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Un viaggio ai limiti dell’«impossibile» – Di Daniela Larentis

«È quello fantascientifico di Golan Trevise, colui che credeva nella creazione della galassia vivente, nato dalla penna di Isaac Asimov»

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«L’origine della Via Lattea» è un dipinto a olio su tela di Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, uno fra i più grandi pittori italiani della seconda metà del Cinquecento, oggi conservato alla National Gallery di Londra.
Ritrae la nascita della Via Lattea che si formò, secondo la mitologia greca, dalle gocce di latte fuoriuscito dal seno di Era. La dea stava dormendo, quando il marito Zeus le attaccò al seno il figlio che aveva avuto da Alcmena, Eracle, poiché solo succhiando il latte della dea il piccolo semidio sarebbe divenuto immortale, solo che lui attaccandosi con foga fece schizzare gocce del prezioso liquido verso la volta celeste, formando la nostra galassia (le gocce cadute a terra, invece, diedero vita ai gigli).
 
Alzando gli occhi verso il cielo stellato ognuno di noi si sarà certamente soffermato a fantasticare sulla possibile presenza di altri mondi popolati da altri esseri viventi, disseminati in chissà quale angolo remoto dell’universo, per poi rituffarsi dentro la quotidianità della propria più o meno tranquilla esistenza.
Immaginare «in grande» non è affatto facile, infatti, abituati come siamo a vivere stipati sopra un pianetino che è davvero microscopico se confrontato solo alla nostra stella, il sole.
Eppure è così entusiasmante, così rassicurante, così stranamente appagante, così piacevolmente liberatorio pensare di non esser soli, quaggiù, a occupare un misero posticino nello sconfinato spazio.
 
A ogni modo, se gli uomini direzionassero maggiormente i loro pensieri verso l’alto, anziché concentrarli a bassa quota, credo che troverebbero assurda una gran quantità di cose e perderebbero interesse per molte di queste, prima fra tutte la voglia di farsi la guerra.
Dico «farsi» e non «fare», perché non riesco a immaginare come l’umanità intera potrebbe relazionarsi con esseri provenienti da mondi lontani senza ricorrere al conflitto, ora come ora: non sono poi così sicura che l’uomo rinuncerebbe tanto facilmente alle proprie brame, in nome di una pace planetaria, né sono così convinta che sarebbe ospitale (ospiterebbe un extraterrestre forse in qualche segreto centro di ricerca) e, soprattutto, non sono affatto sicura che si dimostrerebbe poco aggressivo in ogni circostanza.
Probabilmente di fronte a un ipotetico pericolo, a degli invasori per esempio, o semplicemente al cospetto di altre civiltà anche pacifiche, ma sconosciute e quindi potenzialmente pericolose, si comporterebbe come fanno spesso i fratelli davanti ai propri genitori, ossia facendo fronte comune e deponendo momentaneamente le armi, fino a scampato pericolo (per poi tornare ad azzuffarsi in un secondo momento).
  
La nascita della Via Lattea, di Jacopo Tintoretto. 

Del resto l’unione fa la forza, è cosa risaputa. Immaginare invece un’umanità spiritualmente più evoluta, progettare la creazione di un luogo esteso come una galassia che preveda un mondo popolato da individui in perfetta comunione con l’intero pianeta, è un sogno che forse fra un tempo per noi ora inimmaginabile diverrà realtà.
C’è da augurarselo, ma per ora non ci resta che figurarcelo facendo uso della fantasia, nostra o quella di Isaac Asimov, considerato il più grande scrittore di fantascienza americano.
Suo il libro Fondazione e Terra, il romanzo di fantascienza che inizia dove termina quello intitolato L’Orlo della Fondazione («un libro che si legge tranquillamente anche da solo» come lui stesso sottolinea nella prefazione), e che completa il «Ciclo della Fondazione».
Un vero capolavoro per gli amanti di questo affascinante genere.
 
Golan Trevise, il protagonista, chiamato a decidere sulle sorti dell’intera umanità sparsa per tutta la galassia, è divorato da un dilemma: fondare un nuovo impero autonomo o abbracciare il modello di Gaia, un pianeta con una mente e una personalità in comune, perfetto ma privo di individualità.
Optare per la creazione di Galaxia, la galassia vivente, un percorso evolutivo che porterebbe non solo tutti gli esseri viventi, ma tutta la materia comprese le stelle e i pianeti della Via Lattea a rimanere in contatto telepatico e a far parte di un unico grande organismo, pare essere la scelta migliore anche se la sua mente è sfiorata dal dubbio.
 
