La vita è forse vita senza l’amicizia? – Di Daniela Larentis
Quel legame unico che unisce le persone chiamato «amicizia» è una delle esperienze più belle che si possano vivere
George Byron.
Che straordinaria cosa è l’amicizia, quel particolare legame che si crea fra le persone, la cui assenza rende la vita insipida e incolore; quale inestimabile ricchezza rappresenta e come definirla se non affermando che essa è un dono.
In una società individualista come la nostra è ancora possibile donare, ossia dare a qualcun altro qualcosa senza voler nulla in cambio, senza un fine preciso?
A tal proposito viene in mente un grande poeta libanese, Kahlil Gibran, il quale nel suo libro «Il profeta» così scrisse a proposito del donare se stessi: «È quando date voi stessi che date veramente». E poi, a proposito dell’amicizia (pag. 49 «Il profeta»ed. Demetra): «L’amico è risposta al vostro bisogno.
È il campo che seminate con amore e che mietete con riconoscenza» e ancora «…Non ci siano altri intenti nell’amicizia se non l’approfondimento dello spirito. Poiché l’amore che non cerca unicamente di spiegare se stesso non è amore ma una rete lanciata innanzi: in essa s’imprigiona solo ciò che non ha valore». E proseguendo: «È nella dolcezza dell’amicizia ci siano risa, e la condivisione dei piaceri. È nella rugiada delle piccole cose che il cuore trova il suo mattino e si rinnova».
In «Sabbia e schiuma» (ed. Demetra pag. 104) descrive il rapporto fra amici anche servendosi di queste bellissime parole: «Se non comprendi il tuo amico in ogni situazione, non lo comprenderai mai».
Marco Tullio Cicerone, il celebre scrittore latino, famoso oratore, filosofo e uomo politico, uno dei personaggi più ricordati di tutta l’antichità romana, (nacque nel 106 a.C. ad Arpino e morì nel 43 a.C. a Formia, assassinato dai sicari di Antonio), all’amicizia dedicò un famosissimo trattato, il «De amicitia» (protagonisti della narrazione sono i personaggi stessi: Lelio, a cui è morto l’amico carissimo Scipione Emiliano, e i suoi due generi, Fannio e Scevola, i quali vanno a trovarlo e gli pongono delle domande sull’amicizia).
Nel libro intitolato «Marco Tullio Cicerone – L’Amicizia – « cura di Emma Maria Gigliozzi» (edizione integrale con testo latino a fronte, Newton Compton editori), alcuni passaggi sono particolarmente significativi e, come peraltro l’intero testo, si prestano a una riflessione profonda sulla natura umana.
«La vita non è vita senza amicizia», ecco che significato dava Cicerone a questo legame privilegiato; lo si legge poi chiaramente a pag. 39 (20): «L’amicizia non è niente altro che una grande armonia di tutte le cose umane e divine, insieme con la benevolenza e l’affetto; davvero non so se, eccettuata la sapienza, sia mai stato dato all’uomo dagli dei immortali niente di meglio di essa.
«Alcuni le preferiscono la ricchezza, altri la buona salute, altri la potenza, altri gli onori e molti anche i piaceri. Quest’ultima cosa si addice alle bestie mentre quelle altre sono vane e incerte; infatti si basano non tanto sul nostro buon senso, quanto sui capricci della sorte.
«Quelli che pongono il sommo bene nella virtù, certo pensano assai bene, ma proprio questa virtù genera e preserva l’amicizia né senza la virtù può esistere in alcun modo l’amicizia».
L’amicizia, questo rapporto descritto in maniera idilliaca, è quindi concepita come un legame spontaneo, naturale e sincero, una sorta di virtù; una forma di amore, vien da aggiungere pensando a come la definì George Byron, il celebre poeta inglese, il quale affermò che «l’amicizia è amore senza le sue ali».
A pag 41 (22) è riportato quanto segue: «…Sarebbe veramente difficile sopportare le avversità senza qualcuno che le sopportasse persino con maggior pena di te».
Questo pensiero fa riflettere sul significato profondo di un legame che si basa sulla condivisione emotiva di tutto ciò che succede nella buona, ma anche nella cattiva sorte.
L’amico non è colui che ti abbandona nella disgrazia (proprio nel momento di maggior bisogno), ma chi ti sta accanto anche quando le cose vanno male.
Quante volte nella vita capita di osservare persone che parevano tanto amiche, e che poi, di fronte alla sventura di una delle due cessano di esserlo.
Non è infrequente che gli amici o le persone ritenute tali spariscano letteralmente nella difficoltà, tanto che risulta addirittura banale l’affermare che i veri amici si rivelano nella disgrazia.
Più avanti si legge così. «Infine, le altre cose che si desiderano sono utili ciascuna a fini speciali: le ricchezze per usarle, il potere per essere onorato, le cariche pubbliche per essere lodato, i piaceri per godere, la salute per tenersi lontani dal dolore e compiere le funzioni del proprio corpo. L’amicizia, invece, racchiude in sé moltissime cose…».
L’amicizia racchiude in sé molto di più, è un dono inestimabile che rende la vita degna di essere vissuta.
L’amico è colui che non solo incoraggia, ma dice anche quello che davvero pensa, senza preoccuparsi di ottenere un consenso, senza scivolare nell’adulazione.
A proposito di adulazione e di verità, ecco cosa ne pensava Cicerone (pag. 109 sempre del testo a cura di Emma Maria Gigliozzi): «Dannosa è la verità, se da lei nasce l’odio che è il veleno dell’amicizia, ma l’adulazione è molto più dannosa perché, essendo indulgente con gli errori, lascia che l’amico precipiti in rovina; grandissima è la colpa in chi disprezza la verità ed è spinto all’inganno dalla adulazione.
«In tutte queste faccende, dunque, bisogna avere intelligenza e attenzione, prima di tutto perché il rimprovero non sia aspro né offensivo; nell’ossequio poi – uso volentieri la parola terenziana – ci sia la cortesia, ma sia tenuta lontano l’adulazione, fautrice di vizi, che non solo non è degna di un amico, ma neppure di un uomo libero.»
E più avanti a pag. 111 (XXV 91): «Se, dunque, è proprio della vera amicizia rimproverare ed essere rimproverati e fare spontaneamente e senza durezza una cosa, e sopportare l’altra pazientemente, non a malincuore, così di deve ritenere che nelle amicizie non vi sia peste più grande che l’adulazione, la lusinga, il servilismo.
«Sebbene con diversi nomi si deve biasimare questo vizio di uomini superficiali e falsi, che parlano sempre per il piacere degli altri, mai per la verità».
Sempre alla stessa pagina (92): «Se poi la simulazione è dannosa in ogni campo – infatti toglie la capacità di distinguere il vero e lo adultera – è inconciliabile soprattutto con l’amicizia. Cancella la verità, senza la quale il nome dell’amicizia non può avere valore.»
L’amicizia vera è quindi un sentimento che dà valore alla nostra vita, rendendola migliore e degna di essere vissuta.
Daniela Larentis
[email protected]
Commenti (0 inviato)
Invia il tuo commento