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Luca Moretto e le sue gioiose creazioni – Di Daniela Larentis

L’artista parteciperà a TecnoNart, la mostra-evento che si terrà a Sanzeno, Trento, nel periodo giugno-settembre 2015

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Luca Moretto, artista veneto conosciuto sia in Italia che all’estero, sarà presente a TecnoNart, l’evento in cui verranno rappresentate tecnologia, natura e arte perfettamente coniugate e integrate tra loro, una mostra che verrà inaugurata a breve (giugno) nell’affascinante location di Sanzeno, Trento, e che rimarrà aperta al pubblico fino a settembre 2015.
Due parole su questo artista nato a Jesolo nel 1976, il quale dopo aver frequentato l’Istituto Statale d’Arte I.S.A. di Venezia, ed essersi dedicato al lavoro di laboratorio e di oreficeria, entra nella «scuola della vita», realizzando la sua prima creazione a soli 18 anni con l’aiuto di sua madre, un golf in cotone in cui si profila il tema della campitura cromatica che sarà presente in molte opere.
Inizialmente svolge lavori che non hanno nulla a che spartire con l’arte, tuttavia la sua creatività lo porta a realizzare oggetti di uso quotidiano, ristruttura la sua camera da letto eseguendo mosaici con pezzi di piastrelle, e a 20 anni dipinge la sua prima «Vespa 50», secondo i canoni di una personalissima PopArt.
Segue poi un corso d’arredamento e decorazioni d’interni, nell’attesa che si compia il suo destino, quello di diventare un artista conosciuto e apprezzato.
Un incidente stradale gli stravolge la vita. A causa dell’amputazione di una gamba diviene vittima di un incessante dolore che mai lo abbandona, soffre di quella che viene definita «sindrome dell’arto fantasma» (la sensazione dolorosa della persistenza di un arto dopo l’amputazione), tuttavia questo tragico evento fa nascere in lui un forte desiderio di riscatto, si iscrive a un corso di pittura, acquistando una maggior padronanza delle varie tecniche, e la voglia di reagire lo spinge a tirare fuori il meglio di sé, a lasciar emergere la sua grande creatività, a esprimere la propria personalità gioiosa attraverso l’arte.
 

 
Un’arte che, potremmo dire, nasce certo dal dolore ma poi lo supera, andando oltre e attingendo al suo mondo interiore.
Luca Moretto attraverso le sue creazioni ci esorta a guardare il bicchiere mezzo pieno, a gioire delle piccole cose, a osservare il mondo con ottimismo, nonostante le prove che la vita riserva a tutti noi.
La sua forza d’animo, la sua incontenibile gioia di vivere, nonostante la sofferenza che lo accompagna e che lo costringe a condurre una vita «difficile», unitamente alla sua tenacia e alla sua grande vena creativa, sono il suo punto di forza, ciò che lui riesce a trasmettere attraverso le sue variopinte opere, emozionando inconsapevolmente l’osservatore che si sente attratto da quelle forme e da quei colori tanto da volerli «toccare con mano».
Il suo percorso artistico parte in modo tradizionale, lui dapprima sperimenta le tecniche dell’olio e dell’acrilico, passando poi all’uso di materiali innovativi come il silicone e il carbonio (tra i suoi sponsor figurano nomi eccellenti come Mungo Italia e Saratoga Sforza spa).
Lui reinventa gli oggetti, dà loro nuova vita, così la sua lampada Marylin di Staygreen, la sua Vespa Venice, la sua Bugatti, e tutte le sue meravigliose creazioni diventano icone della modernità, rappresentano i sogni di bambini celati dentro a corpi divenuti ormai adulti.
 

 
Moltissime sono le esposizioni e i riconoscimenti ottenuti in questi anni di impegno artistico, vogliamo citare solamente un paio di prestigiosi eventi, come FUORISALONE, Milano, 2011, «Installazione radici avventizie» (composta da «Vespa Venice», «Murrina Pop», «Radici Silicoavventizie»), l’esposizione dell’opera «Vespa Venice» alla 54ª Edizione della Biennale di Venezia Padiglione Italia, Torino, e aggiungiamo l’esposizione permanente al Museo Piaggio «Giovanni Alberto Agnelli» (Pontedera, Pisa), ma ha esposto opere anche all’estero, in particolar modo nel Principato di Monaco e in Cina.
Ricordiamo inoltre che nel 2014 una sua opera è stata battuta al prezzo più alto ad un’asta d’arte presso Spazio Tadini a Milano (Basezero, casa d’aste Voghera), altre due nel 2015, mentre ora lui, dopo altre esposizioni, è impegnato sempre a Milano all’evento Fuorisalone 2015, a Spazio Tadini, fino alla fine di maggio.
 

