Riflettendo sull’alimentazione vegetariana – Di Daniela Larentis
Il pensiero di un celebre teologo contemporaneo tratto dal suo ultimo libro
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Ci sono molte persone che pur avendo per molto tempo adottato una dieta a base di carne hanno poi variato abitudini alimentari, preferendo un’alimentazione per lo più vegetariana.
Le ragioni che spingono taluni a modificare il tipo di dieta possono essere diverse, prima fra tutte la salute (talvolta si tratta semplicemente di una questione di moda).
Quando a cambiare stile di vita è un noto teologo, un filosofo di fama internazionale, tuttavia, vale la pena di soffermarsi un attimo a riflettere.
Stiamo parlando di Vito Mancuso, celebre autore di numerosi saggi, nonché stimato teologo italiano (ha insegnato presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e l’Università degli Studi di Padova).
Una decina di anni fa lui non era ancora vegetariano e infatti in una sua pubblicazione del 2005 («Per amore -Rifondazione della fede», edito da Mondadori) scriveva che «la pratica vegetariana rivela ultimamente la sua incapacità di modificare la struttura della vita e si mostra per quello che è, solo un pio esercizio spirituale».
Diverso è il pensiero contenuto nell’ultimo suo libro intitolato «Questa vita, conoscerla, nutrirla e proteggerla» (Edizioni Garzanti, 2015), nel quale, riferendosi all’altra sua pubblicazione sopra citata, lui stesso scrive: «Allora mangiavo ancora carne e non capivo la portata spirituale di questo stile alimentare, perché tutto ciò che è umano si capisce veramente solo vivendolo in prima persona.
«Poi, attratto dall’ideale della non-violenza come base imprescindibile della relazione armoniosa, ho compreso che l’alimentazione vegetariana è la più vicina all’ideale di alimentazione non-violenta e ora cerco di praticarla, per quanto qualche volta mangi ancora del pesce, soprattutto quando sono in compagnia, perché l’alimentazione per noi esseri umani ha anche un’imprescindibile dimensione sociale.»
Apriamo una parentesi prima di continuare ad esporre il suo pensiero riguardo all’alimentazione vegetariana, sottolineando quanto vera sia una sua constatazione e cioè che «tutto ciò che è umano si capisce veramente solo vivendolo in prima persona».
Di solito la gente pensa sempre di riuscire a capire ciò che accade agli altri, in realtà spesso si comprende profondamente solo ciò di cui si ha fatto esperienza.
Tornando all'argomento, Vito Mancuso pensa all’alimentazione vegetariana definendola una «nobile forma di riverenza verso la vita, percepita come sacra in tutte le sue manifestazioni, non solo nella forma umana».
È anche un modo per trasformare gli ideali spirituali in vita quotidiana, un interpretare concretamente il «Cantico delle creature» di San Francesco, fa notare, sottolineando che molte tradizioni spirituali la consigliano, dalle filosofie classiche di Pitagora, Empedocle e Platone a spiritualità indù, al buddhismo ecc.
Per quanto riguarda le religioni monoteiste, precisa a pag. 117:
«I monoteismi invece non la contemplano, anche se non mancano singoli rappresentanti dell’ebraismo, del cristianesimo e dell’islam che la praticano e la consigliano.
«Non deve sfuggire però che per la Bibbia la dieta originaria degli esseri umani non prevedeva l’uccisione di animali, come appare dalle parole del Dio biblico ai primi uomini.»
Cita la Genesi e informa che per la Bibbia «la dieta vegetariana originariamente riguardava addirittura l’intero mondo animale» (Genesi 1,30).
Fra i motivi principali a favore di una dieta vegetariana Mancuso ne individua alcuni.
Innanzitutto «la comunione con tutte le forme di vita cui evitare quella sofferenza che ognuno cerca di evitare a se stesso».
Poi, la considerazione del fatto che questo tipo di alimentazione costituisca una base sostanziale per la pace fra gli esseri umani.
«La pace – scrive a pag. 117 – infatti è da intendersi non come mera assenza di guerra, ma come atteggiamento della mente e del cuore, come la mitezza lodata da Gesù quando diceva Beati i miti (Matteo 5,5).»
Afferma quindi: «Per questo sono convinto che non si darà mai una pace duratura tra gli esseri umani senza una previa pace dell’umanità con il mondo animale: assumere la prassi della non-violenza come regola di alimentazione e rigettare le pratiche rapaci non potrà che diffondere pace e non-violenza in tutte le relazioni».
