Nuova mostra al MART Rovereto– Di Daniela Larentis
«Botticelli | Il suo tempo | E il nostro tempo» nata da un’idea di Vittorio Sgarbi e di Eike Schmidt, a cura di Alessandro Cecchi e Denis Isaia – Dal 22/5 al 29/8/2021
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È nella città che ha dato i natali a grandi artisti del Novecento come Fortunato Depero e Fausto Melotti che si trova il museo straordinario disegnato dall’archistar Mario Botta, nato con la vocazione di essere un’agorà contemporanea: il Mart Rovereto.
E proprio in Trentino, in questo eccezionale contesto, è stata appena presentata innanzi alle autorità una splendida mostra, visitabile dal 22 maggio al 29 agosto 2021, nata da un’idea del presidente Vittorio Sgarbi e di Eike Schmidt, curata da Alessandro Cecchi e Denis Isaia, in collaborazione con Associazione MetaMorfosi.
Con questa nuova esposizione, impreziosita da un esaustivo catalogo pubblicato da Silvana Editoriale, prosegue la linea di indagine voluta dal presidente Sgarbi che pone a confronto artisti e movimenti di epoche diverse. Davvero un bel risultato, se si pensa che l’evento proposto ha preso vita in questo difficile periodo di pandemia.
Protagonista indiscusso del «suo tempo e del nostro tempo» è Sandro Botticelli presente a Rovereto con un significativo nucleo di capolavori come Pallade e il Centauro, proveniente dagli Uffizi, la Venere della Galleria Sabauda di Torino e il Compianto di Cristo in prestito dal Museo Poldi Pezzoli di Milano.
La Firenze rinascimentale riecheggia nelle opere degli artisti contemporanei, da Giosetta Fioroni a David LaChapelle, da Michelangelo Pistoletto a John Currin. Nel cinema e nella moda, dalla Venere alla Ferragni.
I capolavori in esposizione danno conto delle diverse fasi della vita del Botticelli: autentico interprete dei profondi mutamenti sociali, politici, culturali e artistici che si registrarono a Firenze nella seconda metà del Quattrocento, Botticelli negli ultimi anni attraversò una crisi esistenziale e religiosa e divenne devoto seguace delle idee del predicatore domenicano fra Girolamo Savonarola.
La fase giovanile e i rapporti con Filippo Lippi portano alla realizzazione, per esempio, del Ritratto di fanciullo con mazzocchio di Palazzo Pitti degli Uffizi; della piena maturità sono Pallade e il Centauro ancora degli Uffizi e la Venere della Galleria Sabauda di Torino.
Seguono le opere della fase più tarda e tormentata come il Compianto di Cristo del Museo Poldi Pezzoli di Milano, il pathos religioso che contraddistingue la Flagellazione e l’Andata al Calvario, fino all’incompiuta Adorazione dei Magi, entrambe degli Uffizi.
In mostra sono presenti anche opere di Filippo Lippi, di Filippino e di altri grandi artisti, come Antonio del Pollaiolo e Andrea del Verrocchio che, insieme, portarono la Firenze del Magnifico a essere considerata la culla del Rinascimento italiano.
Sandro Botticelli - Ritratto di fanciullo con mazzocchio, 1470-1471 c.
Firenze, Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, Galleria Palatina e Appartamenti Reali.
Gabinetto Fotografico delle Gallerie degli Uffizi.
La seconda parte dell’esposizione testimonia, attraverso indiscussi capolavori dell’arte contemporanea dagli anni Sessanta a oggi, come Botticelli sia l’artista a cui tutta la nostra cultura visiva fa riferimento, il perno attorno al quale far ruotare il concetto stesso di bellezza.
A lui hanno guardato artisti della Pop art italiana, come Mario Ceroli, Giosetta Fioroni e Cesare Tacchi, ma anche in anni immediatamente successivi figure come Michelangelo Pistoletto e Renato Guttuso.
