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Domenica Laurenzana, l'anelito di «immergersi nel nulla» – Di Daniela Larentis

Reduce da «Passaggi di luce» di Venezia, ha collezionato nell’arco di un ventennio importanti esposizioni

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Domenica Laurenzana è un’apprezzata artista che vive e lavora a Genova, molto conosciuta in Liguria a livello istituzionale. Nell’arco di una ventina d’anni ha partecipato a importanti esposizioni collettive e personali, l’ultima delle quali in occasione della mostra internazionale di arte contemporanea «Passaggi di luce», a Palazzo Zenobio, Venezia, da poco conclusasi, evento curato da Loredana Trestin, gallerista e curatrice di eventi legati all’arte, nonché direttore artistico di Palazzo Zenobio, e da Federico Caloi, critico ed esperto d’arte, conduttore della trasmissione televisiva dedicata all’arte Artistivì.
Proprio osservando i suoi quadri esposti nella splendida location veneziana, siamo rimasti affascinati dall’atmosfera particolarissima che sembravano sprigionare.
Ammantati di luce, uno pareva essere impregnato di gioiosa aspettativa, un altro di serena quiete: più si indugiava sulle altre due tele e più si avvertiva la sensazione di sprofondare ineluttabilmente in un assoluto silenzio, in netto contrasto con il concitato vociare che serpeggiava tutt’intorno, in quella dimensione in cui matura il seme della consapevolezza e in cui, a chi la vuole cogliere, viene offerta la possibilità di ritrovare o perdere se stesso.
 

Senza titolo, 2014, olio su tela, cm 150x150.
 
Un’altra recente personale è quella intitolata «Tra il segno evidente e il segno nascosto», a cura di Mario Napoli, allestita in gennaio a Genova nelle sale di Palazzo Stella, sede dell’associazione culturale Satura.
La mostra era accompagnata da un prezioso catalogo dal quale è tratto il testo critico di Sandro Ricaldone che riportiamo per meglio focalizzare il percorso e l’evoluzione artistica di Domenica Laurenzana.
Sandro Ricaldone ha al suo attivo l’organizzazione e la presentazione di prestigiose mostre in Europa e negli Stati Uniti, fra le quali citiamo le manifestazioni dedicate ad Hans Richter, Isou, Lemaître, Wolman, Dufrêne, Jorn, Simondo, Gallizio, solo per fare qualche nome.
Autore peraltro di svariate pubblicazioni, fra cui nominiamo solamente «Lettrismo e situazionismo» (Edizioni Peccolo, Livorno 2006) e «Piero Simondo: l’immagine imprevista» (Il Canneto, 2011); ecco come lui definisce la pittura dell’artista: «Intrapreso sotto il segno di una accentuata emotività luministica, che – se pure in termini di matura astrazione – si mostrava contiguo ad una sorta di naturalismo atmosferico, il percorso di Domenica Laurenzana è venuto evolvendo, nell’arco di un ventennio, verso problematiche che attengono all’ordine combinato della monocromia e del segno.
 

Senza titolo, 2014, olio su tela, cm 150x150.
 
Alle tele del primo periodo, pulsanti nell’alternarsi di corpose velature impresse a mano e di sfumati intangibili, nel concatenarsi di mutevoli tonalità di colore, si sono avvicendate dapprima campiture più dense, prossime ad una monocromia appena scalfita da larvali resistenze verso un clima di purezza quintessenziale, e - sul finire dello scorso decennio - prove di affrancazione del segno, spiegato in movimenti circonvoluti, in bianco e nero, contraddistinti da una marcata spontaneità.
In questi lavori - alcuni dei quali, di fattura recentissima, sono presenti nella mostra allestita negli spazi di Satura - l’accostamento, o per meglio dire, la fusione di ritmo e caos induce a evocare l’«ornamento esploso» dove fluisce «più impetuoso il fiume del nostro creare», di cui parla Ernst Bloch nello Spirito dell’Utopia. 
 

