Home | Rubriche | Pensieri, parole, arte | Carlo Bridi, una vita dedicata all’agricoltura – Di Daniela Larentis

Carlo Bridi, una vita dedicata all’agricoltura – Di Daniela Larentis

Nei suoi libri racconta il ritorno dei giovani alla campagna e a un’agricoltura sempre più green, fotografando uno storico cambiamento in atto – L’intervista

image

>
È un’agricoltura giovane e sempre più green quella che emerge dalle numerosissime interviste realizzate in un lungo arco temporale da Carlo Bridi, giornalista di lungo corso, grande esperto di agricoltura e autore di diverse pubblicazioni, fotografando lo storico cambiamento in atto: storie di speranze, di sogni, di esperienze concrete di moltissimi ragazzi e ragazze che stanno tornando alla campagna con nuova consapevolezza, forti delle competenze acquisite, spinti dalla necessità di rinsaldare il legame profondo con il territorio e dal desiderio di abbracciare un ideale di vita.
 
Molti sono gli aspetti interessanti che emergono dalle sue ricerche, primo fra tutti la presenza femminile nel campo dell’imprenditoria agricola. Tante, infatti, sono le ragazze che decidono di intraprendere questo tipo di attività professionale impegnativa e stimolante, mettendosi in gioco.
Un altro elemento illuminante, evidenziato dai vari racconti, è che i giovani che scelgono questa professione non sempre si inseriscono in realtà già strutturate, ma spesso partono da zero, dopo essersi formati.

Sono giovani contadini preparati che vogliono fare gli imprenditori agricoli, assecondando un bisogno che ha molto a che vedere con la crescita personale, con la passione, con il trovare il senso delle proprie azioni, con la necessità di autorealizzazione descritta dal famoso psicologo Maslow nella sua teoria motivazionale.
Giovani contadini ma non solo, anche allevatori e pastori, come Giacomo Franceschini, citandone uno a titolo esemplificativo, un ragazzo che ha scelto la difficile professione del pastore di pecore, conducendo la sua vita all’aperto 365 giorni all’anno.
 
 Alcune note biografiche prima di passare all’intervista.  
Carlo Bridi nasce a Vigolo Vattaro nel 1935 in una famiglia contadina.
Inizia il suo impegno sul fronte sindacale giovanile a vent’anni, con una forte dedizione a favore dei giovani. Dedica l’intero percorso della sua vita professionale per quarant’anni al mondo agricolo.
Nel 1983 ha inizio un nuovo impegno sul fronte del volontariato internazionale (settore nel quale è ancora molto attivo), dopo aver fondata e presieduta per quindici anni l’unica Ong del Trentino, l’ACAV, dirigente di Trentino Solidale per cinque anni, da undici è segretario dell’associazione Scuola Senza Frontiere che ha contribuito a fondare. In tutti questi anni sono oltre centocinquanta i progetti di emergenza e di sviluppo realizzati particolarmente nell’Africa Subsahariana, in Nord Africa, ma anche in Brasile.
 
Ha dato alle stampe undici volumi, sette dei quali hanno come tema l’agricoltura trentina e i suoi protagonisti. Dopo il pensionamento questa attività ha subito un’accelerazione, mentre maggiore spazio ha dato anche al giornalismo, sua grande passione.
Conta al suo attivo diverse pubblicazioni, fra le quali ricordiamo: «La Rivoluzione Verde», (prima edizione nel 1985), assieme a Gianni Faustini. «Storia di giovani e della loro terra» (1987), «Sviluppo e solidarietà in un’agricoltura che cambia» (1987); «Storie di giovani e della loro cantina» (2003); «La Rivoluzione verde seconda edizione» (1995) sempre assieme a Gianni Faustini; «Storie di donne trentine che amano l’agricoltura», 2 edizioni (2012); «L’Agricoltura è giovane» (2015); «L’Agricoltura è giovane e sempre più green» (2020); «RITORNO AL FUTURO - CARLO on the ROAD» (2020).
Inoltre ha pubblicato: un libro sulla vita e le opere di S. Paolina (2 edizioni anno 2000 e 2018) e uno sul volontariato internazionale.
 
Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo e di rivolgergli alcune domande.
 

