Gentile Polo, un artista poliedrico – Di Daniela Larentis
A Trento parteciperà alla mostra Art Amici 2018 con alcuni lavori pittorici e la presentazione di una raccolta di poesie da lui stesso illustrate – L’intervista
7 giare per 3 serpi.
Sabato 15 settembre alle 18.00, verrà inaugurata in via Belenzani a Trento «Art Amici 2018», una collettiva di una ventina di artisti curata da Roberta Fiorini, a cui parteciperà anche Gentile Polo con alcuni lavori pittorici.
Nell’occasione l’artista presenterà il volume «Una strada in salita», una raccolta di sue poesie impreziosite da disegni da lui stesso realizzati, alcune delle quali verranno recitate da Alfonso Masi.
L’esposizione resterà aperta al pubblico a Palazzo Thun, Torre Mirana, fino al 29 settembre nei seguenti orari: 10-12|15.30-19.
Da un suo progetto è nata «Dialoghi cromatici», un’altra mostra allestita recentemente negli spazi dell’area archeologica presso la Volksbank di piazza Pasi, a Trento, alla quale oltre a lui hanno partecipato: Antonella Bosio, Moira Linda Toussaint, Liala Polato, Daniela Leone, Carmen Rosa Luzzardi, Rita Demattio, Sarah Mutinelli, Claudio Cavalieri e Antonello Serra.
Gentile Polo è un artista poliedrico. Da sempre dipinge e scrive, il suo talento creativo non ha confini. Decoratore, docente Centrofor, nel 2007 ottiene dall’ANAEPA il premio «Spatola d’argento».
Fondatore dell’Associazione Piana Rotaliana espone da anni a livello nazionale e internazionale ed è attivo in varie associazioni di volontariato.
Abbiamo avuto il piacere di porgergli alcune domande.
Atomismo, storia della visione.
Come è nata l’idea della mostra allestita nell'area archeologica presso la Volksbank di piazza Pasi a Trento?
«L’evento allestito nell’area archeologica presso la Volksbank di piazza Pasi a Trento ha preso vita con lo scopo di mettere a confronto diverse espressioni artistiche come la pittura, la scultura e la fotografia.
«Il progetto nasce dalla volontà di alcuni artisti (il sottoscritto e Antonella Bosio) di trovarsi e di raccontarsi, in seguito ad un’altra mostra organizzata nella primavera scorsa a Castellaro Lagusello di Mozambano (MN), dove hanno esposto altri due trentini, Sarah Mutinelli (presente anche a questo evento) e Francesca Dolzani.
«In quell’occasione si è pensato di portare in Trentino cinque artisti lombardi e cinque trentini per continuare un confronto attraverso la pittura, la scultura e la fotografia.
«Per quanto mi riguarda ho presentato delle opere inedite, affrontando temi legati alla luce. Una di queste, una scultura, rimanda alla teoria atomista di Democrito dalla quale prende il nome.
«Il poeta Angelo Magro ha impreziosito l’inaugurazione, avvenuta sabato 1 settembre, recitando alcune sue poesie.»
Fra poco ci sarà l’inaugurazione della mostra Art Amici 2018, curata da Roberta Fiorini. Potrebbe parlarci dell’evento e del significato delle opere che lei esporrà nell’occasione?
«Ad Art Amici 2018 presenterò un lavoro che sviluppa il tema delle proprie origini. Si tratta di un pezzo in gesso, creta ed elementi, un totem dall’aspetto legnoso, in verità costruito con materiali di uso comune per me dal significato molto importante.
«Sono stato invitato nel giorno dell’inaugurazione anche a presentare il mio libro di poesie intitolato Pensieri, una strada in salita, alcune delle quali verranno recitate da Alfonso Masi.»
Quante sono le poesie contenute nel volume? C’è un tema ricorrente, un filo rosso che le unisce?
«Il volume contiene circa settanta poesie arricchite da dei disegni in bianco e nero da me realizzati. Il tema ricorrente è la famiglia, un concetto indagato da vari punti di vista, come per esempio l’aspetto che ruota attorno ai sentimenti ma anche la sua idealizzazione ecc.»
Bimbo etiope - L'africana.
Ci può dare qualche informazione riguardo alle illustrazioni che arricchiscono la raccolta?
«Tutte le immagini si riferiscono a momenti molto diversi tra loro. Sono tutti eseguiti a matita, carboncino e talvolta anche acquerello.
«In parecchi casi sono relativi a studi preparatori, altri sono invece definitivi.
«La collocazione all’interno del volume non è casuale, trattano il tema descritto nelle pagine sia precedenti che seguenti».
Quando si è avvicinato per la prima volta al mondo dell’arte?
«Io provengo da una famiglia in cui mio padre era decoratore. Ho conseguito il diploma di maturità artistica (decorazione pittorica) nel 1976 e da allora ho prodotto vari lavori in modo trasversale.
«Dapprima con l’azienda che io stesso ho fondato, la quale a partire dal 1990 ha lavorato nel territorio operando nell’ambito sia della pittura edile che della decorazione e del restauro.
«Sono, inoltre, stato impegnato anche nelle attività di formazione presso il Centrofor per la PAT.
«Ho realizzato diversi lavori decorativi in varie località, dalla Lombardia a Monaco di Baviera, all’Ehtiopia ecc.. Ma anche dipinti, murales, in diversi luoghi.
«Mi sono dedicato maggiormente alla pittura definita artistica a partire dal 2005, dal 2010 è diventata un’occupazione a tempo pieno, ho partecipato a mostre sia personali che collettive in tutta Italia ed in alcuni casi anche all’estero.»
Il castello di Mezzocorona.
Quando ha iniziato a scrivere poesie?
