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Adescamento – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Adulti, bisogna fare in modo che i minori sappiano proteggersi da soli

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Nelle ultime settimane in alcune città è emersa di nuovo l’angoscia per azioni di adescamento e di molestie sessuali reali sui ragazzini.
È scattato l’allarme così docenti e genitori hanno sentito l’urgenza di dire ai minori di non accettare nulla da sconosciuti e nemmeno restare in silenzio se un operatore (come nel caso del sanitario di Brescia) li molesta.
Ma l’informazione su cosa siano adescamento e molestie dovrebbe essere una pratica costante e non un comportamento di emergenza!
I minori devono sapersi proteggere e avere strumenti di autoprotezione, essere capaci di riconoscere le persone inaffidabili e consapevolezza sui comportamenti di chi adesca e molesta.
 
Troppe volte ho sentito dai bambini della primaria che il pedofilo è un «mostro» che uccide.
Ed è pericolosa questa visione perché non fa cogliere la realtà delle cose, cioè l’imbroglio del pedofilo e la maschera perversa.
Oggi la pedofilia si muove più in internet e cattura lì le sue prede ma è ancora attiva nella realtà quotidiana. La metodica che usa, è più o meno la stessa che online si chiama «grooming» e in inglese vuol dire «strigliare il cavallo» oppure «carezzare e curare».
All’inizio non è una pratica violenta, ma è camuffata di attenzione per costruire una relazione di fiducia, così come accade tra l’uomo e il cavallo.
 
I bambini fin da piccoli devono sapere queste cose e soprattutto essere educati a riconoscere il pedofilo che non ha intenzioni omicida, ma vuole un rapporto sessuale. Dobbiamo essere chiari nel dire che chi adesca o poi molesta seduce e imbroglia fingendo una relazione di affetto.
Tutti devono sapere come poter reagire di fronte ai segnali preoccupanti nel quotidiano e ancora di più in rete.
Doveroso è informarli su come inizia la cosiddetta fase di avvicinamento che è un tempo lungo ma necessario per instaurare un clima amichevole che cattura e per neutralizzare la diffidenza dello sconosciuto.
Segue la fase dell’isolamento che l’adescatore utilizza per tenere la sua vittima lontano dagli occhi indiscreti, farle terra bruciata attorno e agire indisturbato.
 
È un isolamento psicologico con cui si intima al minore di non dire niente a nessuno di quella loro «particolare amicizia».
Così questi tace per un tempo indefinito, subisce le minacce e si vergogna di se stesso.
È nella terza fase però che avviene il vero abuso.
Dalla relazione virtuale si passa all’incontro reale oppure, se il contatto fisico è già esistente, può diventare violenza sessuale!
E pure questo va detto a chiare lettere anche ai piccoli, perché le vittime possano non finire in trappola e riescano a chiedere aiuto.
 
Allora li proteggiamo davvero se noi grandi andiamo oltre l’emergenza, se li educhiamo a prestare attenzione agli sconosciuti, ma anche a chi si conosce e si mostra «particolarmente gentile».
Li salviamo se osserviamo il loro comportamento che di solito cambia vistosamente quando sono turbati e preoccupati, se li ascoltiamo realmente e siamo per loro adulti affidabili a cui loro possono confessare dubbi e sensazioni senza paura e vergogna.
Smettiamola, cari adulti, di aspettarci che sia l’aumento delle pattuglie davanti alle scuole a salvare i nostri figli o che la «cavalleria» postale ce li protegga in rete!

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento - Docente di psicologia delle età della vita
www.iovivobene.it

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