Senza titolo, 2014, olio su tela, cm 150x150.
 
Arabeschi sui generis, labirinti costruiti su un dinamismo vorticoso, in un coinvolgimento fisico immediato e totale, queste tele sono teatro di un’apoteosi del segno. In apparente antitesi, al loro impeto gestuale si sovrappone, in un altro gruppo di opere coeve, la quinta del colore, blu, rosso, giallo, che si stende in superficie a coprire l’esuberanza dei gesti, di cui l’occhio può co¬gliere soltanto le ombre.
Dal furore sinuoso della scia alla quiete silente del monocromo, si potrebbe congetturare. Ma si tratta di una quiete che internamente ribolle, che sotterraneamente si muove, che si regge su una rete di gangli in tensione.
E infine, nell’ultimo dipinto di questo nuovo ciclo, il versante dinamico del segno e l’uniformità del colore si congiungono, assorbendosi reciprocamente, in un arazzo mobile, animato da un pulsare attutito e can-giante, in un discorso fitto, continuo, della pittura nella pittura.
Il tragitto dai «miraggi dall’aspetto caotico» (secondo la felice espressione di un antico maestro, Waldemar George) si attesta così, oggi, ad un nuovo livello della spirale creativa, all’altezza dell’instabile vibrazione che si applica a trascrivere la «folla di cose» che è materia della vita».
Curiosi di apprendere qualche altra informazione, abbiamo posto a Domenica Laurenzana alcune domande.
 

Senza titolo, 2014, olio su tela, cm 150x150.
 
Quando è nata la passione per la pittura?
«È nata in tenera età sollecitata dalla vicinanza di amici artisti liguri Ugo Giazzi ed Edoardo Arvigo.»
 
Quale è stata la sua formazione?
«Frequentazione costante degli studi di pittura di Ugo Guazzi ed Edoardo Arvigo.»
 
Che tecniche usa?
«Olio su tela ma non disdegno la materia plastica.»
 
Cosa rappresentano per lei i colori e quali preferisce, tinte decise o cromie più sfumate, e perché?
«Quando dipingo mi immergo nel colore dal bianco al nero, la scelta è dettata del colore si fonda sul mio sentire al momento.»
 
Quali sono i soggetti o le situazioni da cui trae maggior ispirazione?
«Traggo ispirazione da ciò che mi è rimasto dentro: una visione, una sensazione.»
 
Ci sono artisti che hanno in qualche modo influenzato il suo lavoro?
«I miei maestri mi hanno seguito lascandomi riflettere su ciò elaboravo. La partenza è stata figurativa (ritratti, paesaggi, nature morte ) per poi passare all’astratto. Aspirazione massima immergermi nel nulla.»
 
L’arte contemporanea che funzione dovrebbe avere, secondo la sua opinione?
«È stato fatto tutto e più, abbiamo capolavori irripetibili in ogni epoca. Oggi, l’artista deve fare ciò che sente.»
 
Fra le numerose esposizioni a cui ha partecipato c’è una mostra che ricorda in modo particolare e che le è rimasta nel cuore?
«La prima personale alla galleria d’arte di Genova Rinaldo Rotta presentata da Germano Beringheli.»
 
Recentemente ha esposto anche alcune opere a Venezia, a Palazzo Zenobio, in occasione di Passaggi di luce, la prestigiosa mostra curata da Loredana Trestin e Federico Caloi. Ci può parlare dei quadri esposti?
«Mi risulta difficile parlare delle mie opere, mi piace di più ascoltare cosa comunicano. Parte di me, del mio sentire si trova in quei dipinti: la vita del silenzio e del nulla.»
 
Artisti si nasce o si diventa?
«Si nasce con una certa sensibilità e si diventa artisti.»
 
Progetti futuri e sogni nel cassetto?
«Non saprei, mi adopero di giorno in giorno e vivo nel momento. Non posso regolare o sognare ciò che appartiene ad un contesto fuori della mia persona.»
 
Daniela Larentis – [email protected]

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