Il successo annunciato di TecnoNart – Di Daniela Larentis
Inaugurata sabato 6 giugno innanzi a un folto pubblico, la mostra evento animerà Sanzeno, Trento, per tutta l’estate 2015 – Commenti, foto e interviste
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Nella foto sotto il titolo, il pittoresco paese di Sanzeno, in Val di Non, Trentino, il quale ospita lo straordinario Museo retico (le sale museali ripercorrono la storia della valle, partendo dai manufatti preistorici, mostrando le testimonianze retiche e romane fino ad arrivare a quelle altomedievali) sarà animato per tutta l’estate 2015 da TecnoNart, la mostra inaugurata con successo il 6 giugno, alla presenza di un entusiasta e folto pubblico, nelle meravigliose sale e negli spazi di Casa de Gentili.
Si tratta di un evento, come abbiamo più volte ricordato, in cui tecnologia, natura e arte sono perfettamente coniugate e integrate tra loro nel rispetto dell’ambiente, della sua rappresentazione, del suo utilizzo e dei progetti ecosostenibili su di esso realizzati, compreso il reimpiego dei materiali e l’uso di prodotti a km zero.
Il progetto è organizzato dall’associazione culturale ligure Divulgarti, a cura di Loredana Trestin, in collaborazione con Barbara Cadei, e dallo studio tecnico trentino DiLegno.
E proprio alla curatrice Trestin (foto di lato) abbiamo voluto subito porgere alcune domande.
Come è nata l’idea di TecnoNart?
«Il progetto, nato dalla conoscenza di questo splendido territorio che è il Trentino e soprattutto delle persone che vivono in questo territorio, della loro mentalità, della loro sensibilità e apertura, si è sviluppato attorno a un pensiero condiviso con lo Studio Associato Dilegno di Tassullo.»
Qual è l’ideologia che anima questo ambizioso progetto?
«Tecnologia, natura e arte sono qui perfettamente coniugate e integrate tra loro nel rispetto dell’ambiente. Il progetto può quindi rappresentare un punto di partenza che teorizzi e insieme concretizzi un’etica che salvaguardi gli enti di natura, natura che va considerata, secondo il principio kantiano, come il fine e non il mezzo della tecnologia.»
Quali sono le persone su cui ha potuto contare nell’organizzarlo?
«Non avrei potuto portare a termine questo progetto se non avessi potuto contare sull’aiuto e la collaborazione della dott.ssa Barbara Cadei, la quale ha curato con me ogni piccolo dettaglio. Non avere Barbara vicino sarebbe stato come non avere la mano destra.
«Poi è stato preziosissimo l’aiuto della dott.ssa Medea Garrone, responsabile dell’ufficio stampa, la quale si è prodigata fin dall’inizio nella divulgazione e nella comunicazione dell’evento.
«Non posso non citare Anna Maria Ferrari per quanto riguarda la grafica e sottolineare ancora una volta la validissima collaborazione con l’Ing. Carlo Busetti, l’ing. Massimiliano Fellin e l’ing. Ernesto Callegari dello Studio Associato DiLegno, i quali hanno fornito il supporto tecnico.»
Arti figurative come pittura e scultura, fotografia, l’evento comprende anche altro?
«Sicuramente sì. C’è davvero molto da vedere. Si parte da un letto vegetale interamente fatto di fiori ed erba, comprese le lenzuola, dall’abito di fiori composto da 3.000 foglie stabilizzate, per arrivare alle borse in pelle di mela e di legno, e poi ai giganteschi robot realizzati interamente con materiale di riciclo.
«Sono proposti poi progetti open source di rilevanza mondiale (un esempio di simbiosi tra tecnologia, arte e natura) come il robot iCub a cura dell’IIT di Genova e i droni realizzati dal Dibris dell’Università di Genova. Inoltre, sono stati installati elementi fortemente interattivi come HOMEAIR: si tratta di una casa tra gli alberi, i cui componenti strutturali sono realizzati con materiali naturali, come il legno per le pareti e materiali di riuso, il pallet per i rivestimenti esterni.»
Quale simbolo è stato scelto per rappresentare TecnoNart?
«Come simbolo di TecnoNart, è stato scelto lo Spirito della Casa, opera di Michele Filippi e Viviana Puecher che il Comune di Dambel, proprietario dell’opera, espone presso la mostra per tutto il periodo dell’evento».