 
In«L'agricoltura è giovane e sempre più green», pubblicato lo scorso anno, sono raccolte 200 interviste a giovani che hanno intrapreso un'attività agricola o zootecnica in Trentino. In quanto tempo le ha realizzate e come è nata l’idea del libro?
«Il libro è frutto di quasi quattro anni di lavoro e segue la precedente pubblicazione intitolata L’agricoltura è giovane. Le storie di vita che racconto sono state pubblicate sul Trentino settimanalmente, domenica dopo domenica.
«Si tratta di 200 interviste a tanti giovani che hanno scelto il ritorno alla campagna e all’allevamento, un’esplorazione dell’evoluzione anche dell’agricoltura trentina nell’arco di un quadriennio.
«Per la verità l’avventura è iniziata una decina di anni fa, quando causalmente, partecipando alla chiusura di un corso per giovani imprenditori agricoli a San Michele, ho scoperto che su 65 partecipanti ben 25 erano ragazze.
«Mi sono trovato di fronte a un pianeta completamente inesplorato, infatti fino a quel momento nessuno ne aveva mai parlato.
«Ho proposto al direttore del Trentino dell’epoca, Alberto Faustini, l’idea di indagare sull’argomento attraverso la realizzazione di varie interviste e lui l’ha accolta con entusiasmo.»
 
Lei ha scritto «Storie di donne trentine che amano l’agricoltura», un libro dedicato alle donne che si sono messe in gioco abbracciando prima di tutto un ideale. Fra le varie storie di vita raccolte ce n’è una che ritiene emblematica?
«Ce ne sono tante, fra queste cito una storia diventata poi famosa, di cui si è parlato diffusamente, quella di Monica, una ragazza che di professione faceva l’estetista.
«Leggendo le indicazioni riportate sulle confezioni dei prodotti che utilizzava ha scoperto che alcuni prodotti contenevano la bava delle lumache, ha deciso così di mettersi in gioco, avviando un allevamento di chiocciole.
«Attraverso un processo non facile e con un periodo difficile di adattamento è diventata una imprenditrice di lusso nella produzione di prodotti cosmetici per le donne a base di bava di lumaca.»
 
Da anni si assiste al fenomeno del ritorno dei giovani in agricoltura, quali possono essere le motivazioni che li spingono a intraprendere questo percorso?
«Premetto che osservare questo rinnovato interesse da parte dei giovani per il mondo agricolo, dopo la fuga dai campi, fa molto piacere e riempie il cuore di soddisfazione.
«Sono giovani che intraprendono un’attività molto impegnativa e che hanno frequentato quasi tutti una scuola superiore; quelli che hanno un titolo di scuola superiore diverso da quello agricolo, questa è un aspetto interessante, hanno comunque potuto frequentare il corso biennale della Fondazione Mach che ha dato loro una formazione specifica di imprenditori agricoli.
Possiamo dire che negli ultimi anni queste centinaia e centinaia di giovani sono dei giovani imprenditori con la «i» maiuscola, con tutte le basi per poter svolgere un’attività professionale a tutto tondo. Le motivazioni che sono alla base della loro scelta sono diverse, li accomuna una grande passione, l’attaccamento al territorio e l’amore per la natura. Alcuni di loro hanno lasciato il posto fisso, anche in Provincia in taluni casi, questa è una cosa che fa veramente onore a questi ragazzi e ragazze.»
 
Sono giovani che provengono da famiglie contadine o fra loro c’è anche chi sceglie questa professione provenendo da famiglie con genitori impegnati in altri ambiti occupazionali?
«Questa è un’altra novità. Il vedere parecchi giovani che avevano una laurea in sociologia, in filosofia, in materie completamente diverse da quelle agricole, intraprendere l’attività agricola, è una cosa che ha meravigliato anche me.
«Sono giovani che hanno avuto il coraggio di rischiare. Spinto da una curiosità che mi contraddistingue, ho avuto modo di verificare, a distanza di tempo, i programmi annunciati durante le interviste: quei sogni di cui avevano parlato, si sono quasi sempre realizzati.»
 
In sintesi, cosa emerge dalle testimonianze raccolte?
Direi che la cosa più significativa, il trend che abbiamo registrato nell’arco degli anni, è che si sta andando verso un’agricoltura sempre più green, sempre più sostenibile. E questa è una cosa molto bella e importante, fa onore ai giovani che hanno fatto questa scelta coraggiosa.»
 
