Amarsi per sempre – Di Daniela Larentis
È possibile. Tuttavia può suonare anacronistico se si pensa a quante storie d’amore, oggigiorno, durano al massimo tanto quanto un mutuo a medio-lungo termine
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Amarsi per sempre è possibile. Tuttavia, le storie d’amore oggigiorno durano in genere molto meno di un tempo, più o meno al massimo quanto un mutuo a medio-lungo termine, tanto che il finale fiabesco «e vissero per sempre felici e contenti» può suonare alquanto anacronistico se si pensa alla moltitudine di persone che, pur scegliendosi inizialmente con grande slancio, finiscono in tempi più o meno lunghi con il provare reciprocamente solo indifferenza (nella migliore delle ipotesi).
Anzi, separarsi consensualmente, senza troppi drammi e con il sorriso sulla bocca, capita di rado, di solito c’è chi lascia e chi viene lasciato suo malgrado, in questo caso la sofferenza è sempre la triste compagna di viaggio non solo di chi subisce l’abbandono ma anche delle persone coinvolte (pensiamo ai figli delle coppie che si sfaldano e anche ai loro nonni, i quali spesso soffrono in silenzio offrendo a malincuore il loro aiuto).
Ma non è certo nostra intenzione affrontare la questione da un punto di vista morale, assolutamente no, troviamo curioso semmai riflettere sull’amore prendendo spunto da alcuni concetti espressi in un'interessante pubblicazione della scrittrice Lou Andreas Salomé, una psicanalista tedesca di origine russa vissuta a cavallo dell’Ottocento-Novecento.
Stando a quello che lei afferma nel saggio edito da Mimesis intitolato Riflessioni sull’amore, pare di capire che certi tipi di amori passionali, basati essenzialmente sull’attrazione fisica, dopo un periodo più o meno lungo di esaltazione inziale finiscano puntualmente con l’esaurirsi e questo a causa di un preciso meccanismo che l’autrice descrive assai minuziosamente.
Scrive a pag. 11: «Nell’amore avvertiamo questa spinta, diversa da ogni altra, a unirci l’uno all’altro proprio sotto l’impulso della novità, dell’estraneità, di un qualcosa che è stato forse presentito e desiderato ma mai realizzato – che non ci giunge dal mondo a noi noto e familiare, con il quale da tempo ci siamo fusi e che semplicemente ripete noi stessi. Perciò si teme sempre la fine di una passione amorosa non appena due persone si conoscono ormai troppo bene ed è svanito l’ultimo fascino della novità, e perciò gli inizi di una passione, con la sua luce incerta e palpitante, sono caratterizzati da un tale ineffabile fascino ma anche da una forza particolarmente stimolante che sconvolge profondamente l’intero essere e fa vibrare l’anima – e che in seguito si ritroverà difficilmente».
Qualche riga più avanti l’autrice sottolinea l’interessante concetto: «Dopo che gli amanti si sono svelati l’uno all’altro in modo così pericoloso, può anche seguire un lungo periodo di intima simpatia, ma questa, nella sua natura, non ha niente in comune con il sentimento passato ed è spesso caratterizzata, malgrado la più sincera amicizia, da infinite, piccolissime irritabilità. Infatti, proprio ciò che una volta in mille quasi impercettibili tratti ci entusiasmava, ora ha un effetto addirittura irritante, invece di lasciarci almeno indifferenti, come magari avviene fin dall’inizio in un’amicizia».
È una dinamica umana non certo poco frequente, inizialmente le persone si attraggono misteriosamente, colpite da un certo particolare, da una determinata caratteristica estetica o caratteriale, e poi lavorano di fantasia, costruendo mentalmente quello che a tutti gli effetti è un sogno. Un bellissimo e affascinante sogno che poi si trasforma in qualcosa d’altro. Dapprincipio tutto appare perfetto, la scoperta l’uno dell’altro è sempre entusiasmante, poi via via che passa il tempo il sogno diventa realtà, una triste realtà per alcuni (non sempre, infatti, svegliarsi da un sogno di questo tipo può risultare piacevole), un’appagante realtà per altri.
Una ventina di pagine dopo o poco meno, l’autrice paragona l’amare al creare, tuttavia, a pag. 30 scrive: «L’artista che dipinge un prato rimane consapevole che il valore che esso ha per lui consiste unicamente in questa capacità di renderlo produttivo, mentre non gli interessa chiedersi se la sua spontanea, grata esaltazione sia giustificata dai veri attributi di esso, se egli lo valuta in modo giusto o sbagliato e quant’erba produca all’anno. L’amante invece tende ad attribuire alle proprie esaltazioni dell’oggetto amato un significato obiettivo e a travisarne così il valore essenziale. E spesso in ogni tratto dell’altro cerca cocciutamente una giustificazione e una conferma del suo entusiasmo casuale…».