Le influenze di Botticelli si ritrovano nelle opere di artisti internazionali come Fernando Botero, David LaChapelle, Oliviero Toscani, John Currin, Vik Muniz, Awol Erizku o nel cinema di Federico Fellini; rivivono negli abiti della stilista e sindacalista Rosa Genoni e nelle collezioni della Maison Valentino, invadono le riviste patinate su cui posa Kate Moss e sono coprotagoniste alle foto della celebre influencer Chiara Ferragni.
Miles Aldridge - Like A Painting #1, (2005) - Courtesy of the artist.
Per quanto riguarda quest’ultima, osserva Lucrezia Ercoli nella sua disamina in catalogo: «Ai giorni nostri l’italiana Chiara Ferragni, nata a Cremona, incarna un mito per milioni di follower – una sorta di divinità contemporanea nell’era dei social. Il mito di Chiara Ferragni, diviso fra feroci detrattori e impavidi sostenitori, è un fenomeno sociologico che raccoglie milioni di seguaci in tutto il mondo, fotografando un’istantanea del nostro tempo […].».
Tra riferimenti formali e tematici, la mostra conduce a inevitabili riflessioni sulla narrazione e sulla rappresentazione del corpo della donna.
A far da padrona è l’immagine della Venere, fra tutte la più frequentata dalla contemporaneità.
Come un’ossessione ricorrente che attraversa i secoli, tra canoni immutati e nuovi paradigmi estetici, in mostra la Venere è bianca, nera, grassa, magra, transgender, eterea o popolare, quasi sacra e mondana, a seconda dell’artista che la cerca.
John Currin - Pellettiere, 1996 - Laura and Stafford Broumand Collection.
Scrive il curatore Denis Isaia nel suo intervento critico: «In termini astratti possiamo dire che l’artista è un inventore di categorie. Mi rendo conto che sia una sintesi brutale e sommaria. Ma quale immagine avremmo della Metafisica senza de Chirico? E Picasso? Dopo di lui il brutto è un’altra cosa, non c’è brutto più bello del suo. Quella dell’invenzione non è una caratteristica solo novecentesca.
«Forse un giorno ci saranno occhi diversi con cui guardare alla storia dell’immagine e della forma, ma per ora – ossia dalla modernità in avanti – l’invenzione è la radice dell’arte. Raffaello inventa la purezza. Michelangelo fonde corpo e scultura in un’unica nuova unità (i cultori del muscolo sanno a chi essere devoti). […] Alle prese con le prime controindicazioni di cotanta ragione e altrettanta ragionevolezza, Caravaggio inventa le tenebre.
«Mentre Ribera, dopo di lui, le rende estatiche. A Duchamp dobbiamo la contezza del contesto quale cornice culturale e sociale. Morris è l’inventore del depotenziamento della rilevanza dell’oggetto (per questa ragione sposerà l’antiforma e chi verrà dopo di lui il concetto e il comportamento).
«Warhol scopre l’immagine, infatti prima di lui Marilyn Monroe era solo un corpo o una memoria, ma non un’immagine. Botticelli invece è l’inventore dell’idea di bellezza. Prima di lui la bellezza esisteva, ma non era stata sintetizzata.
«Era una sensazione, una forma, ma non era un’idea. Ciò spiega la sua presenza nel nostro tempo: Botticelli appartiene a noi tutti perché attorno alle sue icone si consuma ancor oggi la dialettica sull’idea di bellezza. Che si tratti di moda, arte o cinema, quando si parla di bellezza Botticelli è un approdo o una tappa obbligata. Infinito Botticelli. […].»
In mostra fra l’altro l’omaggio della Maison Valentino alla Primavera di Botticelli, la Collezione Pre-Fall 2015-2016, firmata da Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli in collaborazione con la designer di tessuti Celia Birtwell, che rinvia alle intuizioni di Rosa Genoni (la creatrice milanese espose nel 1906 nel Padiglione delle arti decorative dell’Esposizione internazionale del Sempione di Milano un abito ispirato alla «Primavera» del Botticelli, come racconta Manuela Soldi, raccontando il progetto della Genoni).
Per concludere, una mostra ancora una volta imperdibile…
Daniela Larentis – [email protected]
Sandro Botticelli - Venere, 1495-1497 c. - © MiC - Musei Reali, Galleria Sabauda.
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