere col senso del rispetto

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Non si nasce educatori, ma si diventa. Ma poiché l’educare è diventato una operazione complessa, è necessario che gli adulti di riferimento (genitori e insegnanti) riflettano sul cosa vuol dire educare i maschi.
È inaccettabile che un adulto su 4 ritenga la violenza su una donna determinata dal suo modo provocatorio di vestire. Inammissibile che 4 maschi su 10 pensino che una donna sia sempre in grado di sottrarsi a un atto sessuale se davvero non lo vuole. Diventa doveroso domandarsi quali modelli culturali stiamo fornendo e come educhiamo alle relazioni.
Per educare i maschi serve una lente d’ingrandimento necessaria per vedere che la violenza maschile non c’entra con la virilità e la violenza ha poco a che fare con la devianza sessuale. Convinzioni che alimentano solo risposte di emergenza e repressione ma non di prevenzione.
 
Educare al rispetto delle donne vuol dire cominciare fin dalla nascita a prepararli alle relazioni affettive e interpersonali, senza aspettare l’adolescenza per affrontare il discorso sui sentimenti e le relazioni affettive. Fanno ridere quei progetti che in una manciata di ore pretendono di contrastare la violenza e trasformare in profondità una cultura maschilista radicata nell’immaginario collettivo. La violenza sessuale ha a che fare solo in parte col sesso, perché è più possesso e potere dei maschi.
Serve che già alla scuola dell’infanzia, magari al nido. Serve che si educhino gli adulti all’uso delle parole che a volte in apparenza sono amorevoli mentre nascondono pensieri irrispettosi e idee sessiste, come le frasi frequenti che rimandano a convinzioni consolidate «Ora che sei un ometto…» e «Amore, i maschi non piangono!» che sono irrispettose di ciò che prova di un bambino.
 
Educare alle emozioni è tutt’altra cosa in quanto non è un rimuovere ciò che un piccolo sente, ma far emergere ciò che vive. Vuol dire aiutarlo a rintracciare dentro il proprio maschile i sentimenti di aggressività e di tenerezza, la forza e la dolcezza dei gesti o la fragilità delicata del suo sentire che sono polarità emozionali da riconoscere e con cui imparare a convivere se in possesso di adeguati strumenti di gestione.
Non si tratta di far discorsi quanto, come adulti, di essere d’esempio. Perché anche i papà piangono, hanno il diritto di commuoversi e di mostrare i propri sentimenti, ma sono capaci, o dovrebbero esserlo, di gestire le emozioni negative, le parole offensive o i gesti della violenza.
 
Educare i maschi vuol dire insegnare loro a litigare, cioè lasciare segni su come farlo. Perché in una relazione il conflitto non è un problema ma è pericoloso non avere strumenti per governare i sentimenti e fare in modo che la rabbia non si trasformi in furia brutale.
Aiutiamo i maschi con il nostro modo di fare a stare nel conflitto senza assumere una posizione di potere, aiutiamoli a litigare bene anche tra fratelli e noi stessi non reprimiamo subito lo scontro, né puniamo chi litiga. Insegniamogli precocemente a gestire il diverbio e a saper stare nelle situazioni di ambivalenza affettiva e facciamo in modo che imparino ad ascoltare le ragioni dell’altro Questo è già educare al rispetto.

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento - Docente di psicologia delle età della vita
www.iovivobene.it

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