A proposito di... porci – Di Daniela Larentis
George Orwell li paragonò agli uomini in un famoso libro e Giulio Cesare Croce dedicò loro un celebre elogio intitolato «L’eccellenza e trionfo del porco»
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Uno dei piatti tradizionali del periodo natalizio è il cotechino accompagnato dalle lenticchie, un insaccato che si consuma anche a capodanno come del resto il suo degno compagno, lo zampone (preparati con carne di maiale, infatti, soddisfano i palati di molti italiani gran parte dell’anno).
A Ferrara si mangia anche la salama da sugo, una vera leccornia per gli intenditori: si tratta di un insaccato di carne di maiale che si ottiene attraverso la macinazione di varie parti (guanciale, parte magra della coscia, lingua ecc.), il tutto aromatizzato da abbondante vino rosso di qualità e inserito nella vescica dello stesso suino, poi sottoposto a stagionatura.
La salama (foto a pié di pagina) si cucina abbastanza semplicemente, va immersa in acqua per circa una notte e poi cotta per parecchie ore in acqua bollente, immersa in un sacchetto apposito e tenuta sospesa legandola a un mestolo di legno messo di traverso, in modo che non tocchi le pareti metalliche.
Viene poi servita solitamente con del purè o con delle patate lesse.
Cosa possiamo raccontare del suino, la cui carne da sempre è presente sulle tavole degli italiani, e che nell’immaginario comune non gode certo di una bella reputazione?
A nessuno piace sentirsi dare del maiale o del porco, inoltre lo si associa al fango, dentro cui ama rotolarsi.
È un animale su cui gravano molti pregiudizi e che, belle o brutte maniere a parte, ha la fama di essere uno sfruttatore.
George Orwell nella sua «Fattoria degli animali», un romanzo satirico che rappresenta un’allegoria del totalitarismo sovietico del periodo staliniano (pubblicato nel 1945, alla fine della Seconda Guerra Mondiale), lo descrive non certo in maniera edificante.
La trama più o meno è questa: gli animali della fattoria, stufi di essere sfruttati dall’uomo, si ribellano e poi finiscono per essere a loro volta sfruttati da una nuova classe di burocrati, i maiali appunto, proprio coloro che inizialmente avevano convinto tutti gli altri a ribellarsi dall’oppressore e che poi avevano finito con l’assomigliarvi.
Ecco cosa si legge a pag. 107 del libro («La fattoria degli animali» di George Orwell, edizioni Oscar Mondadori) a tal riguardo: «Gli animali stavano sarchiando il campo di rape. Lavoravano senza quasi sollevare la faccia da terra, diligentemente, non sapendo bene se essere più intimoriti dai maiali o dai visitatori umani. Quella sera dalla casa colonica si levarono canti altissimi e risa sguaiate. E improvvisamente, nell’udire quella confusione di voci, gli animali si incuriosirono. Che poteva mai succedere lì dentro, ora che per la prima volta animali e uomini s’incontravano su un terreno di parità?»
E ancora: «… Si accostarono alla casa in punta di piedi, e quelli che erano alti abbastanza spiarono attraverso la finestra della sala da pranzo. Intorno al lungo tavolo sedevano una mezza dozzina di proprietari terrieri e una mezza dozzina dei maiali più in vista. Napoleone occupava il posto d’onore a capotavola.
«I maiali sembravano perfettamente a proprio agio sulle sedie. La compagnia era piacevolmente impegnata in una partita a carte…»
Pag. 111: «… Ma gli animali che dall’esterno fissavano la scena sembrò che stesse accadendo qualcosa di bizzarro. Cos’era cambiato nelle facce dei maiali? Gli occhi di Trifoglio, logori e appannati, passavano rapidamente in rassegna una faccia dopo l’altra. C’era chi aveva cinque pappagorge, chi quattro, chi tre. Ma quale fusione, quale trasformazione era in atto? Poi, quando l’applauso terminò e la comitiva riprese le carte per continuare la partita interrotta, gli animali si allontanarono in silenzio…» e qualche riga dopo conclude dicendo: «Dodici voci urlavano rabbiose, ed erano tutte uguali. Non c’era più alcun dubbio su ciò che era successo alla faccia dei maiali. Dall’esterno le creature volgevano lo sguardo dal maiale all’uomo, e dall’uomo al maiale, e ancora dal maiale all’uomo: ma era già impossibile distinguere l’uno dall’altro».
Chi non ricorda l’Odissea, il leggendario poema di Omero in cui vengono narrate le avventure del re di Itaca e il suo lungo viaggio verso la patria lontana?
La maga Circe trasforma i compagni di Ulisse esattamente in maiali, dopo averli ospitati in casa e averli ammaliati con la sua meravigliosa voce.
L’eroe riesce a liberarli grazie all’aiuto di Ermes, il quale si presenta al lui nascondendosi sotto le false sembianze di un ragazzo (il dio era figlio di Zeus e della ninfa Maia), gli offre un’erba speciale dal fiore candido, un potente protettore dagli incantesimi, invitandolo a masticarla e poi a ingoiarla.
A proposito di maiali, c’è un antico volumetto dedicato al suino, il cui autore fu Giulio Cesare Croce (l’autore del XVI secolo del celebre «Bertoldo e Bertoldino»), pubblicato recentemente (2012) dall’editore Pendragon in edizione moderna, il cui titolo è «L’Eccellenza e Trionfo del Porco».
