Matteo Boato, fra poco a TecnoNart – Di Daniela Larentis
L’artista sarà presente alla mostra-evento che si terrà in giugno a Sanzeno, Trento, con l’opera intitolata «Quasi Presto»
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Matteo Boato, artista di fama nazionale e internazionale, parteciperà a TecnoNart, la mostra curata da Loredana Trestin in cui verrà rappresentata tecnologia, natura e arte perfettamente coniugate e integrate tra loro nel rispetto dell’ambiente, un’esposizione che verrà inaugurata in Val di Non, a Sanzeno, Trento, il prossimo 6 giugno e che resterà aperta al pubblico tutta l’estate 2015.
Sarà presente con un’opera particolare di grande suggestione intitolata «Quasi presto»: si tratta di un video realizzato da Stefano Benedetti, un volo virtuale sopra una Riva del Garda dipinta dall’artista che conduce in un contesto urbano via via tridimensionale, dove gli individui sono strumenti musicali, sono colori e note.
I rumori si fanno suoni più definiti e in questo avvicinamento il lavoro pittorico (la piazza e i violoncelli) prende vita come racconto musicale: le note di Gianmaria Stelzer dialogano con la gestualità di Boato dando sostanza a un breve concerto istintuale ed espressivo.
Il rapporto sinestetico tra musica e pittura, tra note e colori, caratterizza il lavoro di Matteo Boato, ed è fondamentale nella lettura in quest’opera video e, più in origine, nell’interpretazione dei dipinti coinvolti.
A tal riguardo, Matteo Boato sottolinea così.
«Le combinazioni cromatiche (non didascalicamente espresse nel video) dove nello specifico il colore rosso è associato alla nota la, l’arancio al sì, il giallo al do, il verde al re, l’azzurro al mi, il blu/indaco al fa, il viola al sol, il bianco e il nero a pause musicali, si ancorano direttamente a esperienze professionali di natura e ambito differenti.»
Nel Novecento, compositori come il celebre Claude Debussy, ritenuto uno dei più grandi protagonisti del simbolismo musicale, tanto per fare un esempio, avevano accennato alla possibilità di mettere in relazione suono e colori.
Il grande compositore francese Olivier Messiaen, scomparso nei primi anni Novanta del Novecento, affermava che «il colore è lo spazio visuale della musica», un concetto che Matteo Boato ha fatto suo, ritenendo che ci sia corrispondenza fra insiemi di colori e accordi musicali, non solo colori isolati sarebbero quindi in rapporto a suoni isolati.
In attesa di lasciarci coinvolgere dalla suggestione di quest’opera-video, approfittiamo dell’occasione per farci raccontare qualche particolare relativo all’ultima mostra allestita oltre confine, presso la «Galeria Progresa», una prestigiosa galleria privata a forte partecipazione pubblica, a Kirov, una città della Russia europea nordorientale dalla quale l’artista è da poco tornato, dopo il recente successo già ottenuto sia presso il prestigioso Museo dell'Arte e dell'Architettura di Nižnij Novgorod che presso il Cremlino della stessa città, e in occasione di altre felici esposizioni in terra russa.
Quando si è recato a Kirov e per quanto tempo si è trattenuto là, in occasione della mostra?
«Sono andato a Kirov un paio di mesi fa e sono rimasto là le ultime due settimane di marzo.»
Ci può dare qualche breve informazione su questa città russa?
«Kirov è una collocata alle porte della Siberia. E’ piuttosto grande, ha circa cinquecentomila abitanti. Un tempo era considerata una città di confine, in quanto a Kirov vi era l’ultimo carcere dal quale partivano coloro che erano poi destinati ai lavori forzati.
«Geograficamente è collocata sopra gli Urali, a nord est rispetto a Mosca. Fa molto freddo quasi tutto l’anno così a mio avviso hanno colorato edifici particolari e soprattutto le chiese per dare vitalità e importanza ai siti.
«Ho avuto occasione di girare oltre alla città anche paesi lontani dalle vie di comunicazione, alle porte della Siberia; ho visto il fiume Vjatka, il Volga, completamente gelato. Per pescare lassù bucano il ghiaccio come fanno gli eschimesi, tanto per dare l’idea del tipo di paesaggio.»
Qual è l’atteggiamento degli abitanti di Kirov nei confronti dell’arte, qual è stata la sua percezione in tal senso?
«Loro sono molto ospitali, intensi, colorati nell'intimo e molto attenti, molto aperti all’arte in generale, sia all’arte visiva che musicale. Ho avuto modo, in occasione dell’inaugurazione, di suonare la chitarra classica per più di mezz'ora di fronte a un pubblico estremamente silenzioso e attento, più di centocinquanta persone che erano oltretutto in piedi.»
L’inaugurazione ha ottenuto un lusinghiero riscontro: ha partecipato ad altri eventi legati alla mostra nel suo soggiorno a Kirov?
«Sì, sono stato ospite in vari istituti scolastici dove erano stati pianificati degli incontri, poi all’università dove sono stati organizzati alcuni interventi; in una lezione pubblica, in particolare, sono stato invitato a tenere banco per ben due ore di fronte a un centinaio di persone.
«Ho presentato le Case danzanti, erano con me la gallerista di Nižnij Novgorod, Maria Bogdanova, e Liudmila Seraya, coordinatrice del precedente progetto, le quali si sono divise i compiti (durante la conferenza traduceva dal russo all’inglese la Bogdanova).»
I vari appuntamenti collegati alla mostra erano stati preparati in ogni minimo dettaglio o ha dovuto anche improvvisare?
«Pur avendo qualche informazione sul tipo di pubblico presente, ho decisamente dovuto improvvisare, come succede spesso, adattando la lezione ai supporti esistenti, alle aspettative e agli stimoli degli studenti.
«Loro hanno un percorso educativo molto classico e nel college universitario, per esempio, si sono piacevolmente sorpresi quando, forbici, colori e pennelli alla mano, in diretta, ho dimostrato ciò che stavo spiegando, tagliando pennelli e svuotando tubi di colore sulla tela bianca.
«La sorpresa non consisteva nella lezione pratica ma nella tecnica molto materica e mai, da loro, sperimentata e nel punto di vista diverso dall'arte classica.
«È stato molto emozionante perché gli studenti si sono appassionati alle lezioni, tanto che molti di loro sono poi venuti all’inaugurazione della mostra, partecipando a tutti gli appuntamenti collaterali».
Daniela Larentis - [email protected]
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