Nel dialogo fra lui e Dom, l’anziano di Gaia, ecco cosa quest’ultimo gli dice a tal proposito (pag. 13, Fondazione e Terra di Isaac Asimov – Arnoldo Mondadori Editore): «Io/noi/Gaia sappiamo che hai ragione. È per questo che ti riteniamo prezioso. Hai la capacità di prendere la decisione giusta partendo da dati incompleti, e hai preso la giusta decisione. Hai scelto Gaia! …»
E lui gli risponde: «…Esattamente! Ho scelto Gaia, un superorganismo; un intero pianeta con una mente e una personalità in comune, che obbliga a ricorrere a un pronome inventato Io/noi/Gaia per esprimere l’inesprimibile e ancora «e alla fine diventerà Galaxia, un superorganismo che abbraccerà tutti gli sciami stellari della Via Lattea.»
 
Lui possiede infatti il prezioso dono di «sapere che cosa è giusto fare». Come sarebbe bello saper prendere sempre le decisioni giuste! Il farlo eviterebbe a ognuno diversi grattacapi e molte sofferenze!
Peccato che certe situazioni siano chiare solo a posteriori e che sia spesso inevitabile sbagliare.
Golan, forte di questa consapevolezza è comunque sfiorato dal dubbio che ci sia qualcosa di poco chiaro nel fatto che non esistano dati riguardanti il pianeta Terra, di cui si sono perse le tracce.
Nemmeno gli abitanti di Gaia (che possiede una memoria collettiva di ben quindicimila anni) sono in grado di fornirgli alcuna informazione sul leggendario pianeta sul quale ebbe origine la razza umana e questo lo insospettisce e lo induce a ricercare delle risposte.
Si imbarca quindi nuovamente sull’astronave Far Star alla volta del pianeta Terra (insieme anche a uno studioso di storia e a una gaiana, in continuo contatto telepatico con il pianeta Gaia).
 
Dopo varie avventure, alla fine del romanzo Golan si renderà conto che la creazione di Galaxia rappresenta la scelta migliore per l’evoluzione umana: se infatti l’umanità non si dovesse unificare potrebbe venir attaccata da invasori che riuscirebbero facilmente ad aizzare gli umani gli uni contro gli altri.
Ecco cosa dice a tal proposito (pag. 399): «La nostra Galassia ha dato origine a un’unica specie abbastanza intelligente da formare una società tecnologica, ma che ne sappiamo delle altre?»
E continuando «…Non abbiamo visitato nessun’altra galassia, e per quel che ne sappiamo nessuna specie intelligente di un’altra galassia ha mai visitato la nostra… Però un giorno la situazione potrebbe cambiare.
«E se arriveranno degli invasori, troveranno senza dubbio il modo di aizzare degli esseri umani contro altri esseri umani. Lottiamo tra noi da tanto tempo che siamo abituati a certe assurde dispute micidiali.
«Gli invasori trovandoci internamente divisi ci sottometteranno o ci distruggeranno. L’unica vera difesa è la realizzazione di Galaxia, che non potrà essere aizzata contro se stessa e che sarà in grado di affrontare gli invasori dispiegando tutte le sue forze.»
 
Forse non verremo mai attaccati da invasori, ma sarebbe bello comunque immaginare il nostro pianeta coeso, un luogo pacifico dove tutti gli abitanti potessero vivere dignitosamente, in armonia.
Coltivare una visione olistica del mondo è un atteggiamento non fantascientifico, bensì intelligente.
Del resto anche tutte le arti marziali orientali sono fondate sulla consapevolezza di un legame profondo fra spirito e materia, non è certo una novità considerare l’essere umano nella sua globalità (corpo e mente insieme).
Come l’uomo è considerato nella sua totalità e non come sommatoria delle sue singole parti che lo compongono (un uomo senza un braccio non è meno uomo, per intenderci, e ognuno di noi è formato da miliardi di cellule che formano tessuti, che a loro volta formano organi e apparati), così dovrebbe succedere, seguendo la logica, anche per il mondo, per la nostra galassia, per l’universo intero.
Siamo tutti ingranaggi di un unico motore, alla stregua delle piante, degli animali, perfino dei sassi che formano le montagne. 
 
Daniela Larentis

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