Capolavori a Vicenza, Basilica Palladiana – Di Daniela Larentis
La mostra intitolata «Tutankhamon Caravaggio Van Gogh - La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento» è visitabile fino al 2 giugno 2015
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A Vicenza è aperta al pubblico, da molti mesi ormai, una straordinaria mostra curata da Marco Goldin, dal titolo «Tutankhamon Caravaggio Van Gogh - La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento».
Inaugurata il 24 dicembre 2014, la prestigiosa esposizione ospita fino al 2 giugno 2015 nelle suggestive sale della Basilica Palladiana, simbolo di Vicenza, oltre cento capolavori dell’arte provenienti da musei e collezioni private di tutto il mondo.
Recarsi a vederla potrebbe essere anche l’occasione per chi venisse da fuori regione di trascorrere una piacevole giornata in una incantevole città che tanto ha da offrire al visitatore (compreso l’assaggio del baccalà nei ristoranti tipici del centro e non solo).
Vicenza è una città facilmente raggiungibile sia in treno che in auto (essendo la Basilica Palladiana in una zona della città a traffico limitato, è consigliabile parcheggiare la macchina in uno dei parcheggi del centro).
Scrive il curatore della mostra: «Ho sempre pensato che l’arte sia il racconto della vita. Non mi sono mai sottratto a questa forza che mi conduce, né ho mai considerato di oppormi a essa.
«Ho sempre immaginato come una cosa inutile il fare resistenza alla vita che scorre e fluisce. A volte ti frusta violentemente, ma altre volte ti consegna la felicità più piena. Così il progetto di questa mostra, una volta di più, nasce dal contatto, e dallo sfregamento ruvidissimo, proprio con la vita.
«Nasce dal desiderio di raccontare in altro modo qualcosa che è accaduto. Un’assenza, una mancanza. Pensando a come la notte, il suo spazio soprattutto, raccolga ogni volto, e ogni cosa, in una dispersione che ci fa partecipare – corpo e anima – di quello stesso spazio.
«Questo progetto si è via via venuto modificando, fino ad assumere i contorni che adesso ha. E si è modificato anche mentre già vi lavoravo assiduamente. Come sempre mi accade. Nelle ore e nei giorni, nei pensieri che vi dedicavo.
«E si è in qualcosa modificato poiché sentivo il bisogno che aderisse fino in fondo alla mia vita, alla vita di chi desidera fare un’altra volta il racconto attraverso la pittura. Ho smesso da tempo di interrogarmi sul fatto se sia o non sia giusto, questo racconto dei sentimenti attraverso la pittura.
«Lo faccio perché a me sembra una cosa buona e certamente io così la sento. Una cosa che vorrebbe toccare, quanto più vicino possibile, il senso della verità. La verità d’ognuno, che pur a brandelli capita di percepire, e non ovviamente l’impossibile assoluto della verità.
«Solo ragionare sulle umane misure, quelle che ci toccano, ci feriscono e ci prendono in una luce di festa. Volevo raccontare una perdita, che si avvicinava e che infine è avvenuta.
«E volevo farlo evocando i colori della notte, nella luce del crepuscolo, di una prima sera che viene. Mi sembrava bello poter chiamare accanto a me tanti artisti che nella notte si erano perduti, dipingendo.
«E costruire così una storia dei notturni, nelle diverse loro motivazioni stilistiche e di sentimento, ma pur sempre una storia che al suo centro avesse la sublime dilatazione dello spazio, il nostro perderci in esso.
«Così come nello spazio si perde, svaporando, chi si congeda e vive fino in fondo, a noi sconosciuta, l’esperienza della notte stessa. La notte dunque non solo come luogo del paesaggio, ma anche, e chissà se di più, come esperienza psicologica…».
Queste le parole di Marco Goldin, il quale invita i visitatori a iniziare questo viaggio con lui, attraverso la visione delle centoquindici spettacolari opere in mostra, da noi assaporate dalla prima all’ultima lungo l’emozionante percorso espositivo, partendo dalla prima sezione nella quale, attraverso sculture e diversi oggetti provenienti dalle collezioni del Museum of Fine Arts di Boston (una delle più notevoli collezioni al mondo del settore) viene sapientemente ricostruita l’idea che della notte avevano gli Egizi.
Nella seconda sezione viene invece rappresentata in particolar modo la vita di Cristo, nei momenti della sera e della notte: dall’adorazione dei pastori fino all’orazione nell’orto, alla salita del Calvario, alla crocifissione, in una successione di dipinti tra fine Quattrocento e Novecento.
Si possono qui ammirare i capolavori di Giorgione e Tiziano ma anche le opere dello spagnolo López García (fine XX sec.), si osserva l’incanto di dipinti da Veronese a Palma il Vecchio, da Tintoretto a El Greco, da Guercino a Carracci solo per citare alcuni nomi famosi. Si rimane ammutoliti di fronte ai vari san Francesco, dipinti da grandi artisti quali Caravaggio (suo lo straordinario «San Francesco in meditazione», 1595 Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini e lo stupefacente dipinto intitolato «L’estasi di San Francesco d’Assisi», 1594 circa, Hartford, Wadsworth Atheneum Museum of Art).
Colpiscono particolarmente la nostra attenzione gli anacoreti di un grande pittore contemporaneo, Zoran Music, il celebre artista sloveno deportato nel 1944 nel campo di concentramento di Dachau, morto una decina di anni fa.
La terza sezione è dedicata ai capolavori ottocenteschi di pittori come Turner, Friedrich, Millet, Vincent van Gogh (bellissimo il suo dipinto intiolato «Autunno, paesaggio al crepuscolo», 1885, Utrecht, Central Museum), Monet (straordinarie le sue marine, a noi è tanto piaciuto il dipinto «Marina verso sera, Le Havre», 1866 circa).
Un sentimento, quello della sera, che viene interpretato anche da artisti americani di grande talento, come Allston, Cole, Lane, Homer ecc.
Di grande suggestione l’opera di Andrew Wyeth intitolata «Plenilunio», 1975, appartenente a una collezione privata.
La quarta sezione riguarda sedici opere, capolavori di due grandi incisori del Seicento e Settecento: Rembrandt e Piranesi, mentre la quinta sezione è dedicata ad alcune grandi opere del Novecento, iniziando però da Klee, Hopper e Nolde.
Qui troviamo quadri del grande astrattista Rothko, ma anche una toccante opera di Wyeth intitolata «Il riflesso della luna», 1986, quadri di Antonio López García e di Piero Guccione, solo per citarne alcuni.
La sesta sezione offre dei capolavori meravigliosi e «vuole restituire il senso finale dell’esposizione, legandolo alla storia dell’uomo dentro le luci serali e notturne».
Troviamo straordinari dipinti di Caravaggio, di Luca Giordano, di Paul Cézanne, di Francis Bacon, di Gauguin (sua la donna tahitiana ammantata dal colore rosso del tramonto tropicale, «Donna di Tahiti», 1898), di Vincent van Gogh (lascia senza parole il suo celebre dipinto, Sentiero di notte in Provenza).
Una mostra, questa, che tocca nel profondo e che non delude certo le aspettative del visitatore.
Allontanandoci dalla Basilica Palladiana con il vivido ricordo delle eccezionali opere ammirate, a noi torna in mente una tanto stupenda quanto famosa e breve poesia del Quasimodo, intitolata «Ed è subito sera».
Ed è subito sera, di Salvatore Quasimodo
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
Daniela Larentis – [email protected]
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