Detto libro conduce il lettore alla divertente scoperta di un animale assai conosciuto, attraverso l’etimologia, la storia, la medicina.
A pag 17 leggiamo quanto segue: «Che dirò io sopra le mortadelle, salami, salcizzoni, salcicie, cervellati, sanguinazzi, ciambudelli e tante altre cose che si cavano dalla carne di questo animale, le quali tutte sono preciose e rare e massime le mortadelle e i salami, i quali sono cibi da Prencipi e da Signori: e di questo la città di Bologna porta il vanto per farle con tutte le preminenze ch’elle vanno. E ancora Ferrara è eccellentissima, e se ne mandano ogn’anno a diversi Signori e personaggi d’importanza, e sono tenuti in grandissima stima per tutte le città, come per la Lombardia quelle di Cremona. Le lonze io le vorrei vicine, e non longi, perché elle sono tanto buone che quasi ogn’huomo concorrerà nell’humor mio affermando ch’elle sono bocconi da ghiotti; e parmi un bello esercitio quello di colui che volta lo spiedo, ma bisogna havere il boccale appresso e ad ogni quattro voltate bere una volta, e come s’ha bene bagnato il becco, cantare La bella Franceschina a tutto bordone, e cancaro a chi vuole andare alla guerra, perché dice la glosa: Melium est stare a casa voltare l’arostum che andare alla guerra contro picca e scopetum…»
(Nota a pag. 77 - scopetum: scopietto o schioppetto, arma da fuoco portatile, presentazione scherzosa della glosa: metà latino maccheronico, metà italiano).
Continua a pag 18, parlando del lardo, il grasso del maiale (a proposito, quello di Colonnata è eccellente e assai famoso): «Al lardo starebbe meglio nome di ladro, perché egli ruba l’honore a tutti gli altri grassi e senza esso i banchetti non valerebbono cosa alcuna, poi ch’egli dà la perfettione a tutte le altre carni che si cuocono e s’adopera a inlardarle, impillottarle e percottarle, dandogli odore, colore e sapore…» (nota a pag. 77 – valerebbono: per valerebbero, varrebbero, - ebbono è uscita antica del condizionale).
Menzioniamo alcune virtù del maiale riportate nel divertente elogio a pag. 23 (capitolo II, «Delle virtù medicinali del Porco»): «La carne del Porco spinoso dà grandissimo nutrimento, risveglia l’appetito, fa dormire dolcemente e dà forza a coloro che s’affaticano, cotto e fatto in polvere e dato a bere alle donne gravide non le lassa sconciare (nota a pag. 83, sconciare: abortire)».
E e poi poche righe dopo viene indicato un rimedio contro la stanchezza del viaggio e perfino la tosse: «La sungia, o sugna, è utile a molificare, riscaldare, dissolvere e purgare, e medica le cotture, giova a membri sofregati (nota pag. 83, sofregati: slogati)\, leva la stanchezza del viaggio, è buona da guarir la tosse, cotta e mescolata con vino…».
Inoltre, come è ricordato a pag. 25, «l’unghia del porco fatta in cenere e posta su la bevanda guarisce coloro che patiscono mal d’orina».
Si sa, del maiale non si butta nulla, nemmeno lo sterco a dare retta all’autore, il quale dichiara «Ma che diremo dello sterco di questo animale, il quale è la più vile cosa che dipenda da lui e ha tante proprietà e virtù tutte salutifere al genere humano? E prima lo sterco in polvere: bevuto ristagna il sangue, impiastrato guarisce i chiodi, le crepature e i calli, riscaldato e pesto con oglio leva le durezze del corpo, fresco impiastrato sana le ferite fatte con ferro».
Scrive ancora: «E mi ricordo haver letto in Plinio, padre delle chiacchiare, che quel galant’huomo di Nerone imperatore usava recrearsi con una bevanda di sterco di Cinghiale, per quello che egli se lo facesse non vi so dire, basta che senza proposito non lo doveva bere, se bene fu maestro fra i dissoluti ed era tanto bestiale e intraversato che egli cercava fare ogni cosa alla rovescia, e però beveva forsi questa bevanda per capriccio, ma sia come si voglia, bon pro gli faccia, e senza invidia».
Per quanto riguarda un tratto caratteriale del suino, Giulio Cesare Croce così lo descrive a pag.43: «Dichiamo dunque che ’l Porco sia un animale di gran stima e molto animoso, e che ciò sia vero si vede quando uno di loro viene assalito da qualcuno, che tutti corrono alla difesa del compagno e fanno prove fuori di misura…».
Sembrerebbe quindi un animale alquanto solidale, pronto a difendere i propri simili. A detta di molti il maiale, se adottato come animale da compagnia, si affeziona particolarmente al padrone.
Pare infatti che siano in tanti ad averlo scelto come animale domestico, vip e persone comuni.
Secondo indiscrezioni, George Clooney pare ne abbia avuto uno, Max, morto per cause naturali dopo lunghi anni di convivenza.
A dispetto di ciò che si pensa generalmente, chi lo ha ospitato in casa lo descrive docile, affettuoso, molto più pulito di quanto si sia disposti ad ammettere, allegro, sembra inoltre che ami molto giocare.
Fa tenerezza, diciamolo, immaginarlo in questi termini, ma c’è ancora chi lo preferisce in padella, e non solo a Natale.
«De gustibus non est disputandum», come afferma la famosa locuzione latina…
Daniela Larentis – [email protected]
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