Chi trova un amico trova un tesoro – Di Daniela Larentis
Come recita una nota pubblicità televisiva, «ci sono cose che non si possono comprare»
È difficile parlare dell’amicizia senza sconfinare nell’ovvietà.
Tema assai diffuso, non solo nella letteratura di tutti i tempi, ma anche nei testi di canzoni famose che noi tutti conosciamo, è da sempre considerata uno dei rapporti affettivi umani più significativi. Il più importante per molti.
Il dialogo che segue è tratto dal libro «Uomini e topi» (traduzione di Cesare Pavese – Edizioni Bompiani, pag. 18-19) di John Steinbeck, famoso scrittore americano e Premio Nobel nel 1962, che racconta attraverso la descrizione delle vicissitudini dei due protagonisti principali (due braccianti in cerca di lavoro) il problema dell’emigrazione contadina negli anni post-depressione, in California.
Al di là della storia e del dramma che racchiude, questo romanzo evidenzia l’amicizia fraterna fra Lennie, un gran lavoratore, ma certamente non avveduto e spesso non responsabile delle proprie azioni, e George, protettivo e assennato, e il loro sogno di una vita migliore (George per proteggere l’amico arriverà a compiere addirittura un atto estremo).
Gente come noi, che lavora nei ranch, è la gente più abbandonata del mondo. Non hanno famiglia. Non sono di nessun paese. Arrivano nel ranch e raccolgono una paga, e l’indomani sono già in cammino alla ricerca di lavoro e d’un altro ranch. Non hanno niente a cui pensare per l’indomani. Lennie era felice. «È così, è così. E adesso dimmi com’è per noi. – George riprese… – Per noi è diverso. Noi abbiamo un avvenire. Noi abbiamo qualcuno a cui parlare, a cui importa qualcosa di noi. Non ci tocca di sederci all’osteria e gettar via i nostri soldi, solamente perché non c’è un altro posto dove andare… Un giorno… avremo messo insieme i soldi e ci sarà una casetta con un pezzo di terreno e una mucca e i maiali e… avremo una grande aiuola d’erba e una conigliera e le galline. E quando pioverà d’inverno, diremo «Al diavolo il lavoro» e accenderemo un grande fuoco nella stufa e staremo seduti ascoltando la pioggia cadere dal tetto… |
Leggendo tutto d’un fiato l’avvincente libro, fino allo straziante epilogo, è naturale alla fine domandarsi cosa sia esattamente quel tipo di legame che unisce due o più persone, quella sintonia particolare che si instaura fra individui che condividono vicende comuni, quell’esperienza emotiva chiamata amicizia, una delle relazioni affettive più salienti nella vita di ognuno di noi (ne esistono di vari gradi, a seconda del tipo di rapporto instaurato e del grado di intimità raggiunto).
Cicerone la considerava il bene più prezioso (dopo la sapienza) e le dedicò un intero trattato, definendola in molte maniere.
Il famoso proverbio «chi trova un amico trova un tesoro» è un detto biblico contenuto nel libro del Siracide (testo contenuto nella Bibbia cristiana) che così sentenziava.
«…Un amico fedele è una protezione potente, chi lo trova, trova un tesoro. Per un amico fedele non c’è prezzo, non c’è peso per il suo valore…»
Facendo riferimento poi a chi si dichiara amico senza in realtà esserlo: ogni amico dice «Anch’io ti sono amico», ma esiste l’amico che lo è solo di nome …”.
Nella mitologia, Acate era amico fidatissimo di Enea (il loro naufragio sulla costa libica prima di puntare verso Cartagine, narrato nell’Eneide, fu immortalato in un dipinto a olio su tela da Dosso Dossi, intorno al millecinquecento - immagine sotto il titolo).
Ma che caratteristiche deve avere un amico per essere ritenuto tale?
Tra amici veri, innanzitutto, si prova un trasporto reciproco disinteressato, perché l’amicizia è un sentimento, una forma d’amore senza implicazioni sessuali e senza diritto di esclusiva (nel senso che si può coltivare più di un’amicizia senza urtare la sensibilità di nessuno, pur rimanendo il rapporto con ogni singolo amico unico e irripetibile).
Voler bene a un amico significa letteralmente «volere il suo bene», ossia provare gioia nel saperlo felice (potrebbe esserlo anche in modo differente dal nostro).
Gioire con lui dei suoi successi e piangere con lui nei momenti più bui, senza mai giudicarlo e senza mai sentirsi da lui giudicati.
Senza mai condannarlo e senza mai sentirsi da lui condannati, ma aiutandolo quando necessario con tutti i mezzi di cui si dispone, anche solo tramite la nostra partecipazione, se non si può fare altrimenti, dandogli conforto e consigli spassionati (non dire ciò che si pensa veramente è un atto di vigliaccheria, aspettarsi che i nostri consigli vengano seguiti sempre, a ogni modo, è una pretesa infantile che ha più a che fare con la voglia di esibirsi che con altro.).
L’amicizia è rispetto, è lealtà, è sincerità (sottolineo sincerità), non è mai interessata (altrimenti è opportunità).
È spontanea. È fedele. Presuppone una qualche condivisione (di idee, di interessi, anche se non necessariamente).
È un legame che unisce per affinità e che dura nel tempo (le amicizie più belle durano per sempre).
Si prova affetto per ciò che «è» l’amico, non per quello che ha. Non gli si sta vicino per quello che rappresenta, per ciò che se ne potrebbe guadagnare.
L’amico sa ascoltare.
Non pretende. Con lui puoi condividere la parte migliore di te. La parte peggiore. L’amico è paziente. È riconoscente.
L’amico è la stella più lucente che illumina la notte più buia. L’amico è calore, perché scalda il cuore con la sua sola presenza, ma è anche il contrario: come un ruscello scorre limpido al nostro fianco regalandoci il conforto della sua frescura.
Non è privo di difetti, tuttavia, e come ogni essere umano ha i suoi limiti. Sarà bene ricordarsene all’occorrenza.
È comunque una persona su cui poter fare affidamento. È singolare trovare qualcuno che nel momento del bisogno abbia davvero a cuore il nostro bene, qualcuno che nelle difficoltà, anche a costo di rimetterci, stia dalla nostra parte senza calcolare il tornaconto personale, qualcuno che ci sostenga senza secondi fini, qualcuno che offra se stesso e il proprio aiuto senza voler nulla in cambio (soprattutto questo ultimo aspetto è degno di nota).
L’amicizia è un bene prezioso.
La parola «amico», al contrario, è molto inflazionata.
«Un mio amico di qui, un mio amico di là», pare, talvolta, che il mondo non sia popolato che dai nostri presunti amici.
Solitamente l’amicizia, è triste dirlo, si palesa nella cattiva sorte.
Nella buona sorte gli amici crescono come funghi e le loro vere intenzioni restano a lungo celate dietro falsi sorrisi smaglianti; ma se le cose dovessero poi andar male pochi di loro non abbandonerebbero la nave.
Questo è sicuro, perché molte persone fanno dell’opportunismo la loro ragione di vita e scelgono le amicizie solo e unicamente in base a ciò che calcolano ne potranno ricavare.
C’è poi chi getta alle ortiche amicizie divenute ormai scomode. Per paura di perdere, spesso, vantaggi economici.
Costoro si inchinano al dio denaro calpestando ciò che di bello hanno creato nel tempo, senza fermarsi a pensare che nella vita gli affetti contano ben più delle monete e, come recitava una nota pubblicità televisiva, non tutto si può comprare con una carta di credito.
Per fortuna non tutto è in vendita a questo mondo.
Il poeta libanese Kahlil Gibran così scrisse a proposito dell’amicizia nel suo libro Il profeta.
«Quando vi separate dall’amico non ci sia dolore. Poiché ciò che in lui più amate v’apparirà più chiaro nell’assenza, così come per lo scalatore la montagna più netta appare dalla pianura.
«Non ci siano altri intenti nell’amicizia se non l’approfondimento dello spirito.
«Poiché l’amore che non cerca unicamente di spiegare se stesso non è amore ma una rete lanciata innanzi: in essa s’imprigiona solo ciò che non ha valore.»
Daniela Larentis
Commenti (0 inviato)
Invia il tuo commento