Pasqua, momento anche di riflessione – Di Daniela Larentis
A proposito di Risurrezione, è bene cercare di cogliere il pensiero del teologo Vito Mancuso e ricordare il messaggio del papa più amato, Giovanni Paolo II
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La Pasqua non dovrebbe essere solo un momento di cui poter approfittare per andare in vacanza, facendo indigestione di buon cioccolato. È un periodo che, a prescindere dalle proprie convinzioni religiose, potrebbe regalare attimi di profonda riflessione.
La Pasqua cristiana celebra la risurrezione di Gesù Cristo, l’evento centrale del Nuovo Testamento e dei Vangeli che costituisce il centro della fede cristiana.
E, a proposito della risurrezione, il teologo italiano Vito Mancuso, docente di Teologia moderna e contemporanea presso la facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano, esprime alcuni interessanti pensieri nelle sue pubblicazioni e in particolare in quella intitolata «L’anima e il suo destino» (Raffaello Cortina, 2007, con prefazione di Carlo Maria Martini), un libro che ha avuto un grandissimo successo e che è stato anche oggetto di polemiche per «le posizioni non sempre allineate con le gerarchie ecclesiastiche» (come viene fra l’altro sottolineato in un altro dei numerosi libri scritti dall’autore, intitolato «Io e Dio» edito da Garzanti).
A un certo punto Mancuso nel capitolo 5 dedicato alla Salvezza dell’anima (esattamente a pag. 181 Sulla risurrezione di Cristo) si pone una domanda, un quesito che pone a se stesso visto che, dice, «dobbiamo sempre cercare l’avversario in noi stessi», si chiede se vi sia una differenza fra la risurrezione di Gesù e il destino di noi uomini.
È una domanda che si fanno in molti.
«Di fronte alla risurrezione corporea di Gesù la mia teologia tace, come le donne al sepolcro ha paura. Non sa nulla. Qui la ragione, che è l’organo della mia teologia in quanto teologia universale, lascia il posto alla fede, nel suo significato originario di fiducia.
«È l’unica volta. Mi pongo di fronte a Marco, a Pietro che ne fu la fonte, a Paolo, a Matteo detto Levi, al medico Luca, a Giovanni figlio di Zebedeo o al più probabile sconosciuto che fece uso del suo nome per scrivere il Quarto Vangelo, mi pongo di fronte all’ininterrotta tradizione della mia Chiesa che mi consegna gli scritti di questi uomini, e dico: mi fido di voi…»
Chi crede nella risurrezione si affida alla fede. Mancuso più avanti chiarisce: «…So benissimo che la mia salvezza non dipende dall’assenso del mio intelletto a verità per esso esteriori, ma dipende dall’adesione del mio intelletto e della mia volontà al bene» afferma poi: «Alla fine della vita sarò giudicato sull’amore, ha insegnato Gesù. Non c’è alcuna esigenza di credere nella sua risurrezione dai morti per essere salvi».
«Quindi – aggiunge poi – non accetto la risurrezione per essere salvo.»
E perché allora l’accetta? È lui stesso a spiegare che l’accetta per «amore del mondo».
A pag. 183 leggiamo: «La risurrezione del corpo di Gesù è il simbolo di una salvezza anche del mondo. Microcosmo = macrocosmo: l’evento di un solo corpo che risorge da morte, sui 100 miliardi di esseri umani finora apparsi sulla Terra, è l’anticipazione di un destino cui anche gli elementi del mondo andranno incontro nella loro forma ideale.
«Della risurrezione del corpo di Gesù non ha bisogno l’anima spirituale, ma il mondo con i suoi elementi, che non devono perire ed essere incendiati, come vuole l’apocalittica, ma avere anche loro un destino di vita.»
Più avanti leggiamo: «Se io sono il microcosmo che rispecchia il macrocosmo, la mia sorte non può essere slegata da quella del cosmo nel suo insieme.
«Non ci può essere la morte del mondo per far vivere solo gli esseri umani, anzi una ristrettissima porzione di essi, come suppone l’Apocalisse…» Lui è dell’idea che non si possa pensare a una salvezza degli umani prescindendo da quella del mondo.
A pag 184 scrive: «Io penso che la risurrezione della carne del corpo umano di Gesù possa essere vista, in quanto perfezione del microcosmo, come il simbolo reale di un destino di eternità che riguarda anche il mondo.
«La risurrezione del corpo di Gesù è come una prefigurazione della salvezza del mondo materiale, non nella sua materia spaziale che nell’eternità senza tempo e senza spazio non potrà sussistere, ma nelle sue idee. In che modo, Dio solo lo sa».
Le convinzioni di Mancuso possono essere condivise o meno, seguendo il suo ragionamento a ogni modo sorge spontanea un’ulteriore domanda (la classica domanda da ora di catechesi) evidenziata nello stesso capitolo e cioè vien da chiedersi dove si trovi esattamente adesso il corpo materiale di Gesù risorto.