Chi sono gli artisti in mostra?
«Gli artisti sono trenta, di fama nazionale e internazionale. Fra loro i trentini Stefano Benedetti, Matteo Boato, Buca (Carlo Busetti), Carlo Devigili, Bruno Lucchi, Giovanna Maffei, Memo Art, Marco Paseri, Viviana Puecher, Maria Giovanna Speranza; gli altri sono: Fabio Bix, Franco Borio, Gianni Depaoli, Giorgio Gatto, Andrea Esposito, Labanzky, Mauro Liotto, Veronique Massenet, Luca Moretto, Paola Nizzoli Desiderato, Tomas Novak, Paolo Lorenzo Parisi, Cosimo Pesare, Rita Pierangelo, Emanuela Ragusa, Massimo Ruiu, Claudio Sireci, Luca Sireci, Gianluigi Sosio, Ernesto Massimo Sossi, Anna Zorzi».
Ci sono degli espositori coinvolti nel progetto artistico, quanti sono?
«Le aziende selezionate sono anch’esse protagoniste di questo evento con i loro prodotti che le rappresentano: ci sono oggetti di design, prodotti del territorio, complementi d’arredo. Gli espositori locali sono sedici e precisamente: Anemos Doma (TN), Contract Luce e Design (TN), Corazzolla (TN), Dilegnocreations (TN), Esperia (TN), Hera art & luxury (BZ), Fait (TN), Laboratorio d'Arte Marinelli (TN), LaTecnica (TN), Ruatti Claudio Falegnameria (TN), Sidreria Trentina (TN), Tondingroup (TN), Tonini Falegnameria (TN), Tolotti (TN), Valentini (TN), Win Sport (TN)».
L’evento da chi è patrocinato?
«L’evento gode di patrocini e collaborazioni di enti di ampio rilievo locale, nazionale e internazionale, quali, ad esempio: Muse (Museo delle Scienze di Trento), Azienda per il Tursimo Val di Non (APT), Comune di Sanzeno, BIM dell’Adige, Fondazione Labò, Melinda, IIT (Istituto Italiano di Tecnologia), Associazione artigiani del Trentino, Habitech e Università di Genova».
La commissione scientifica da chi è composta?
«La commissione è composta da rappresentanti sia dell’ambito artistico-culturale sia dell’ambito scientifico e ha avuto il compito di selezionare in modo rigoroso partecipanti e opere.
ROCCO ANTONUCCI (docente di Storia del design, Prof. Unige e Iuav) LUCIA BARISON (Coordinamento Centro Culturale d’Anaunia Casa de Gentili a Sanzeno) MARCO BENVENUTI (Assessore alla Cultura del Comune di Tassullo) MAURO CONCIATORI (architetto, regista e filmaker) LAURA CRETTI (Assessore alla Cultura della Comunità della Val di Non) sono i rappresentanti dell’ambito artistico-culturale; MICHELE LANZINGER (geologo, Direttore del Museo delle Scienze- MUSE di Trento)-GIORGIO METTA (ingegnere, Prof.Unige, Prof.Università di Plymouth (UK) e Direttore dell'iCub Facility presso l'IIT) GIANNI VERCELLI (ingegnere, Prof.Unige presso Dist e Dibris) sono invece i rappresentanti dell’ambito scientifico».
Oltre all’esposizione in calendario sono previsti altri eventi ad essa collegati. Di che cosa si tratta?
«TecnoNart infatti non si esaurisce nella sola esposizione, sono stati programmati diversi eventi: dalle performance artistiche al ciclo di convegni (condotti da esperti dei settori della tecnologia, dell’industria e dell’economia green), l’offerta culturale si presenta quindi ricca e diversificata».
Diventerà un appuntamento fieristico biennale?
«Io auspico che ciò possa succedere, l’inaugurazione è già stata un successo. Spero che le aziende del territorio, le istituzioni possano cogliere questa opportunità e quindi ritentare questo appuntamento».