 
Abbiamo avuto il piacere di conoscerlo e di porgergli alcune domande.

Quando è nata la passione per l’arte?
«È iniziata verso i 13-14 anni. Ebbi l’occasione di ammirare i quadri astratti di un artista del mio paese e rimasi colpito particolarmente dai suoi lavori, tanto che nacque proprio allora in me la voglia di avvicinarmi a quel mondo.»
 
Come definirebbe l’arte contemporanea?
«È difficile definire l’arte contemporanea, genericamente si intende quel tipo d’arte che partendo da un certo periodo, più o meno dagli anni ’60, arriva fino ai giorni nostri, un’arte legata a certi temi che parla del presente.
«L’arte, che sia definita in un modo o meno, ha comunque la funzione di emozionare. Il mio tipo d’arte nasce dalla mia personale esperienza di dolore e parla però di me, non tanto del mio dolore ma di come è possibile superarlo.»
 
Quali sono gli artisti che hanno maggiormente influenzato il suo lavoro?
«Mi piace molto Gaudì, le sue piazze, le sue case, i suoi giardini dalle forme fantasiose e dai colori sgargianti.
«Mi sono ispirato al suo modo di fare arte, agli elementi decorativi con ceramica, pezzetti di piastrelle e mosaici colorati che donano alle sue creazioni un aspetto del tutto surreale, ho però elaborato un mio personale modo di comporre i mosaici.
«Mi sono anche riconosciuto nei lavori di Albers e Mondrian, a Davide Nido, al quale mi sento molto vicino.»
 
Quali sono i soggetti da cui trae maggior ispirazione?
«In assoluto non ci sono soggetti precisi, potrei dire che fino ad ora sono stato particolarmente attratto dalle auto, dalle moto e dai progetti di design.
«Mi piacerebbe poter collaborare con una casa automobilistica per realizzare un progetto artistico anche su un’automobile, vorrei portare avanti il progetto di Vespa Venice lavorando anche sulla nuova Vespa 946.»
 
Lei a seguito del grave incidente che ha subito ha dovuto affrontare una prova difficile, l’amputazione di una gamba, quanto questo accadimento ha cambiato la sua vita?
«Ha cambiato la mia vita completamente. A seguito dell’amputazione di una gamba avvenuta a causa di un incidente stradale, soffro da 15 anni della sindrome dell’arto fantasma, ciò vuol dire che devo convivere con un dolore terribile.
«Sono diventato un artista proprio a causa della sofferenza che ho provato, non potevo più condurre la vita di prima, e avevo una gran voglia di reagire. L’ho fatto, l’arte mi ha insegnato che nulla è impossibile.»
 
Secondo lei si nasce artisti o si diventa e che cosa vuol dire essere artisti?
«Si nasce. Puoi diventare bravo e perfezionarti, ma devi avere dentro l’inclinazione artistica. Essere artisti per me significa saper comunicare, avere la capacità di arrivare al cuore delle persone.»
 

 
Se lei ipoteticamente non fosse un artista cosa le sarebbe piaciuto diventare?
«Da ragazzino amavo arrangiarmi e avevo una gran voglia di imparare, di conoscere, di capire, non sognavo di diventare qualcosa di preciso, ero aperto a molte possibilità.
«Forse sarei potuto diventare un agente di commercio o qualsiasi altra cosa, chissà, ero molto portato alla relazione umana, poi l’incidente ha cambiato tutto e sono diventato un artista.»
 
Qual è la tecnica che preferisce utilizzare e perché?
«Il silicone, un materiale industriale molto piacevole al tatto e molto resistente, e il carbonio, utilizzato nel mondo delle case automobilistiche. Ambedue mi affascinano e mi permettono di esprimere al meglio la mia creatività.»
 