Ricorda inoltre che non è certo un caso che pacifisti come Tolstoj, Gandhi, Einstein, Schweitzer, Capitini, Thich Nhat Hanh, siano stati vegetariani. Spiega a tal proposito: «Ovviamente non c’è nulla di automatico nel mondo dello spirito umano e di sicuro vi sono casi di vegetariani violenti e di carnivori non-violenti, tuttavia rimane indiscutibile che il regime alimentare vegetariano contribuisce a diminuire il tasso di violenza nel mondo perché non sparge sangue e perché elimina le sofferenze degli animali sottoposti a macellazione («se i macelli avessero le pareti di vetro saremmo tutti vegetariani», ha scritto Tolstoj).»
Un altro motivo importante per scegliere l’alimentazione vegetariana è la salute, suggerisce Vito Mancuso che scrive a pag. 118:
«A questo proposito lascio la parola a Umberto Veronesi, oncologo di fama internazionale e impegnato da decenni nella promozione dell’alimentazione vegetariana, nonché convinto pacifista: Non ci sono dubbi sul fatto che un’alimentazione povera di carne è la più adatta a proteggerci dalle malattie più gravi – come cancro, disturbi cardiovascolari e diabete – e a mantenerci in forma, e che chi segue una dieta ricca di vegetali ha un minore rischio di ammalarsi e può vivere più a lungo e in buona salute.»
Vi è un ulteriore motivo a favore di questo tipo di alimentazione, ricorda poi, «un motivo che riguarda l’ecologia, intesa come cura della salute del pianeta».
«Riprendo al riguardo alcune considerazioni dello scrittore americano Jonathan Safran Foer – afferma – il quale, basandosi su studi dell’Università di Chicago , dell’Università della California e dell’ONU, ha scritto che a livello globale il bestiame contribuisce più dei trasporti ai cambiamenti climatici.»
Scorrendo i numeri ci si rende consapevoli di come il metano prodotto dagli animali abbia un elevato potenziale di riscaldamento globale, i dati parlano chiaro anche per quanto riguarda il ruolo della dieta, si resta colpiti leggendo a pag. 119 che «gli onnivori contribuiscono alle emissioni di gas serra sette volte più dei vegani».
Conclusione del documento delle Nazioni Unite citato dallo scrittore americano e riportato dal noto teologo italiano a fine pagina:
«Allevare animali a fini alimentari è una delle due o tre attività che contribuiscono maggiormente ai più seri problemi ambientali su ogni scala, da quella locale a quella globale (Jonathan Safran Foer, Se niente importa. Perché mangiamo gli animali? (2009), tr. di Irene Abigail Piccinini, Guanda, Parma 2010).».
Fa riflettere anche la considerazione di Mancuso, il quale successivamente scrive che «è tuttavia essenziale sottolineare che tale stile alimentare non rende perfetti e del tutto esenti dalla violenza, come sono portati a pensare» di sé alcuni vegetariani un po’ prigionieri di un malcelato complesso di superiorità, l’alimentazione vegetariana, sia nella forma classica che esclude ogni forma di vita animale, sia nella forma vegana che esclude anche i prodotti di origine animale come latte, formaggi e uova, non è tale da immettere chi la pratica nell’incontaminata regione della non-violenza assoluta, dove nessuno, in questa vita, giungerà mai.
Né soprattutto su coloro che mangiano carne deve ricadere un’intransigente quanto miope condanna morale, perché ogni essere umano appartiene a una civiltà che lo precede e che ne forma abitudini e stile di vita, alimentazione compresa».
E qui Mancuso cita Gandhi, il quale in un articolo su Harijan del 9 giugno 1946, scrisse: «Per me mangiare carne è peccato, tuttavia per un’altra persona che è sempre vissuta mangiando carne e che non ha mai visto in questo niente di male sarebbe peccato smettere di mangiare carne semplicemente per imitare me».
Riportando le parole del Mahatma, Mancuso dichiara a pag 121: «Non ritengo accettabile nessuna colpevolizzazione di chi mangia carne e pesce, né tantomeno di chi lavora come allevatore o pescatore, macellaio o pescivendolo…».
Come lui afferma «siamo tutti legati alla catena e ognuno fa quello che può.»
«Questo mio discorso – continua – è solo l’indicazione di un sentiero, a mio avviso più nobile perché meno violento, su cui camminare, ognuno con il suo passo.»
E come non essere d’accordo con lui, ognuno fa quello che può, certo, in fondo siamo solo uomini, né più né meno di questo…
Daniela Larentis – [email protected]
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