Arti figurative, pittura, scultura e fotografia. Come è stato già evidenziato dalla curatrice Loredana Trestin, TecnoNart offre questo ed altro: attraversando il giardino una vera e propria casa sugli alberi (nella foto sopra l'esterno, nella foto sotto l'interno) attira l’attenzione del visitatore. Ideata da un pool di progettisti (l’arch. Mirko Franzoso, l’ing. Albino Angeli, l’ing. Carlo Busetti, l’ing. Ernesto Callegari, l’Ing. Massimiliano Fellin) e prodotta dalla Legno Dolomiti Group, la casa sugli alberi, grazie al sistema costruttivo completamente a secco, non lascia traccia della sua esistenza una volta smontata, coniugando quindi gli aspetti della sostenibilità ambientale con il piacere del vivere a stretto contatto con la natura.
Abbiamo colto l’occasione per raccogliere alcune informazioni parlando direttamente con uno dei progettisti, l’arch. Mirko Franzoso, il quale ci ha raccontato come il progetto sia nato dall’idea di offrire una soluzione abitativa che offrisse l’emozione di vivere a stretto contatto con la natura, osservando l’ambiente da un punto di vista differente dal solito.
«Abbiamo voluto puntare sia sulla sostenibilità che sulla facilità di riproduzione, sulla riproducibilità del modulo e sulla sua espansione – racconta, facendo presente che queste abitazioni possono essere collocate in vari contesti, sia in ambientazioni marine che in montagna, nei boschi ecc. – Il montaggio è piuttosto rapido, i moduli possono essere aggregati a gruppi.
«Il modulo più piccolo è dedicato alla zona benessere (è qui che c’è il bagno), mentre l’altro può essere utilizzato in vari modi, come zona relax e zona letto (i due moduli sono comunicanti da un raccordo, un giunto particolare che dà la possibilità di adattarsi in pendenza).
«La sensazione, abitandoli, sarà quella di essere immersi nell’ambiente naturale, tuttavia riparati e accolti dalla struttura.»
Percorrendo poi le sale espositive, immaginando l’emozione di addormentarsi nel bel mezzo di un bosco, separati dagli alberi che ci circondano solo da sottili mura in legno e una spettacolare vetrata che sembra essa stessa un quadro, raccogliamo qua e là la testimonianza di alcuni degli artisti presenti.
Ci facciamo catturare dall’energia sprigionata dalle poetiche sculture di Veronique Massenet, ci sembra di percepire tutta la forza vitale di quegli stessi alberi da cui hanno preso vita le meravigliose opere in legno esposte, non massicce sculture ma creazioni ricavate da tronchi d’albero che si aprono armoniosamente, dando l’impressione di torcersi e salire verso il cielo, procurando pura emozione.
L’artista ci svela come le sue opere nascano dai tronchi d’albero (abeti, larici, olivi, pini e molte altre specie, a seconda di ciò che trova) che poi lavora solamente con sgorbie e scalpelli: «la motosega la uso solo per tagliare il tronco» ci racconta.
Veronique Massenet.
Piacevolmente sorpresi davanti alla perfezione e al realismo delle creazioni in cere vergini d’api di Paola Nizzoli, la scultrice ceroplasta famosa per le sue stupefacenti opere (frutti, ortaggi, oggetti ed elementi di varia natura), la quale ha al suo attivo prestigiosissime esposizioni e premi (una sua opera sulla biodiversità è esposta permanentemente al MUSE, il museo della scienza di Trento, tanto per fare un piccolo esempio), chiediamo all’artista di spiegarci come utilizza questa tecnica molto complessa che permette infinite riproduzioni del reale.
«Grazie alla ceroplastica, trasformo la realtà in finzione per rappresentare la realtà, non come invenzione, ma come documento, l’identità della natura nell’esattezza della riproduzione, non dell’imitazione sono due le strade che percorro: quella scientifica e quella artistica» – aggiunge, raccontandoci, a proposito del suo percorso artistico, di aver realizzato da poco un’installazione di grandi dimensioni a Palazzo Martinengo, Brescia, per una mostra importante intitolata «Il cibo nell’arte, capolavori dei grandi maestri dal Seicento a Warhol», per la quale ha creato dei soggetti che rappresentavano la dieta mediterranea, a partire dalla frutta e la verdura fino ad arrivare alla carne, ai pesci e ai dolci.
A proposito del messaggio trasmesso dall’opera in mostra, Paola Nizzoli (foto sopra) precisa così.
«Il messaggio che ho voluto trasmettere è che gli scarti sono preziosi, oggi non possiamo più buttare via con facilità senza, lo scarto poi può essere trasformato in biogomma, come nel caso di questo bicchiere che vedete, il quale può essere addirittura mangiato. Le mie opere testimoniano poi la biodiversità, anche questo un messaggio importante.»