Qual è il complimento più gradito che ha ricevuto?
«Ne ho ricevuti molti, mi fa molto piacere quando una persona mi prende da parte per dirmi di aver provato emozione di fronte a una mia opera. Il complimento che mi ha fra tutti lusingato maggiormente è stato quello di Riccardo Costagliola, presidente del Museo Piaggio.
«Eravamo a un raduno delle Vespe a Mantova, circa un anno fa, quando lui, osservando il pubblico accalcato attorno alla mia Vespa Venice, a un certo punto mi ha detto: Sai, dovevamo scegliere fra la tua Vespa e quella di Salvador Dalì e abbiamo preferito portare qui la tua.
«È stata un’emozione fortissima, da capogiro.»
 
Pur non svelando troppo, assicurando l’effetto sorpresa, ci può anticipare che cosa presenterà a TecnoNart?
«Presenterò due opere simili, uno dei titoli è Colored Lines, linee colorate.»
 

 
Che messaggio vuole trasmettere attraverso le sue opere?
«Dipingo ciò che ho dentro, non il male che provo. Le mie opere rappresentano la mia voglia di vivere la vita, di reagire, l’ottimismo e la voglia di andare avanti nonostante tutto. Io ci sono riuscito attraverso l’arte, ognuno può trovare la sua strada, non è solo attraverso lo sport che chi come me ha vissuto e vive un’esperienza simile può riscattarsi e tornare a credere in se stesso, cercando di realizzarsi.
«Lo sport è un’opportunità, ma ce ne sono tante altre e io sono qui a dimostrarlo.»
 
Se stesse partendo per una galassia lontana a bordo di un’astronave e dovesse portare con sé solo una delle sue opere, quale sceglierebbe?
«L’opera più bella non è stata ancora realizzata, ho in testa ancora moltissime idee che aspettano solo di prendere forma. Se stessi partendo per una galassia lontana e avessi l’opportunità di portare con me una sola opera porterei il pullover a quadretti che ho realizzato a 18 anni con l’aiuto di mia madre.
«Io lo ho disegnato e lei lo ha eseguito con l’uncinetto, poi ho cucito tutti i pezzi del busto e lei tutto il resto, secondo uno schema prestabilito.
«È stato qualcosa che ha preceduto tutto il resto, si può dire che sia stata la mia prima opera. Ho anche ricevuto parecchie proposte d’acquisto, ma non lo venderò mai.»
 
Lei è un artista che sta riscuotendo molto successo. Ci può parlare dei suoi progetti futuri?
«Ho investito anima e corpo nel mio lavoro: non mi sento solo artista, pur avendo attorno a me delle persone di fiducia che mi consigliano, seguo tutte le fasi, dal progetto grafico, alla scelta delle foto, al catalogo e via dicendo.
«Mi piacerebbe tanto poter viaggiare, andare in giro per il mondo, esporre in luoghi istituzionali qui in Italia e fuori. Mi è stato proposto di andare in Cina, vedremo. Vivendo come se il piede fosse perennemente schiacciato da un peso enorme, obiettivamente ho delle difficoltà notevoli negli spostamenti.
«Mi piacerebbe realizzare in collaborazione con la Piaggio la Vespa 946 e la 500 Venice, vedremo…»
 
Ha qualche sogno nel cassetto?
«Spero un giorno di liberarmi dal mio scomodo compagno di viaggio, il dolore fisico. E poi mi piacerebbe avere uno studio in cui poter lavorare: la mia casa ideale sarebbe un grande capannone a più piani, uno dei quali adibito al lavoro, una vetrata enorme la separerebbe dal garage, dove mi piacerebbe fosse parcheggiata una Ferrari. Vedremo, chissà…»
 
Noi glielo auguriamo di cuore. Pensando al suo percorso di dolore e al messaggio positivo trasmesso dalle sue creazioni torna in mente l’immagine di certi fiori di montagna, i quali emergendo dalle rocce disadorne e irraggiungibili, del tutto inaspettatamente sembrano innalzare lo sguardo dalla superficie delle cose, andando oltre, puntando le loro variopinte corolle contro il blu del cielo e diffondendo nell’aria uno sconfinato senso di allegria e gioia di vivere.
 
Daniela Larentis – [email protected]

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