Aggiunge inoltre: «Alla primissima delusione, la conseguenza sarà la famosa dura caduta dalle nuvole dell’esaltazione nella prosaica realtà. La povera passione amorosa, ancora agghindata, nell’ebbra felicità, da principessa tutta risplendente di lustrini, è degradata ora a una cenerentola che non viene scacciata solo a condizione che si dimostri abile e disposta alle faccende comuni della vita.
«Vita e amore divergono e si fanno l’uno all’altra tristi concessioni per poter continuare a esistere: all’amore viene concessa una breve luna di miele e dopo, in cambio, deve rassegnarsi a togliersi il vestito della festa e a mettersi modestamente in un cantuccio. Ma questa triste fine, che la persona esperta prevede con melanconica sicurezza per ogni innamorato, deriva dal fatto che all’inizio si dà troppa importanza ai lustrini dell’amore e, in seguito, si considera troppo poco che esso ha un suo vero vestito festivo e un suo vero compito».
A proposito dei lustrini sopracitati, ecco cosa viene detto in seguito: «E’ un errore sopravvalutare i lustrini, perché anche durante la piena ebbrezza amorosa durante la quale l’oggetto amato veniva apostrofato con dolci nomi e si pareva non sognare altro che lui, quei lustrini non erano, come nell’ebbrezza si tende a credere, il contenuto, la meta, il centro dello stato erotico, ma solo il suo stimolo esterno, la sua estrema periferia, e non potevano agire che indirettamente…».
La Salomè inoltre scrive che solo chi riesce a rimanere se stesso si presta alla lunga a venir amato, poiché «solo così, nella sua pienezza vitale, può simbolizzare per l’altro la vita, essere avvertito come una potenza in essa».
Che sia vero quello che afferma l’autrice nel suo saggio? Ognuno giudicherà in base alla propria esperienza. Certo è che quest’ultima osservazione fa ben riflettere: è profondamente giusto restare se stessi, pur amando con tutto se stessi.
La domanda che alcuni si potrebbero porre è se sia possibile restare completamente se stessi amando davvero qualcuno o senza volerlo un po’ si cambi sempre, adattandosi inconsapevolmente alla persona amata. E chi lo sa, dipenderà dal carattere di ognuno, non dobbiamo dimenticare che ogni storia d’amore è diversa dalle altre semplicemente perché ogni individuo è unico e quello che può essere vero per uno può risultare meno vero per un altro.
Creare armonia nelle relazioni umane, immettere energia positiva nel mondo in ogni situazione, anche in quella amorosa, volere bene al proprio compagno o compagna (e al prossimo) in maniera meno egoistica, mettendo da parte le proprie esigenze, all’occorrenza, per il bene dell’altro, è del tutto naturale. L’importante è non annullarsi trasformandosi in uno zerbino (questo, va sottolineato, non solo in un rapporto amoroso), non snaturarsi, al contrario procedere lungo il cammino della vita l’uno accanto all’altro senza sgomitarsi (e non in fila indiana). Detto questo potremmo aggiungere che l’amore non è mai solo passione ma è anche molto di più (è partecipazione, complicità, rispetto e altro).
Leggiamo a un certo punto: «Non vi è errore più grande nell’amore dell’adattarsi timorosamente l’uno all’altro e di uniformarsi a vicenda, di tutto questo sistema di infinite concessioni reciproche, che vanno bene solo per quelle persone che devono stare insieme per ragioni puramente pratiche e impersonali e si rendono più facile nel modo più razionale possibile questa necessità. E quanto più evolute e raffinate sono due persone, tanto peggiori sono le conseguenze se, per amore, l’una si innesta sull’altra, vive come parassita, invece di mettere profonde radici nel proprio terreno, affinché questo diventi un mondo per l’altra».
Succede spesso (non sempre) che quando in una coppia non c’è equilibrio e uno dei due viene fagocitato dall’altro, soffocando la propria personalità e non potendosi più esprimere, la passione si spegne e l’amore finisce.
Anche il poeta libanese Gibran nel suo libro intitolato Il profeta riferendosi in questo caso al matrimonio afferma che occorre «restare l’uno accanto all’altro ma non troppo vicini, le colonne del tempio s’ergono separate tra loro, la quercia e il cipresso non crescono l’una nell’ombra dell’altro».
La Salomé osserva infine: «Perciò non è affatto raro osservare il curioso fenomeno per cui, nel caso in cui la morte separi una coppia dopo una lunga vita d’amore apparentemente felice, chi sopravvive comincia, dopo un periodo di sincera disperazione, improvvisamente a fiorire in modo nuovo».
Pensando a ciò visualizziamo l’immagine di certe vedove soprattutto di altri tempi, le quali, dopo aver diviso l’intera esistenza con il proprio marito (un’esistenza anche serena, felice), una volta rimaste sole e aver superato il grande dolore della separazione, poi rifiorivano a nuova vita, dedicandosi alle più svariate passioni (come viaggiare o curare i propri hobby) senza dover più render conto ad alcuno.
Daniela Larentis – [email protected]
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