La biogomma è oggi una realtà e viene creata utilizzando gli scarti vegetali, è un materiale versatile che può essere usato negli imballaggi alimentari e non solo.
Cosimo Pesare (foto qui sopra) è in mostra con l’opera intitolata «Nekro Hard Disk 2.0.2».
È lui stesso a spiegarci: «Ho voluto far presente i rischi della tecnica. Posso dare delle linee guida, non spiegare esattamente l’opera, posso dire che è una tappa di un progetto molto più ampio, Avis Sapiens.
«C’è alla base la volontà e la possibilità di ritornare alla natura, recuperando gli istinti naturali, tanto che io mi definisco un funzionario della specie.
«Siamo tutti funzionari della specie ma ce lo dimentichiamo. L’opera sta a indicare che la tecnica va oltre quello che è la natura umana e che è poco controllabile.
«Gli hard disk sono un po’ la nostra memoria, vi conserviamo fotografie, anni di ricordi, di vita, sono un po’ il nostro alter ego e possono rompersi, andare distrutti.
«L’Hard Disk assume l’aspetto di un non luogo, una specie di wunderkammer virtuale dove l’individuo nella pratica della memorizzazione dei file, in un rapporto spazio-tempo sovvertito, trova rifugio rivivendo in tempo reale parti della propria esistenza in una totale possibile evanescenza.»
Claudio Sireci (foto qui sopra) è un artista di Viterbo che conosce molto bene il Trentino. In mostra è presente con l’opera «Fly, la leggerezza della libertà – leggero come l’alluminio».
In questa opera ha voluto fare una associazione: la leggerezza delle farfalle, simbolo di libertà, la cui vita è notoriamente breve, alla leggerezza dell’alluminio, un materiale recuperabile.
Gli chiediamo come mai abbia scelto proprio l’alluminio e lui sottolinea così.
«È estremamente utilizzabile in tutti i settori, pesa un terzo dell’acciaio. Può essere forgiato, modellato, laminato fino ad ottenere un foglio sottilissimo.
«È facilmente riciclabile, con un costo energetico pari ad un ventesimo di quello necessario per la sua fusione.»
Aggiunge poi: «La leggerezza è una caratteristica che ha reso l’alluminio uno dei materiali più usati a livello mondiale nei settori produttivo e dei trasporti.
«La leggerezza di questo materiale non è solo una proprietà fisica, ha mille altre declinazioni, riflesse nella sfera emozionale e psichica dell’uomo e altresì nel suo universo metaforico e creativo.
«La leggerezza dell’alluminio ispira altre leggerezze, dell’essere e del sentire, nell’immaginazione e nella realtà. Ecco quindi l’associazione: le farfalle, leggere nel volo, leggerezza che richiama la loro breve ma intensa vita a cui la natura le destina.»
Chiediamo a Pierangelo Rita (foto qui sopra), artista presente con più opere, un’installazione collocata all’esterno che rappresenta l’involuzione della specie, un quadro in sala che rappresenta una donna con la testa di animale, quale sia il significato della sua performance, intitolata Tecnologia, una schiava superba».
Ci spiega: «In principio c’erano la terra, gli elementi e l’armonia. L’uomo è stato creato da questi i quali lo hanno nutrito e omaggiato con i loro doni.
«La natura sa di essere madre gentile così come l’uomo è in grado di essere un figlio prodigo. Ma la forza, la tecnologia, lo sviluppo e l’ambizione dell’essere eterni nel tempo hanno reso l’uomo superbo e prevaricatore, egli si impone sulla natura, ne sfrutta smodatamente i doni fino a sperare di usurparne il trono. Solo la consapevolezza che ciò che è stato creato dalla natura può essere distrutto dalla natura stessa ha aperto gli occhi all’uomo.
«Egli non può essere eterno, non può essere immortale, non può essere onnipotente. L’uomo è il servo privilegiato della natura e mai ne sarà il re. Questo è l’equilibrio, questa è l’armonia, questa è la via di sopravvivenza del genere umano in simbiosi tra natura e tecnologia.»
Mauro Liotto è presente con un’installazione senza titolo che rappresenta emblematicamente un invito a non sfruttare eccessivamente la natura, poiché prima o poi si ribellerà alla scelleratezza dell’uomo.