Da sempre si dedica ai problemi dei giovani coltivatori trentini, operando con diversi ruoli di responsabilità. Che idea si è fatto del cambiamento che è avvenuto negli ultimi anni?
«Quello che è avvenuto negli ultimi anni è un grande cambiamento. Parlando della mia esperienza, ho vissuto una vita dedicata all’agricoltura. Ho incominciato sessant’anni fa, era il 1957 quando ho avviato, partendo dal mio paese, l’attività del club 3P di Vigolo Vattaro, il primo club 3P (Provare, Produrre, Progredire) del Trentino, a cui ne sono seguito altri, sull’esempio dei 4H clubs americani, con l’obiettivo di creare per i giovani contadini le basi di una nuova agricoltura moderna.
«Il viaggio negli stati Uniti è stato molto formativo. La bella esperienza americana di sessant’anni fa mi ha donato una capacità di visione ancora più completa e molto più vasta di quello che era la realtà e il futuro di questa attività, ma sicuramento quello che in tutti questi anni è emerso è stato sempre, innanzitutto, un prendere coscienza del fatto che il modello che ci proponevano le multinazionali farmaceutiche di prodotti di difesa per l’agricoltura era un modello assolutamente a vicolo cieco: le lotte generalizzate eliminavano gli insetti nocivi ma anche quelli utili, si era completamente perso l’equilibrio biologico che aveva governato il mondo.
«Finalmente, con la nascita dell'ente per lo sviluppo agricolo nel 1976 e la creazione sul territorio di una rete di 70 tecnici agricoli che supportavano e consigliavano i contadini, concretizzando il mio vecchio sogno di 20 anni prima ho cercato di mettere in pratica questo modello di agricoltura più soft.
«Non è stato facile, ho incontrato resistenze, ma non mi sono mai fermato e devo dire che negli ultimi 40 anni i progressi sono stati veramente notevoli. Un ruolo centrale lo ha rivestito proprio questo servizio di consulenza tecnica moderno e avanzato.»
 
Nelle sue pubblicazioni lei descrive un settore in cambiamento, attento alla sostenibilità…
«In campo agricolo, come in tutti i settori economici, la sostenibilità si esplicita su filoni diversi: sostenibilità ambientale, sostenibilità sociale, io affermo sempre con forza che senza la sostenibilità economica nessun progetto può reggere. Un ruolo importante lo riveste, anche in campo agricolo, l’innovazione.»
 
Cosa significa favorire uno sviluppo rispettoso dell’ambiente, in termini concreti, parlando di agricoltura?
«Ho di recente evidenziato documentatamente come sia possibile realizzare un’agricoltura con minor impatto ambientale attraverso tutta una serie di accorgimenti. Per esempio, mettere a dimora le varietà giuste nel posto giusto, ridurre enormemente l’uso dei prodotti di sintesi, eliminare qualsiasi forzatura fatta con concimi minerali, preferendo dove è possibile l’uso del letame maturo, in quanto garantisce un equilibrio del terreno eccezionale.
«Ne ho citato alcuni a titolo esemplificativo, sono tutti piccoli accorgimenti che messi assieme a una serie di pratiche colturali contribuiscono al raggiungimento di produzioni sostenibili che richiedono minor uso di prodotti chimici.»
 
Quello che secondo lei è auspicabile è un ritorno alle origini?
«Occorre stare molto attenti, ciò che è auspicabile non è un ritorno nostalgico al passato, ma è il praticare un’agricoltura molto più avanzata con molte più esigenze di quelle attuali.
«Ed è per questo motivo che un prodotto certificato biologico è di ottima qualità e ha conseguentemente dei prezzi più alti, in quanto ha dei costi nettamente maggiori e una resa ad ettaro nettamente inferiore.»
 
Quanto è importante, a suo avviso, ritornare a una sobrietà che investa tutti gli ambiti, compreso quello agricolo, abbracciando una filosofia del prodotto biologico?
«Occorrerebbe fare un lungo discorso, profondo e complesso, per brevità riassumo andando a mutuare una frase di un giovane da me intervistato qualche settimana fa. Alla domanda se avesse mai pensato al biologico, mi ha risposto che per fare agricoltura biologica bisogna essere biologici 365 giorni all’anno in tutte le nostre azioni.
«Ci vuole una coerenza complessiva che comprenda tutte le scelte della vita. È una questione molto impegnativa, nel medesimo tempo si è dimostrato che operando con metodo, con il supporto dei tecnici della Fondazione Mach, si possono raggiungere risultati di assoluto interesse.
«Dopodiché abbiamo il supporto dell’agricoltura 4.0 che ci sta dando delle indicazioni di supporto. Vorrei che fosse chiaro, non è vero che con l’agricoltura 4.0 si potranno risolvere in un solo istante i problemi dei contadini, è tuttavia sicuramente un utile strumento di supporto come tanti altri.»
 
È di prossima uscita il volume intitolato «Ritorno al futuro - Carlo on the road». Quando e dove verrà presentato?
«Verrà presentato giovedì 17 giugno all’S.F.T. (Società Frutticoltori Trento) a Romagnano, in via dei Pomari 57, dal direttore dei quotidiani L’Adige e Alto Adige Alberto Faustini.»
 
Daniela Larentis – [email protected]

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande