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Distrazione... tecnologica – Di Daniela Larentis

Siamo un po’ tutti multitasking, ma quanto è fastidioso parlare con qualcuno il cui sguardo scivola in continuazione sul proprio smartphone!

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Siamo un po’ tutti multitasking, vorremmo fare più cose nella speranza vana di farle tutte bene simultaneamente, divorati da un delirio di onnipotenza che ci fa sentire tanto vivi quanto stressati.
E poi c’è chi se la prende con i figli adolescenti, i quali fanno due o tre cose per volta e si distraggono troppo facilmente... Prestare attenzione agli altri, a ogni modo, pare sia sempre più difficile a ogni età, specie nell’era digitale.
Sarà capitato a tutti di parlare con qualcuno che, nel bel mezzo della conversazione, dirotta lo sguardo sullo smartphone in cerca di qualche nuovo sms o di qualche e-mail da consultare (non stiamo parlando di bambini distratti che non riescono a concentrarsi per troppo tempo su qualcosa, ma di adulti che non sanno controllarsi e che peccano esclusivamente di maleducazione).
Un comportamento che risulta essere molto fastidioso per chi lo subisce e che regala la sgradita sensazione di non venir ascoltati. La comunicazione virtuale può causare dipendenza, un fenomeno che sembra essere in forte crescita.
Gli adorati cellulari, gli indispensabili computer portatili, i tablet e quant’altro, possono rivelarsi un’arma a doppio taglio e diventare addirittura nocivi se usati a sproposito.
Pensiamo poi a chi ha l’abitudine di controllare in continuazione la posta o i messaggi del proprio telefonino mentre lavora (e al danno che provoca inconsapevolmente).
 
Nell’interessantissimo libro di Federico Rampini intitolato «Rete padrona – Amazon, Apple, Google & C. – Il volto oscuro della rivoluzione digitale» (Edizioni Feltrinelli), l’autore, giornalista, docente universitario e autore di numerosi saggi (ospite al Festival dell’Economia tenutosi a Trento qualche mese fa), nel secondo capitolo a tal proposito scrive così.
«Uno studio fatto nella Silicon Valley lancia l’allarme: i gadget tecnologici invadenti e male utilizzati ci si ritorcono contro. Invece di aumentarla, ormai diminuiscono la nostra efficienza.
«Le aziende sono le prime a dover correre ai ripari. Perché la “sindrome complusiva” che sposta la nostra attenzione “altrove”, catturata dal cellulare o da Internet, ha costi immensi.
«Lo studio compiuto dalla società di software Harmon.ie e dall’istituto demoscopico uSamp, con sede a Milpitas in California, cerca di quantificare il danno economico: in media sono 10.800 dollari di perdite all’anno per ogni dipendente.
«È il valore del lavoro non fatto, o fatto così male da essere inutile o controproducente, perché interrotto da troppe sollecitazioni esterne. Spesso futili, irrilevanti, ma irresistibili.»
 
Rampini snocciola altri dati per spiegare meglio la situazione.
«Oltre la metà degli americani durante il lavoro spreca almeno un’ora al giorno per le interruzioni. Mentre un tempo a ridurre la produttività erano le telefonate a casa o il gossip davanti alla macchinetta del caffè, ora il 60% del tempo perso è causato da lettura di sms, email, Internet.
«Il vecchio gossip resiste, naturalmente, ma ha trovato nuovi e poderosi canali di comunicazione su Facebook, Twitter, Linkedin. Dal calcolo del nostro tempo sprecato è escluso ovviamente l’uso funzionale e produttivo di questi strumenti…».
Un pensiero va alle e-mail e ci si interroga su quante di quelle ricevute (e lette) siano davvero utili: fra spam, messaggi promozionali ecc. si rischia di passare parecchio tempo ogni giorno a ripulire la posta, trascurando faccende magari più importanti.
 
Suonerà esagerato, eppure ci sono aziende che stanno cercando dei rimedi.
L’autore ne cita un esempio (pag. 27).
«La Intel, colosso dei microchip elettronici, ha tentato di introdurre il “venerdì senza email”: un giorno alla settimana in cui staccare la spina per recuperare concentrazione, freschezza, senso delle priorità. I risultati sono modesti, molti non resistono alla tentazione di aprire la posta elettronica comunque, quasi oppressi da un senso di isolamento.
«Alla fine, le perdite di produttività molte aziende le recuperano comunque: perché la schiavitù dei gadget ha esteso la giornata lavorativa oltre ogni limite.
«Serate, weekend, vacanze, se il tempo di lavoro è impoverito dalle distrazioni, il tempo libero è invaso da messaggi di lavoro…»
 
A questo punto sorge un dubbio: le tecnologie servono a migliorare davvero la qualità della vita o talvolta la peggiorano?
Dipende naturalmente dall’utilizzo, l’equilibrio sembra sempre stare nel mezzo…
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto .it

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