«Quello che noi lasciamo – rimarca, – lo lasciamo ai nostri figli e ai figli dei nostri figli.»
Incontriamo Ernesto Massimo Sossi (foto qui sopra), un artista eclettico (architetto, fotografo, storico della tecnica della fotografia, studioso di etnologia e antropologia, appassionato di riti di passaggio) presente con un’installazione composta da due parallelepipedi sui quali sono fissate otto tavole, otto stazioni, intitolata «Ecce homo, burattini, bamboline e altre storie».
È quindi un’opera unica formata da due blocchi, girando attorno ai quali si sviluppa un sogno, una storia in parte autobiografica, in parte collegata alla condizione umana, alla violenza sulle donne ma non solo.
Sossi a questo proposito spiega: «Ci sono tanti tipi di violenza celati dietro le mura domestiche, tante volte si sentono delle storie che mai si immaginerebbero, dietro alla facciata di una bella famiglia».
Andrea Esposito.
La scultura di Andrea Esposito intitolata «Distopia» ha un preciso significato che lo stesso artista così descrive: «La distopia è il contrario dell’utopia, qui intesa come una sorta di nonsistema che destabilizza le persone attraverso la diffusione di messaggi che trasmettono la paura, il terrore, soprattutto da parte indiretta dei media (giornali e telegiornali).
«I due libri sono il Corano e la Bibbia, all’interno di essi ci sono concetti positivi che se non distorti possono illuminare una persona.»
L’installazione di Viviana Puecher e Maria Giovanna Speranza (insieme nella foto qui sopra) affrontano il tema della salvaguardia della natura e degli animali.
Le stesse artiste così parlano del significato della loro opera: «Il significato dell'opera è la necessità di protezione della natura e del regno animale, da parte dell'uomo, inteso non nel senso di bisogno di protezione in quanto debole rispetto all'uomo, ma in quanto invasi da questa forma di vita così intelligente, da distruggere lentamente il pianeta sul quale vive.
«L'unico animaletto di colore diverso presente nell'installazione rappresenta sì il pericolo di estinzione di molte specie a rischio, ma anche l'urgenza di agire diversamente per la salvaguardia della Terra.»
Lungo il percorso espositivo rimaniamo affascinati da un’opera di Matteo Boato intitolata «Quasi presto»: si tratta di un video realizzato da Stefano Benedetti, un volo virtuale sopra una Riva del Garda dipinta dall’artista che conduce in un contesto urbano via via tridimensionale, dove gli individui sono strumenti musicali, sono colori e note.
I rumori si fanno suoni più definiti e in questo avvicinamento il lavoro pittorico (la piazza e i violoncelli) prende vita come racconto musicale: le note di Gianmaria Stelzer dialogano con la gestualità di Boato dando sostanza a un breve concerto istintuale ed espressivo.
Troviamo estremamente poetico il volo di un «Dedalo», meravigliosa opera dello scultore trentino Bruno Lucchi, il quale ce ne svela il significato: «Quest’opera nasce dopo l’incidente aereo del marzo scorso avvenuto in Germania (che ha causato la morte di centocinquanta persone) ed esprime l’idea del volo che l’uomo ha sempre avuto e sintetizza il rapporto fra la tecnica legata alla natura, arte e ambiente».
«BuCa» e l'ing. Volcan.
Come avevamo già annunciato, in mostra sono presenti le ultime creazioni di BUCA: un’opera particolare retroilluminata intitolata BUCALUX, un’applicazione dell’arte digitale a un contenitore in legno di forma cubica (dallo sviluppo sia verticale che orizzontale), e la BUCABAG in varie versioni: si tratta di una creazione artistica il cui supporto non è carta né tela e nemmeno il pannello di alluminio o alucobond a cui Carlo Busetti ci aveva abituati, ma la pelle di una borsa che diventa opera.
Fiore all’occhiello un’altra BUCABAG che vede l’impego di un materiale ecologico innovativo, la «pelle mela», inventata da un imprenditore, l’ing. Albert Volcan, un ricercatore, costruttore, progettista concreto ma anche un creativo, al quale sta particolarmente a cuore la salvaguardia dell’ambiente (inventore anche della «cartamela», una carta ecologica riciclata dalle mele).
Dedicheremo a lui e alle sue invenzioni uno dei nostri prossimi articoli.
Daniela Larentis – [email protected]
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