Martina Dei Cas ospite al Fogolar Furlan – Di Daniela Larentis
La giovane scrittrice ha presentato «Il quaderno del destino», il suo ultimo libro ambientato in un Nicaragua poverissimo
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Sabato 14 marzo 2015 presso la sede del Fogolar Furlan di Trento, la scrittrice roveretana Martina Dei Cas ha presentato il suo ultimo libro intitolato «Il quaderno del destino» (Prospettiva editrice), una storia ambientata in un Nicaragua poverissimo dove la malavita detta legge.
Daniele Maurizio Bornancin, Presidente del Fogolar Furlan, aveva già invitato la Dei Cas a presentare presso la sede di Via dei Tigli il suo precedente libro, Cacao amaro.
«Il compito del nostro Fogolar» sottolinea Daniele Maurizio Bornancin «è anche quello di far conoscere ai nostri soci e anche alla comunità di Trento i nuovi freschi di stampa.»
Poi ci spiega: «Noi cerchiamo di dare spazio non tanto ad autori già affermati, ma soprattutto di offrire l’opportunità di farsi conoscere ad autori esordienti».
Nell’occasione abbiamo posto alcune domande alla giovane autrice, vincitrice di numerosi concorsi letterari e insignita nel 2010 dall’allora Presidente della Repubblica del titolo di «Alfiere del Lavoro».
Una ragazza che oltre ad essere una brava scrittrice è anche un esempio positivo per i suoi coetanei, infatti proprio grazie a «Cacao amaro» è riuscita a realizzare un importante progetto che ha previsto la fornitura di libri e materiali didattici per alcuni istituti scolastici di Waslala.
Come nel precedente libro, «Cacao amaro», anche questa storia è ambientata in Nicaragua. Come è nata l’idea di questo secondo romanzo?
«L’idea di questo libro è nato dal mio secondo viaggio in Nicaragua nel 2013. Sono ritornata là per verificare come stesse procedendo il progetto in corso, Un libro per una biblioteca, e ne è nato un secondo libro.
«È una storia che sicuramente ha degli elementi in comune con Cacao amaro, è ambientata infatti sempre in Nicaragua, questa volta però nella capitale, Managua.»
Di che cosa parla a grandi linee?
«E’ la storia di due bambini di strada che vivono di espedienti, fino a quando una signora decide di mettere a rischio tutte le sue certezze, la sua tranquillità, per riscattarli, andando incontro a non poche difficoltà. Il libro sottolinea ancora una volta l’importanza dell’istruzione come mezzo di riscatto.»
Quanto della sua esperienza personale in quelle zone poverissime del mondo le è rimasto nel cuore e cosa le manca maggiormente di ciò che ha vissuto?
«La cosa che mi manca in assoluto di più è la spontaneità dei rapporti umani.»
Secondo lei il modo di relazionarsi delle persone che ha incontrato dipende più dalla condizione di povertà in cui vivono o da fattori genetici?
«Dipende paradossalmente dalla povertà, nel senso che meno si ha e più si è portati a condividere e più si è portati ad apprezzare le piccole cose della vita.
«Per noi alcune cose sembrano piccole, al contrario per loro, non avendo niente, assumono un significato differente.
«C’è un proverbio che potrebbe riassumere il concetto: goccia dopo goccia si perfora la roccia, ossia che noi vediamo tendenzialmente il bicchiere mezzo vuoto, loro lo vedono sempre pieno.»
Da cosa in particolare è rimasta colpita maggiormente sia in senso negativo che in positivo?
«Qualcosa di positivo il fatto che i cambiamenti sono pochi ma si iniziano a vedere. Faccio un esempio, la prima volta che sono arrivata in Nicaragua nessuno nelle comunità disponeva di filtri per la depurazione dell’acqua, tutti bevevano l’acqua sporca.
«Quando sono arrivata la seconda volta quasi tutte le famiglie avevano questi filtri. Sono segnali piccolissimi che però denotano un cambiamento.
«Per quanto riguarda ciò che mi ha colpita in senso negativo direi il fatto che i bambini non vanno a scuola. Vederli con i miei occhi non è come apprendere la notizia alla televisione, è qualcosa che mi ha molto colpita».
Tornerà in Nicaragua?
«Mi piace viaggiare e se potessi avrei sempre la valigia pronta. Mi piacerebbe cambiare per conoscere nuovi posti, tuttavia ora là ho anche delle amicizie, a prescindere dal progetto di lavoro, quindi vorrei tornare in Nicaragua a salutare queste persone.»
Sappiamo che stai studiando Giurisprudenza ad indirizzo transnazionale, quali sono i tuoi progetti futuri?
«Innanzitutto laurearmi. Mi manca solo un esame e ho finito, poi mi piacerebbe sempre lavorare nell’ambito della cooperazione internazionale e quindi iniziare qualche nuova esperienza».
Consiglierebbe un’esperienza simile ai suoi coetanei e da cosa li metterebbe in guardia?
«L’unico consiglio che mi sentirei di dare è di essere se stessi sempre».
Un consiglio davvero molto saggio e utile un po’ a tutti, anche noi infatti pensiamo che non si deve mai rinunciare a se stessi.
Daniela Larentis – [email protected]
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