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Nobel alla poesia di Louise Glück – Di G. Maiolo, psicoanalista

Riconosciuta l’importanza della parola poetica che dialoga con l’anima

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Il Nobel a Louise Glück, poetessa americana, è un riconoscimento all'autrice, ma in definitiva vuole anche sottolineare la grande importanza della parola poetica che dialoga con l'anima.
Indica il valore letterario della poesia ma insieme segnala la trascuratezza e la distanza che da tempo abbiamo messo tra noi e la poesia.
Forse perché un po' tutti, assordati come siamo dai rumori della «techne» e distratti dalle tante immagini virtuali che scarsamente ci appartengono, facciamo fatica ad ascoltare i suoni interni e dialogare con noi stessi.
Abitiamo sempre di più spazi superficiali, svuotati di profondità e di memoria che la poesia invece coltiva ed evoca costantemente.
 
Il Nobel della letteratura dato alla Glück, allora, ci può servire anche a ricordare quanto è elevato il bisogno che abbiamo di poesia.
E quanto ci farebbe bene farla tornare tra i banchi di scuola da cui sembra sfrattata da tempo e dove nessuno più chiede a memoria versi e canti.
Abbiamo ridotto in questo modo, vibrazioni ed emozioni che la parola poetica evoca e stiamo assottigliando ricordi e sogni, armonie e dissonanze interne, paesaggi dell’anima e riflessioni, che sono parte integrante della nostra psiche.
Ridare centralità alla poesia servirà ad avvicinarci al linguaggio dell'anima.
Perché poesia e psiche stanno insieme e dialogano in quanto si appartengono. Anzi la «parola poetica» e quella «psicologica» si sovrappongono, l'una e l'altra curano e guariscono, quando nascono e si sviluppano al di là della coscienza, perché entrambe alimentano una corrente di energia positiva che trasforma e risana.
 
Tutte e due, benché sonore e corpose, non hanno a che fare unicamente con il linguaggio verbale.
Esiste una parola silenziosa e un segno non verbale capace di alimentare la poesia e le narrazioni della psiche.
In analisi, ad esempio, il silenzio è una componente preziosa quanto necessaria, che serve per avvicinare gli spazi oscuri del profondo e ascoltare le sue vibrazioni.
Per questo stesso motivo il poeta Giuseppe Ungaretti dava un grande valore poetico alla pagina bianca che non è assenza di parole ma, diceva, lirica elevata.
Allora la parola espressa o taciuta, urlata quando la ferita è sanguinante, o muta e apparentemente assente se il dolore è stato rimosso, nel momento in cui torna alla coscienza, e non per caso ma per una forte determinazione interna dopo un lungo e sotterraneo percorso, emerge arricchita e profondamente trasformata. Quella parola è appunto «poesia».
 
Accade in analisi e nel gesto creativo del poeta, perché la «poiesis», che in greco vuol dire creazione, è un movimento di natura energetica che ha origine nelle profondità interne e attiene al processo creativo.
In quel momento poeta e individuo si avvicinano a se stessi e al proprio universo.
Entrambi utilizzano i simboli, quelli universali, per raccontare la storia personale e collettiva, il reale e l'immaginario della vita.
Quello che accomuna il verbo poetico al verbo della psiche è «l'intuizione». Cioè la capacità di cogliere anche quello che non si vede e non si sente, perché si tratta di un entrare dentro l'esistenza con lo sguardo della propria anima e conoscere la realtà senza usare il logos.
In altre parole si tratta di un sentire senza le verifiche che la ragione pretende e percepire l'essenza delle cose senza la mediazione del pensiero. Al di là dell'intelletto e oltre il ragionamento.
 
Per questo «psicologia e poesia» si appartengono, sono legate l'una all'altra.
Entrambe utilizzano le parole per accedere all'ignoto che, come dice il poeta francese René Char, «sanno di noi ciò che noi ignoriamo di loro».
 
Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento - www.officina-benessere.it

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