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Se la Befana ci portasse il... «pampapato» – Di Daniela Larentis

Il noto dolce ferrarese fu immortalato da de Chirico in una delle sue opere: lo si può vedere visitando «De Chirico a Ferrara - Metafisica e avanguardie»

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Chissà cosa ci porterà quest’anno la befana, se qualche dolcetto o solo del carbone.
A noi piacerebbe trovare lo zelten, del torrone, ma sarebbe fantastico estrarre dalla calza anche del pampapato. In tal caso potrebbe voler dire che siamo stati buonissimi, perché il dolce ferrarese a forma di zuccotto è uno dei nostri preferiti fra tutti quelli in circolazione durante le feste natalizie!
Il pampapato o panpepato che dir si voglia, tipico ferrarese, è una vera delizia, tanto che de Chirico lo immortalò in uno dei suoi meravigliosi quadri.
Chi non volesse crederci si rechi a Ferrara per sincerarsene, alla mostra presso Palazzo dei Diamanti, aperta fino al 28 febbraio 2016, che celebra il centenario del soggiorno di Giorgio de Chirico nella città estense (a cento anni dalla loro creazione tornano i capolavori metafisici che l’artista dipinse fra il 1915 e il 1918).
 

Il «pampapato».
 
«De Chirico a Ferrara – Metafisica e avanguardie», curata da Paolo Baldacci e Gerd Roos, è la prima mostra dedicata unicamente al periodo che Giorgio de Chirico e Alberto Savinio (suo fratello) passarono da militari a Ferrara.
Fu proprio Alberto Savinio a decantare il dolce nel 1916, come si legge sulla grande parete che ospita il dipinto che lo ritrae.
Come sottolinea Baldacci nell’introduzione all’album di mostra, i due fratelli arrivano a Ferrara nel giugno del 1915: «Giorgio aveva già alle spalle un centinaio di opere di grande importanza ma ancora poco note, mentre Alberto aveva dovuto interrompere un’avviata carriera di compositore.
«A Ferrara inizia una nuova fase della loro vita. Savinio si fa strada come scrittore e de Chirico estende la visione metafisica a temi e iconografie nuove che per la prima volta vengono indagati e messi a fuoco con rigore interpretativo e scientifico in una mostra».
Il soggiorno a Ferrara determina infatti profondi cambiamenti, sia nella pittura di de Chirico e nei temi ispiratori dei suoi quadri che nelle creazioni del fratello, il quale nella città emiliana, come si è accennato, abbandonò la musica per dedicarsi alla scrittura.
 

De Chirico «I progetti della fanciulla» - 1915.
 
De Chirico, rapito dalla bellezza della città, ne immortala la magia in straordinari quadri. Fra questi ricordiamo «I progetti della fanciulla» (1915, New York, MoMA), in cui le mura rosse e una delle due torri del Castello Estense fanno da sfondo a una misteriosa natura morta con un guanto, dei rocchetti di filo e una scatola di spole, ma anche «Le Muse inquietanti» (1918).
Molti dipinti ferraresi dell’artista rappresentano oggetti comuni e quotidiani composti in nature morte caratterizzate da un meticoloso realismo.
Una delle chiavi di lettura possibili di queste opere è il contrasto fra una realtà riprodotta meticolosamente e l’ambiente astratto e indecifrabile in cui essa è ambientata.
Diceva della pittura di de Chirico René Magritte: «La pittura di de Chirico è una nuova visione, nella quale lo spettatore ritrova il suo isolamento e intende il silenzio del mondo».
 
Tornando al pampapato, i cui ingredienti principali sono mandorle, frutta candita, zucchero, spezie, farina, cacao, pare esso sia nato parecchi secoli fa, legato alle tradizioni della Corte Estense.
Si racconta che questa delizia sia circolata anticamente nei conventi e che fosse chiamato «Pan del papa» per questo.
A Ferrara si dice che sia divenuto famoso, nel secolo scorso, grazie a Guido Ghezzi, il quale agli inizi del Novecento aveva una pasticceria in centro storico.
Chi dovesse recarsi a Ferrara in questi giorni ci faccia un pensierino e lo assaggi, ne vale davvero la pena (lo troverà facilmente nelle migliori pasticcerie e nei bar, transitando lungo le affollate vie cittadine).
A noi non resta che sperare…
 
Daniela Larentis – [email protected]

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