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Perseveranza – Di Daniela Larentis

La virtù del non darsi per vinti associata da un noto scrittore e storico italiano a un personaggio della storia

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Se c’è una virtù che viene spesso scambiata per semplice cocciutaggine, quindi talvolta percepita negativamente, questa è la perseveranza, l’attitudine a non darsi mai per vinti, a non abbandonare la partita. Il dizionario della lingua italiana Devoto-Oli così la descrive:
«Costanza di atteggiamento o di comportamento, spec. in quanto accompagnata o motivata da propositi virtuosi e sostenuta da propositi per lo più virtuosi o alimentata da una convinzione o da un’abitudine: p. nello studio, p. nel vizio…»
In un mondo dove ci si stanca di tutto il non rinunciare a qualcosa a cui si tiene molto, non dandosi per vinti, sembra rappresentare più un valore che un disvalore. C’è chi persevera e rincorre i propri sogni «costi quel che costi», alcuni fanno della perseveranza il loro cavallo di battaglia, sono persone che non si arrendono mai.
 
Nella premessa del libro intitolato «La vita è bella – Leon Trotsky» (Chiarelettere editore), David Bidussa, scrittore, giornalista, saggista e storico italiano, parlando di «perseveranza» la associa a un personaggio che fu uno dei principali protagonisti delle rivoluzioni russe, Leon Trotsky: «Perseveranza è una buona parola per descrivere Trotsky. Una figura che spesso ha vissuto il rischio di essere la sua caricatura, prima che se stesso.»
«Finché vivo, spero! sono le prime parole che aprono quest’antologia» sottolinea Bidussa. «Quarant’anni dopo, un uomo non avanti con l’età ma provato da molti dolori, convinto che il suo persecutore lo voglia morto, come scrive nel maggio del 1940 («Stalin vuole la mia morte»), e dunque consapevole di non avere molto tempo di fronte a sé (come poi del resto fu: quelle parole sono stese il 27 febbraio 1940. La morte violenta, inferta con una piccozza che gli trapassa il cranio e che simbolicamente vuol impedire a quel cervello di continuare a funzionare, arriva il 21 agosto di quello stesso anno, dopo un giorno di agonia), fa un bilancio della sua vita, senza rimpianti.
Poi, in mezzo a un filo di ragionamenti il cui fine è il passaggio di testimone a chi verrà dopo, convinto che niente è stato vano, accade qualcosa: improvvisamente Natalia, la donna con cui ha vissuto gran parte della sua vita, apre una finestra e quel cerimoniale di addio laico si interrompe.
E allora lui scrive: «La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione e violenza, e goderla in tutto il suo splendore».
 
Nel ricordare l’intensa e tragica figura di Trotsky, le sue passioni anche amorose, i suoi ideali, Bidussa rimarca quanto egli sia molte cose: «Non è solo mente, è anche un corpo, è passione e anche irruenza, raramente senso del limite».
Sottolinea un aspetto del suo carattere: «Capace di grandi intuizioni – è l’unico tra i rivoluzionari russi a capire, già nel 1906, come la Russia possa fare il salto politico e aprire il ciclo delle rivoluzioni socialiste – ma anche innamorato della sua intuizione al punto da trasformarla in un canone, da ridurla a regola, smarrendo così quella sensibilità per il concreto, per la realtà reale, che gli aveva fatto comprendere, prima di tutti, le possibilità del futuro».
Scrive poi un’interessante osservazione: «L’intelligenza alle volte fa velo alle persone, impedisce loro di cogliere ciò che la realtà comunica, perché le lascia imbozzolate nella stima di sé. Anche per questo la vicenda biografica e politica di Trotsky è esemplare e tuttavia anche molto umana. Vera.».
Un libro articolato che vale la pena di leggere, a prescindere dalla propria ideologia.
 
Gli scritti contenuti nella prima parte del libro, intitolata «La rivoluzione dell’individuo» (come viene evidenziato nella nota), risalgono ai primi anni Venti del Novecento, «periodo in cui Trotsky era uno dei dirigenti principali della Rivoluzione russa».
«La lotta per un linguaggio colto» è un articolo datato maggio 1923 , (Pravda, 16 maggio 1923), leggiamo a pag. 21: «…Una rivoluzione non è degna del suo nome se, con tutti i mezzi e la forza a sua disposizione, non aiuta la donna a incamminarsi sulla strada del progresso individuale e sociale. Una rivoluzione non è degna del suo nome se non si ha la massima cura possibile per i bambini, la futura generazione a beneficio della quale è stata fatta la rivoluzione.
«Come si può creare giorno per giorno, a piccoli passi, una nuova vita basata sulla mutua considerazione, sul rispetto, sulla vera uguaglianza delle donne, sulla cura efficiente dei bambini, in un’atmosfera avvelenata dalla fragorosa, rimbombante ed echeggiante scurrilità dei padroni e degli schiavi, quel bestemmiare che non risparmia nessuno e che non si ferma di fronte a niente?
«La lotta contro il cattivo linguaggio è una condizione della cultura intellettuale tanto quanto il combattere contro il sudiciume e i parassiti è una condizione della cultura del proprio corpo…».
Leggiamo più avanti, a pag. 25, sempre sullo stesso argomento: «Il linguaggio è lo strumento del pensiero. La precisione e la correttezza del linguaggio sono condizioni indispensabili di un corretto e preciso pensare…».
 
E tornando al concetto di perseveranza, a quello che poi sarebbe divenuto il suo testamento, ecco ciò che Trotsky scrisse nel febbraio del 1940 (ricordiamo che morì nell’agosto dello stesso anno): «La mia fede nell’avvenire comunista del genere umano non è meno ardente, anzi è ancora più salda, che nei giorni della mia giovinezza.»
Come scrive Bidussa nella premessa al libro «persevera chi resta fedele o, meglio, chi non abbandona mai la presa. Viceversa si adegua colui per il quale niente ha valore.»
Fanno riflettere i pensieri di quel giorno al di là di ogni ideologia, parole che denotano un grande amore per la vita e che colpiscono profondamente: «Natalia si è appena avvicinata alla finestra che dà sul cortile e l’ha aperta in modo che l’aria entri più liberamente nella mia stanza. Posso vedere la lucida striscia verde dell’erba ai piedi del muro, e il limpido cielo azzurro al di sopra del muro e sole dappertutto. La vita è bella…».
 
Daniela Larentis – [email protected]

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