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L’ansia – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Inquietante compagna dell’uomo moderno, che tiene alto il livello di stress

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La parola ansia ci appartiene come disturbo e stato di disagio. In genere lo è perché l’etimo latino «ango» da cui deriva significa «stringere e soffocare».
Ansia e angoscia, che hanno la stessa radice, rimandano infatti alla sensazione intensa del sentirsi soffocati, stretti al collo, in pericolo per qualcosa che non si conosce.
Di fatto l’ansia ti assale e non sai la ragione perché è paura senza un oggetto, allarme senza un motivo apparente, quando la paura invece, ha sempre a che fare con qualcosa che riconosci, un pericolo reale e oggettivo.
Puoi avere paura dei cani o degli insetti, di volare o degli esami da sostenere e sentirti insicuro e instabile, ma non in ansia.
 
L’ansia è pur sempre «l’inquietante compagna dell’uomo moderno» come diceva Antonio Miotto, psicologo, pensando che la sua vicinanza influenza i confini della nostra esistenza, ci condanna o ci salva.
È stato di allarme che segnala un pericolo che si corre nella vita, ma è sempre una questione di quantità.
Limitata e contenuta è fisiologica, anzi necessaria per farci reagire.
Oltre un certo livello diventa come la febbre: segnala l’alterazione funzionale di un organo o la sua patologia.
 
Anche in adolescenza può essere utile al processo di individuazione, serve per i «compiti» da fare e diventare grandi, aiuta a tagliare i legami col mondo infantile e sostiene il distacco necessario o la giusta distanza dalla famiglia.
L’ansia fisiologica è quella del tempo in cui si sperimenta l’autonomia, e prevede la necessità di «alzare le vele e prendere i venti del destino dovunque spingano la barca» (E. Lee Master, Antologia di Spoon River).
È l’ansia di partire per nuove destinazioni con quel poco che serve del passato, dopo aver resettato un po’ tutto.
Sul piano biologico l’adolescenza è proprio il momento del «pruning sinaptico» cioè la potatura delle sinapsi che è importante rimodellamento cerebrale.
 
E poiché da ogni potatura dipende il futuro della pianta e i suoi frutti, l’ansia sta tutta nel non sapere come sarà la chioma del proprio albero.
Ma poi c’è l’ansia come disagio che incontro in tanti adolescenti quando vengono a chiedere aiuto nella stanza del dolore, quella dove si porta la sofferenza e la si condivide.
Sono i ragazzi e le ragazze che narrano la loro insicurezza e una preoccupazione eccessiva per l’esistenza.
Sono adolescenti in ansia a cui manca la capacità di attendere e la fiducia, perché famiglia e scuola non hanno dato loro strumenti utili a misurare la febbre che infiamma.
 
Anzi gli adulti di questa nostra società frenetica e narcisista hanno alimentato la competizione più esasperata, quella che tiene alto il livello di stress.
E così la loro ansia si colora di tinte fosche, diviene dolore mentale ingovernabile che spesso si riversa sul corpo che cambia e non piace.
Un corpo da colpire e tagliare e un pensiero mortifero o distruttivo che cresce a dispetto della vita che pulsa, forte, nelle vene.
L’ansia non sta negli esami e nei risultati.
L’abbiamo avuta tutti quel tipo di agitazione e la ricordiamo bene.
Quella è l’ansia da prestazione che, a giuste dosi, ti spinge a usare al meglio le tue risorse.
 
Non serve l’ansia tormentosa della perfezione, o nemmeno il confronto esasperato con gli altri verso cui li abbiamo spinti in cerca di visibilità e successo.
È pericolosa quella preoccupazione, nociva. Produce panico e diventa un circolo vizioso da cui può essere difficile uscire.

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento - Docente di psicologia delle età della vita
www.iovivobene.it

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