«La saggezza degli alberi» – Di Daniela Larentis
È il titolo di un saggio in cui Peter Wohlleben ci svela i segreti di un mondo dove c’è ancora molto da scoprire
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Nel saggio intitolato «La saggezza degli alberi», edito da Garzanti, Peter Wohlleben svela i segreti di un mondo dove c’è ancora molto da scoprire.
Guardia forestale per oltre venti anni, racconta come gli alberi siano esseri sociali dotati di forme di comunicazione sorprendenti.
Molte piante utilizzano per comunicare segnali chimici e anche se la ricerca è ancora all’inizio può essere azzardata l’ipotesi che non solo essi siano provvisti di un ricco vocabolario di odori, ma che abbiano la capacità di provare sensazioni.
«Quando un insetto si annida nella sua corteccia, l’albero deve necessariamente avvertire la presenza dell’intruso, deve provare dolore, altrimenti non potrebbe emettere le sostanze di difesa e avvertire i suoi simili nelle vicinanze».
Risale agli anni Settanta del secolo scorso una scoperta davvero emozionante.
L’autore racconta che stando a degli studi condotti in Africa, nella savana, gli erbivori si comportavano stranamente in relazione al loro cibo usuale, le foglie di acacia.
Ne sceglievano dapprima una, masticandola per alcuni minuti, senza saziarsene, in quanto queste piante rilasciano durante il processo di masticazione delle sostanze amare che si sedimentano nelle foglie.
Dopo averle assaggiate, avvertendone il sapore, le gazzelle si allontanavano di un centinaio di metri prima di passare all’albero successivo.
Gli studiosi si erano accorti che anche le acacie vicine in pochi istanti emettevano quelle stesse sostanze. La domanda che si erano posti a quel punto era come le altre piante della stessa specie percepissero la minaccia, giustificando la risposta nell’emissione di un gas, l’etilene, prodotto dalla prima foglia addentata, un allarme chimico che allertava i vicini determinando la stessa reazione.
Come sottolinea Wohlleben, si fa più fatica ad assegnare alle piante una sensibilità che invece è comprensibilmente attribuibile a un animale, molto più simile a noi; essendo prive di un sistema nervoso centrale risultano più difficilmente decifrabili, è «un po’ come se venissero da un pianeta lontano».
Qualora le piante fossero davvero in grado di comunicare fra loro, comprenderle dovrebbe risultare facile, invece non è così perché non le sappiamo osservare.
La loro comunicazione potrebbe essere paragonata alla comunicazione non verbale di noi umani. La postura, la mimica, tutto quello che non diciamo con le parole è spesso più efficace delle frasi che pronunciamo.
«Ed è proprio da qui che dobbiamo partire se intendiamo comprendere meglio gli alberi e il loro stato di salute, perché proprio come un essere umano, attraverso il suo aspetto l’albero ci dice come sta, da dove viene e dove vuole andare. Quando si sa dove guardare, queste piante giganti sono come un libro aperto» afferma Wohlleben.
Gli alberi, quindi, hanno diverse storie da raccontare e fin dai tempi più remoti hanno avuto un ruolo importante nella storia dell’umanità.
Senza di loro non ci sarebbe stato il fuoco per riscaldarsi, niente armi con cui difendersi, la vita stessa dell’uomo non sarebbe stata possibile.
Le radici, ricorda l’autore, sono gli organi più misteriosi di un albero.
«Sono le sue ambe e la sua bocca ma al contempo anche il suo cuore.»
Non solo in superficie ne sostengono la struttura, ancorandola al terreno, ma succhiano l’acqua pompandola verso il tronco. Pare che ancora oggi come trasportino l’acqua resti un mistero ancora non del tutto svelato: «Gli alberi adulti – scrive Wohlleben nel capitolo dedicato alle radici – devono essere capaci di gestire le altezze più diverse fino a 130 metri (misura raggiunta dagli alberi più alti della Terra).
«Perfino per i 40 metri che in media raggiungono gli alberi autoctoni, i modelli funzionali finora forniti dagli studi non sono sufficienti a spiegarne le dinamiche. Infatti, per pompare acqua fino al cimale, cioè la parte più alta della chioma, è necessaria una pressione da due a tre volte superiore a quella di uno penumatico gonfio.
«Secondo i ricercatori, la risalita verso l’alto avviene per capillarità […]; a ciò si aggiunge la traspirazione: quando l’albero rilascia vapore acqueo attraverso gli stomi (i pori delle foglie), si crea una pressione negativa con conseguente risucchio dell’acqua che si trova più in basso.
«Tuttavia, perfino la combinazione di queste due forze è di gran lunga insufficiente a ottenere la pressione necessaria.»
Ogni albero ha un proprio valore anche individuale.
Questo pare essere uno dei messaggi contenuti in questo interessante libro.
Sta a noi mantenere in vita le piante; prendendoci cura di loro indirettamente ci prenderemo cura anche di noi e del nostro benessere futuro.
Daniela Larentis - [email protected]
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