«In realtà, ho sempre scritto. La pittura e la scrittura sono attività parallele che coltivo da sempre. Solo per quanto riguarda la pittura, però, ho lasciato che le persone potessero prenderne visione.
«Forse perché il disegno permette di nascondere senza dover raccontare menzogne. Per la poesia non è così. E’ molto più diretta e spesso imbarazzante, almeno per me. Credo di aver tenuto nascosto le mie poesie per questo, fino a quando Lucia Martorelli dopo averle lette ha voluto raccoglierne alcune, pensando di farne un libro. Ora che il libro è stato realizzato, in fondo ne sono contento. Devo dire che non è la mia unica esperienza scritta.
«Ho realizzato un libello sul marmo artificiale e, soprattutto, ho condotto, in collaborazione con Paolo Dallatorre (che ha fisicamente scritto Movimenti di popolazione, 1ª edizione, anche perché io non ne avrei avuto il tempo) una ricerca sul fenomeno dell’emigrazione di persone di Mezzocorona, tenendo rapporti con emigranti, o loro figli, di vari paesi e continenti.
«È nata una mostra pittorica sul lavoro svolto e contestualmente è stato presentato il libro. Attualmente sto lavorando, con calma, al tema della percezione del colore, affrontandolo da vari punti di vista.»
Potrebbe delineare le tappe principali della sua evoluzione artistica?
«Come ho detto la mia formazione avviene simultaneamente in vari settori, aiutato certamente dal fatto che già mio padre era decoratore.
«Dopo il diploma di maturità ho potuto andare a bottega di decorazione presso un noto artigiano d’altra epoca in Piana Rotaliana. Quel lavoro mi ha offerto fin da giovane l’occasione di imparare i rudimenti di una pittura che sta tra l’edile e l’artistico in cantiere.
«Ho avuto anche l’occasione di interessarmi per un breve periodo di fotolito e fotografia andando a lavorare presso uno studio a Trento, fino a quando ho colto l’opportunità di fondare la mia azienda: la Pitture e Decori.
«All’inizio eseguivo molto spesso decorazioni e realizzavo lavori in particolare anche durante lo svolgimento di opere di restauro. Palazzo Pizzini di Ala è uno di questi, oppure la chiesa di Castelfondo (tutta la volta).
«Un anno e mezzo di decorazione per undici stanze, la prima, e nove mesi di lavoro per la seconda, in collaborazione con Gianmario Finadri, ora in Brasile. Dopo essermi interessato, come ho accennato, di formazione per la PAT e avendo anche fatto il docente per dodici anni circa, parallelamente all’attività di imprenditore, nel 2010 ho preso la decisione di intraprendere una nuova strada.
«Chiusa l’azienda e salutato la formazione ho iniziato un nuovo percorso che in un primo momento mi ha condotto al volontariato (in Africa, Ehtiopia), esperienza che mi ha donato nuove sensibilità e conoscenza del colore.
«Lì ho lasciato una pala (Whaka), vari murales (Salini, Dubbo, Konto); quella di quel periodo era una pittura figurativa che un po’ alla volta si è trasformata in ricerca: dall’impressionismo al puntinismo e poi la scoperta del segno come gesto, sia esso fatto con le tinte che con una matita ed un carboncino; sono passato poi a tre colori convenzionali usati su un texture che racchiude forme talvolta riconoscibili, in altri no.»
Quali sono i soggetti da cui trae maggior ispirazione?
«Non ci sono soggetti privilegiati ma situazioni. Talvolta, alcune forme mi suggeriscono un certo movimento e la stesura del dipinto è più immediata sia nel tratto che dal punto di vita cromatico, altre volte le mie opere nascono da una più lunga riflessione, dipende dal momento.»
Corteccia 2 e Corteccia 3.
Rispondendo in maniera molto sintetica, che messaggio vuole trasmettere attraverso i suoi lavori?
«Fino a quando i presupposti sui quali ragioniamo sono legati solo a ciò che abbiamo imparato, le possibilità di dialogo saranno sempre molto ridotte. Le regole servono ma solo se intese come proposizioni e non come dei limiti.
«Ciò che non conosciamo spesso fa paura, ma dovremmo temere maggiormente quello che già è sotto i nostri occhi, un qualcosa di non decisamente edificante. Scatole solo apparentemente aperte…»
Quali sono le tecniche da lei utilizzate nella realizzazione delle sue opere?
«La tecnica che uso è l’acquerello inteso come micro campiture. Un acquerellato realizzato con soli primari su una texture da me preparata. Utilizzo molto spesso anche acrilici, uso anche qualsiasi materiale che mi capita a tiro secondo la sensibilità del momento e dell’effetto che mi pare di voler ottenere.
«Osservando i miei quadri si ha l’impressione che rimandino al puntinismo anche se non è così. Non sono quadri figurativi e nemmeno riconducibili alla pittura neoclassica, non si può etichettarli.
«Il mio è un percorso che dall’Africa mi conduce attraverso la curiosità a non considerare gli orizzonti come dei limiti.»
Progetti futuri?
«Capire. Ogni giorno faccio cose in studio per me, per la casa (che è stata realizzata pezzo per pezzo da me, secondo i miei gusti), assecondando le mie curiosità.
«Sto cercando di organizzare vari incontri che vedranno la luce verso fine anno, ma continueranno anche l’anno prossimo con contatti avviati sia in Trentino che in Italia e all’estero.
«Tutto deve maturare a suo tempo. Ho da lavorare al libro sulla percezione (che spero di finire) e vorrei dedicarmi a qualcosa legato alla fotografia. Un campo dove ancora non ho fatto molto ma ho tanto materiale da selezionare…»
Daniela Larentis – [email protected]
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