C’è chi dona e poi pretende – Di Daniela Larentis
Il dono non è uno scambio, ma dare a qualcun altro qualcosa in piena libertà, senza voler nulla in cambio
Giotto, Il dono del mantello, intero e particolare.
Nella Basilica superiore di Assisi c’è un affresco attribuito a Giotto (il celebre pittore e architetto italiano allievo dell’artista Cimabue), il quale fa parte di un ciclo pittorico composto da diversi affreschi che illustrano la vita di San Francesco. Esso rappresenta la scena in cui Francesco (l’uomo vestito d’azzurro) dona il mantello a un povero (il cavaliere vestito di rosso, un nobile caduto in miseria).
Il gesto di donare il mantello in questo caso pare assumere un significato ben preciso, ossia lo spogliarsi di Francesco dalle sue ricchezze e l’avvicinarsi alla religione (sullo sfondo simboleggiate dalla città murata posta sulla collina alla sinistra e dall’eremo situato sulla collina alla destra del dipinto).
Come ben tutti sanno San Francesco rinunciò ai propri averi e donò la propria vita ai poveri, agli ammalati, ai bisognosi.
Donare è un’azione che esclude il calcolo, altrimenti sarebbe «dare» in attesa di «ricevere».
Il farlo risponde al preciso bisogno d’amore che è insito nel cuore dell’uomo, da che mondo è mondo.
È un’azione che ha molto a che fare con la propria spiritualità, con la necessità di stabilire un ponte emozionale fra noi e gli altri.
È una manifestazione d’affetto, un segno tangibile del tentativo di avvicinamento verso qualcun altro, è un riconosce il valore di una persona, sottolineandone l’importanza, è stabilire un legame.
Ma non si deve pensare al dono solo come a un qualcosa di fisico, di tangibile: donare se stessi, il proprio tempo, per esempio, vale molto di più di qualsiasi regalo materiale.
Alle volte anche donare una buona parola, un sorriso, può alleviare un dolore, far risollevare il morale a chi si sente in preda allo sconforto, a chi si sente solo.
Il mondo è popolato da tanta gente meravigliosa che dona se stessa ogni giorno.
Pensiamo a chi si dedica al volontariato, a chi spende le proprie energie per aiutare i bisognosi. Pensiamo a chi dona il proprio sangue, il midollo osseo, gli organi.
Talvolta, chi più ha ricevuto dalla vita più avverte l’impulso di donare, ma purtroppo non avviene sempre così, anzi, molte volte sembra vero l’esatto contrario e cioè che chi più ha e accumula (e anche chi più è fortunato) più tende a dimenticarsi degli altri e meno sente l’esigenza di donare se stesso, il proprio tempo libero, i propri pensieri a chicchessia.
Del resto anche Madre Teresa di Calcutta (foto) affermò che «quanto meno abbiamo, più diamo; sembra assurdo, però questa è la logica dell’amore».
Il poeta Kahlil Gibran diceva a proposito del dare (da Il profeta Ed. Demetra): «C’è chi dona del molto che possiede e lo fa per averne riconoscimento, ma questo segreto desiderio rende bacato ciò che dà».
Diceva anche: «C’è chi ha poco e lo dona tutto» e noi potremmo aggiungere che c’è chi ha tutto e non dona niente.
E sempre il poeta libanese a proposito della necessità di dare così diceva: «Sovente voi dite: “Vorrei dare, ma solo al meritevole”; le piante del vostro frutteto non dicono così, e nemmeno le greggi nel vostro pascolo, esse danno al fine di poter vivere, giacché trattenere vuol dire morire».
E ancora: «Badate anzi tutto d’esser voi degni di dare, divenendo del dare uno strumento».
Quello che il dono invece non dovrebbe mai rappresentare è un’azione di circostanza: pensiamo al Natale, ai compleanni, alle varie ricorrenze.
Non si sta dicendo che non sia bello fare e ricevere regali, anzi, ma ciò dovrebbe avvenire in piena libertà, senza che il donare si trasformi in un atto dovuto.
Si dovrebbe farlo solo quando se ne ha voglia.
Infatti donare non è uno scambio, ma un dare a qualcun altro qualcosa senza costrizioni, senza voler nulla in cambio. Ecco la differenza fra il dare e il donare.
Daniela Larentis
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