La vita è cambiamento – Di Daniela Larentis
«Ciò non deve generare timore, non rappresenta una minaccia contro cui difendersi»
La vita è intrisa di sfide.
Esse vanno affrontate e non evitate. Farlo significa crescere.
Lagnarsi, infatti, non serve a nulla. Pensare a se stessi come delle vittime sacrificali vuol dire vivere al di sotto delle proprie possibilità.
«È meglio essere invidiati che commiserati», lo diceva sempre mia nonna e aveva ragione. La commiserazione infatti non porta nulla di buono. Purtroppo viviamo in un mondo in cui non sempre chi dà poi riceve, ma non per questo è giusto arenarsi.
Anche nelle situazioni più critiche c’è sempre una via d’uscita, basta solo cercarla.
È solo una questione di quale atteggiamento mentale assumere.
Io stessa nacqui settimina e all’epoca dissero a mia madre che difficilmente sarei vissuta più di tre giorni.
La mia prima inconsapevole sfida fu quella appunto di sopravvivere a quei tre giorni e da allora, francamente, per un motivo o per l’altro non ho mai smesso di combattere, come ogni essere vivente, del resto.
Chi può affermare, in tutta onestà, di non aver mai dovuto combattere durante la propria esistenza?
Ognuno si batte per le proprie piccole o grandi battaglie.
Non deve forse lottare per vivere il cucciolo di gazzella, impegnato fin dalla nascita a sfuggire alle grinfie del leone, o la minuscola testuggine che appena uscita dall’uovo intraprende la sua folle corsa verso il mare, sostenuta unicamente dalla determinazione di non venir a sua volta divorata?
Promuovere l’ottimismo, riempire la propria esistenza di stimoli sempre nuovi, stabilire mete da raggiungere aiuta a vivere meglio. Bisogna davvero convincersene.
Gettare un occhio verso gli altri in un’ottica di solidarietà umana, senza soffermarsi troppo sulle proprie afflizioni, pure.
Dedicare tempo al presente, senza rimpiangere continuamente il passato che non c’è più se non nella propria testa, senza volgere lo sguardo sognatore unicamente verso un futuro che ancora non esiste, è un comportamento saggio. Pratico.
Perché in fondo la realtà la creiamo noi attraverso le nostre percezioni, non è affatto un concetto assoluto.
Purtroppo i messaggi distruttivi sono ovunque attorno a noi! E ci influenzano.
Occorre rompere gli schemi mentali e iniziare a ragionare in modo autonomo, per quanto concretamente sia possibile farlo.
Molte cose attorno a noi non funzionano affatto, ma moltissime altre lo fanno perfettamente, non tutto è sfacelo!
Il mondo è popolato da molte brave persone che tanto fanno per gli altri, con dedizione e convincimento.
Con passione.
Comunque sia, anche coltivare le proprie aspirazioni può gratificare molto e donare grandi soddisfazioni. Ognuno scelga ciò che più gli è confacente.
Chi ha il «pollice verde», per esempio, potrà dedicarsi con entusiasmo al giardinaggio!
Chi è bravo in cucina potrà sbizzarrirsi dietro ai fornelli! Chi ama correre lo potrà fare lungo l’Adige o potrà partecipare, se ne avrà voglia, a qualche mezza maratona, chi preferisce passeggiare in mezzo alla natura potrà inerpicarsi nella fitta boscaglia o magari lungo qualche pittoresco sentiero di montagna!
Chi adora indugiare lungo i corsi d’acqua, con la speranza che qualche sprovveduta trota rimanga impigliata all’amo, potrà armarsi di lenza e di pazienza, sicuramente prima o poi qualcuna abboccherà!
È certo.
Forse, e sottolineo forse, iniziare a concentrarsi anche su ciò che di bello esiste può avere un senso.
Per noi. Per la qualità della nostra vita e per chi ci sta attorno.
La felicità del resto si comprende solo dopo aver conosciuto il suo esatto opposto.
Quasi sempre. Sempre.
È come venir inondati di luce dopo esser stati immersi nell’oscurità della notte. Ti alzi a tentoni e raggiungi le imposte; apri un’anta appena appena e un fascio di luce improvviso ti investe!
La vita è fatta di contrasti ed è proprio per questo motivo che è così tragicamente bello vivere.
Sempre, anche se alle volte è dura. Qualsiasi brutto momento, tuttavia, può racchiudere un’opportunità, anche il più amaro. Anche il più doloroso.
Anche il più maledettamente triste.
Se per assurdo vivessimo eternamente in uno stato di felicità assoluta potremmo, onestamente, ritenerci felici?
Non definiremmo quella condizione «la normalità»? Non desidereremmo qualcosa di diverso?
E se la tanto agognata felicità funzionasse solo per contrasto? Come se a ogni esperienza positiva e piacevole corrispondesse una sollecitazione contraria, un dispiacere che ci permettesse di assaporare tutto ciò che di bello esiste, una volta superato?
E chi lo sa.
A ogni modo, qualsiasi problema va affrontato e usato come strumento per migliorare se stessi nell’ottica della pura sopravvivenza.
Siamo animali e come tali in noi pulsa questo istinto primordiale.
Durante l’esistenza molte cose cambiano. Ma il cambiamento non deve generare paura, non rappresenta una minaccia!
E siccome non tutto si può controllare (quasi nulla peraltro) e cercare di cambiare gli altri è tanto assurdo quanto infantile, non rimane altro che lavorare su se stessi e cercare di variare il modo in cui ci si approccia alla situazione del momento, ossia modificare la percezione soggettiva di tutto ciò che accade intorno a noi.
Non servono sostanze o farmaci per cercare di vivere felicemente.
Occorre solo abituarsi all’idea che assaporare un po’ di gioia non è un evento raro e irraggiungibile. Basta imparare ad amarsi maggiormente.
Come? Reinventandosi ogni giorno, rinascere come fa la primavera che si ripresenta puntualmente ogni anno, attraverso l’esplosione dei suoi mille colori, le sue molteplici fragranze, il canto suadente degli uccelli e l’allegro gorgoglio dei ruscelli.
Una data primavera è mai forse stata uguale a quella che l’ha preceduta?
No. Lo posso dire con una certa sicurezza. Non vi è una primavera uguale all’altra. E ciò consola.
A tale proposito voglio ricordare una bellissima poesia di Salvatore Quasimodo, poeta ermetico italiano e premio Nobel per la letteratura nel 1959.
Specchio - Salvatore Quasimodo
Ed ecco sul tronco
si rompono gemme:
un verde più nuovo dell’erba
che il cuore riposa:
il tronco pareva già morto,
piegato sul botro.
E tutto mi sa di miracolo;
e sono quell’acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c’era.
In fondo, fra provare a essere felici e sapersi reinventare e crogiolarsi nell'idea di non poterlo divenire, qual è l’atteggiamento più proficuo?
Daniela Larentis
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