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Alle volte nella vita è difficile scegliere – Di Daniela Larentis

«…e capire l’importanza delle cose prima che sia troppo tardi per poter rimediare»

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Alle volte succede di rimpiangere qualcosa e di non riuscire a darsi pace per questo. Non si può vivere però di rimpianti. Rimpiangere non è vivere, è sopravvivere.
È un atto insensato e sterile che provoca solo dolore. Lo sanno tutti; quanto sarebbe bello tuttavia in alcuni momenti della vita poter davvero riavvolgere «il nastro» della propria storia personale per percorrere magari differenti strade, scegliere diversamente.
 
È sempre possibile scegliere? E perché si agisce in un modo anziché nell’altro, perché si dà importanza a questo anziché a quello, per dopo magari pentirsene?
Ogni decisione racchiude sempre un rischio e molto spesso intuire a monte ciò che è bene fare non è così immediato. Infatti la possibilità di scegliere è strettamente collegata alla possibilità di sbagliare; scegliere bene, il proprio bene, non è affatto semplice (ancora più difficile è cercare di capire quale sia quello degli altri, comunque).
Ascoltare i consigli di persone fidate può essere utile, talvolta, anche se è a se stessi che alla fine si deve dare ascolto.
 
Usare la propria libertà decisionale è un atto di grande responsabilità, anche verso il prossimo. Si è spesso condizionati, mai davvero estranei a ogni forma di influenza esterna.
Pensiamo alla prima grande scelta che si compie in un’età in cui pochi sono davvero consapevoli di ciò che quella decisione comporterà in seguito: pensare a quale scuola superiore iscriversi o più tardi, per alcuni, a quale università.
Ma è solo un piccolo esempio, una goccia nel mare.
 
La vita ci pone in continuazione di fronte a molte altre scelte, non solo relative alla vita lavorativa, al tempo libero e a come occuparlo (decidere quale sport sia meglio praticare per esempio), ma che riguardano in senso ampio i valori ai quali aderire.
Si può decidere di vivere con dignità oppure svendere la propria vita al miglior offerente: lo si può fare in molti modi, non c’è che l’imbarazzo della scelta.
Il punto è: cosa ci rende davvero felici? Meglio ancora: cosa ci rende davvero migliori?
Alle volte si sbaglia, poiché non si afferra il significato profondo delle proprie azioni.
 
Che criteri usare nelle scelte per non sbagliare nella giungla della propria esistenza? Quali passi è meglio fare e quali, al contrario, è preferibile evitare?
Difficile capirlo. Le scelte trasformano chi le fa. Scegliere è in fondo innescare un processo di trasformazione a cui nessuno si può sottrarre.
Alle volte c’è l’incapacità di prevedere le conseguenze di ciò che si sta facendo.
 
Purtroppo accade spesso che le cose più importanti si capiscano dopo averle vissute.
Non prima, quando sarebbe utile farlo, ma solo poi. Tardi. Troppo tardi per poter rimediare.
Alle volte capita che lì per lì non si dia la giusta importanza alle persone a cui si vuole bene, per esempio, in quel momento si è sviati da altro.
Talvolta non si è in grado di attribuire valore a qualcosa che poi si rivela estremamente prezioso.
 
Può capitare che si dia peso a ciò che poi si manifesta poco rilevante e che non si riesca invece a comprendere cosa sia davvero importante.
Una bellissima poesia di Enrica Buratti, fondatrice e Presidente del Circolo Culturale Cognola, scrittrice, poetessa (finalista all’8° Concorso Internazionale Autori per l’Europa 2011), pittrice (consigliera del Gruppo Acquerellisti Trentini), che fa parte della raccolta intitolata «L’incantato respiro del mondo» (edito da Ibiskos Ulivieri), parla proprio di questo, ossia di quanto sia difficile capire, talvolta, l’importanza delle cose.
 
 Perché mai? (di Enrica Buratti) 
 
Perché mai si capisce tutto dopo
non prima, non durante?
Dopo che le cose sono accadute
o vanamente trascorse
che i tesori si sono perduti
e si son chiuse le danze,
dopo che più non si può rimediare?
Quale orologio ci fa sbagliare i tempi
quale nebbia ci offusca
e confonde lo sguardo
e più non focalizziamo ciò che conta?
 
Intempestivi inconcludenti
spettatori ciechi e passivi
di una rappresentazione
che si svolge quasi senza noi:
i nostri posti restano vuoti.
 
Molti innanzi a scelte decisive si astengono. Preferiscono «non scegliere» (anche questa in fondo è una scelta, ossia evitare di decidere).
Ma delegare agli altri le proprie decisioni è ancora più rischioso che stabilire da soli cosa sia più giusto fare.
 
Daniela Larentis
[email protected]

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