Ecco la risposta del teologo a pag. 185: «La risposta tradizionale in cielo non regge più. L’unica risposta legittima, a mio avviso, è ovunque e in nessun luogo».
Leggendo rimaniamo un po’ confusi, ma è lui stesso a delucidare qualche riga più avanti: «Quel corpo umano, se è veramente risorto dai morti nella sua materialità, al momento della sua ascensione è certamente svanito nella sua materialità.
«L’ascensione al cielo, infatti, non è altro che l’immagine meno inadeguata che la mente degli uomini di duemila anni fa ha saputo trovare per dire l’ingresso nella dimensione dell’essere eterno, senza tempo e senza spazio, l’essere come spirito, l’essere divino.»
In un passo successivo sottolinea che è difficile pensare lo spirito, il quale non è un ente materiale.
Scrive a pag. 186: «Occorre pensare al corpo risorto di Gesù non secondo grossolane categorie materialistiche, ma secondo le categorie ontologiche che spettano correttamente all’eterno. Occorre, cioè, pensarlo come Idea. Per la mentalità comune le idee sono invenzioni della mente. Se però si riflette adeguatamente sul concetto di eternità, si comprende che l’Idea è l’unico vero essere.
«L’Idea non è da nessuna parte nel nostro mondo materiale, ma senza di essa il mondo materiale non sarebbe mai sorto.
«L’Idea è l’ordine che ha portato all’esistenza, e ancora mantiene all’esistenza, al mondo materiale. Se il mondo materiale è energia, l’Idea la si deve pensare come ciò che dà forma a tale energia, secondo una disposizione sempre più ordinata.
«Tale forma è la logica (è il Logos) che lega insieme le onde-particelle subnucleari e le fa diventare molecole, e così via, sempre più su, verso livelli sempre più ordinati di essere, fino allo splendore della mente e ancora dello spirito, il quale, in quanto energia attualizzata come forma sussistente a prescindere dalla materia, costituisce il vertice del cammino dell’essere.»
Ecco come Mancuso definisce il suo concetto di Idea:
«L’Idea è l’essere più concreto e reale che esiste, ciò che ha condotto all’esistenza e che ci mantiene in essa. Ed è in questa dimensione ontologica fondamentale, origine e fine dell’energia, che in questo momento, un momento che dura sempre, c’è il Cristo risorto, cioè l’Idea sussistente di Uomo in cui il Primo Principio ci ha pensati e ci penserà sempre.»
In occasione della Pasqua ci piace ricordare le parole di un papa che fu amato da moltissime persone, quelle di Giovanni Paolo II (proclamato beato nel 2011) contenute in un libro in cui lui rispose alle domande formulate dal giornalista e scrittore Vittorio Messori, intitolato «Varcare la soglia della speranza» (di Giovanni Paolo II con Vittorio Messori, Arnoldo Mondadori Editore, 1994).
A proposito della Risurrezione e della vita eterna, leggiamo quanto segue (pag. 81): «… La Morte di Cristo dà la vita, perché consente al credente di avere parte alla Sua Risurrezione. La Risurrezione stessa è la rivelazione della vita, che si conferma oltre il confine della morte.
«Non ancora morto e risorto, Cristo risuscitò Lazzaro e, prima di farlo, ebbe il significativo colloquio con le sue sorelle. Marta dice: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto.»
Cristo risponde: «Tuo fratello risusciterà». Marta ribatte: «So che risusciterà nell’ultimo giorno».
Gesù: «Io sono la risurrezione e la vita … chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno» (Gv 11,21 e 23-26).
Queste parole in occasione della risurrezione di Lazzaro contengono la verità sulla risurrezione dei corpi a opera di Cristo.
La sua Risurrezione, la Sua vittoria sulla morte, abbracciano ogni uomo. Siamo chiamati alla salvezza, cioè siamo chiamati alla partecipazione alla vita che si è rivelata mediante la Risurrezione di Cristo.
Un papa, Giovanni Paolo II, che esortava gli uomini a non avere paura, il quale iniziò il suo pontificato proprio con queste parole: «Non abbiate paura!».
Leggiamo quanto da lui detto alla fine del libro (rispondendo all’ultima domanda di Messori, pag. 251): «… Per liberare l’uomo contemporaneo dalla paura di se stesso, del mondo, degli altri uomini, delle potenze terrene, dei sistemi oppressivi, per liberarlo da ogni sintomo di una paura servile nei confronti di quella «forza prevalente» che il credente chiama «Dio», occorre augurargli di tutto cuore di portare e di coltivare nel suo cuore il vero timor di Dio, che è principio della sapienza.
Tale timor di Dio è la «forza salvifica del Vangelo».
È timore creativo, mai distruttivo. Genera uomini che si lasciano guidare dalla responsabilità, dall’amore responsabile…».
Daniela Larentis – [email protected]
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