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La «piccola grande» università di Trento – Di Nadia Clementi

Ne parliamo col prof. Paolo Collini, rettore di un ateneo che si è portato al 200esimo posto nel ranking mondiale e al 100esimo per la ricerca scientifica

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Il prof. Paolo Collini è Rettore dell'Università di Trento dal febbraio 2015.

L’Adigetto.it conosce il professore Paolo Collini da otto anni, quando lo intervistammo per saperne di più sul suo pensiero sulla Crisi dei Mutui, che allora era agli albori.
All'epoca era presidente della Facoltà di Economia dell’Università di Trento e quando gli domandammo se c’erano analogie con la crisi del ’29, rispose: «le crisi cambiano di nome, ma sono generate sempre dalle stesse cause, emissione di titoli a fronte di valori inesistenti».
Ci vollero due Festival dell’Economia perché un Nobel facesse il primo riferimento alla crisi del ’29.
Per questo siamo sempre stati vicini al pensiero del prof. Collini.
E quando è divenuto rettore dell’Università di Trento ci è sembrato un passo naturale della sua carriera.
L’Ateneo è una delle istituzioni che più investono in ricerca nel nostro territorio e per questo rappresenta il futuro migliore per i nostri ragazzi.
Ed è in questa veste di magnifico Rettore che abbiamo deciso di intervistarlo per la rubrica «Parliamone».


 
Quando il febbraio di un anno fa il professore Paolo Collini veniva eletto rettore dell’università di Trento con 305 preferenze e un grande distacco dal secondo candidato Stefano Zambelli, le sue prime parole venivano rivolte a un’Università sempre più internazionale e che negli anni era riuscita a ritagliarsi uno spazio sempre più prestigioso nel panorama nazionale ed europeo, scalando classifiche di ogni sorta.
Oggi l’Ateneo trentino si trova regolarmente in cima alle classifiche delle migliori università del mondo, la cui più recente è quella della «Grande Guida Università Censis-la Repubblica» che la colloca al 2° posto, dopo Siena, tra le Università di medie dimensioni.
Certo non è tutto oro ciò che luccica: anche l’università trentina deve fare i conti con l’inesorabile scarsità di risorse, nonostante la delega provinciale in materia di università, avvenuta nel 2011, che ha arginato parzialmente le perdite.
 
Il primo anno di rettorato di Paolo Collini si può ben riassumere dal suo primo discorso d’inaugurazione dell’anno accademico, avvenuto il 27 gennaio 2016.
Forte la valenza territoriale dell’Università, ad esempio con il progetto di asse tra gli atenei del Nord Est (il prof. Collini è vicentino e laureato alla Ca’ Foscari), oppure l’accordo con la Fondazione Edmund Mach per la nascita di un centro universitario su alimentazione, agricoltura e ambiente.
Uno sguardo rivolto anche al mondo dell’impresa, non a caso l’ospite d’onore a inaugurare l’anno è stato, per la prima volta, un imprenditore.
Poi il tema dell’innovazione didattica, in un mondo che ha visto e vede modificarsi radicalmente i modi di trasmissione del sapere seppure il esso è ancora fortemente tradizionale.
 
Ma ciò che per Collini rappresenta l’elemento centrale per parlare di «buona università» sono le persone.
Il suo obbiettivo è scegliere le migliori, aiutarle a lavorare bene, creare il contesto e le condizioni perché possano perseguire i loro progetti, che sono poi anche quelli dell’Ateneo: fare buona ricerca, aiutare i giovani a crescere e a formarsi, lavorare con il territorio per far crescere il Trentino. 0
Una strada formata da tre assunti fondamentali: ricerca, formazione e collaborazione con il territorio, e che presuppongono vedute molto ampie, coraggio e, non ultimo, risorse economiche non per forza esagerate ma sicuramente ben collocate.
Il professor Collini ha tempo fino al 2021 per portare a termine questa ambiziosa sfida e noi lo abbiamo intervistato per fare un bilancio di questi primi 12 mesi da Rettore e per parlare del disegno futuro per l’Università tridentina.
 

 
Professor Collini, fin dai primi momenti della sua elezione a rettore dell’Università di Trento ha subito puntato su alcuni punti chiave: internazionalità, collaborazione con il territorio e qualità delle persone. A un anno dalla sua nomina conferma che queste sono le priorità?
«Oggi possiamo dire di essere su un'astronave che viaggia nell’universo: non siamo più a Trento, siamo in Europa, siamo cittadini del mondo. Essere internazionale significa far parte di una rete mondiale di rapporti di collaborazione nel campo della ricerca e della didattica, in modo che studenti e professori italiani possano muoversi con agio professionale e culturale; e che studenti, docenti e ricercatori esteri non si sentano mai stranieri all’interno del l’Università di Trento.
«Quanto alla qualità delle persone, confermo che è fondamentale lavorare bene in team con colleghi, docenti, ricercatori, studenti e persone che siano motivate e capaci. Il capitale umano, anche se non mi piace definirlo così, rappresenta la ricchezza principale.»
 
Con gli accordi sulla legge di stabilità del Paese, l’Ateneo Trentino è ormai competenza esclusiva della Provincia autonoma di Trento. Non c’è pericolo che la Provincia possa condizionare il mondo accademico dell’Università?
«Preciso che lo Stato riconosce tramite la Provincia Autonoma di Trento 76 milioni di euro per la nostra Università.
«Tra noi si è instaurato un ottimo rapporto collaborativo e costruttivo tale da non trovare alcun motivo di negoziare: quello che conta è la garanzia dei risultati.»
 
La Provincia deve comunque coordinare gli istituti di ricerca con il progetto strategico del Trentino. Il sistema consente la massima collaborazione in tal senso?
«All’interno dei diversi filoni di attività formative e di ricerca, e più in generale di trasferimento, diffusione e divulgazione delle conoscenze, trovano spazio diverse opportunità di azione sinergica con altri soggetti operanti nel panorama provinciale; a cominciare dalle Fondazioni Bruno Kessler ed Edmund Mach, con le quali l’Università di Trento intende proseguire un cammino di convinta e positiva collaborazione.
«Stiamo inoltre realizzando un nuovo centro Universitario di Agraria che si occuperà di temi quali alimentazione, agricoltura e ambiente.»
 

 
La ricerca è una delle risorse del Trentino e l’Università di Trento è una delle massime istituzioni di ricerca per definizione. Ma qual è il rapporto tra la ricerca e l’innovazione?
«La ricerca esplora e rinnova il sapere, l'innovazione industriale è il rapporto di beneficio, talvolta immediato, con le imprese.
«Di recente ne abbiamo premiato una trentina di eccellenza nel campo dei conduttori, ma sono anche altre le realtà industriali locali che hanno beneficiato delle nostre competenze.
«Penso al settore informatico, al settore dell'edilizia abitativa, alla ricerca del trattamento dei rifiuti svolta dai nostri ricercatori del dipartimento di ingegneria civile.
«Se poi indaghiamo sul rinnovo degli argini dell'Adige troviamo studi dei nostri ingegneri idraulici.
«Tra chi invece ha contribuito allo studio dei confini tra Trentino e Veneto troviamo i nostri cartografi storici. Possiamo dire che le collaborazioni sono molte di più di quelle percepite dalla popolazione.»

La ricerca è anche un contributo per la comunità scientifica internazionale: quali sono le principali attività promosse dall'Ateneo trentino?
«L’Ateneo trentino sta guadagnando una crescente reputazione nella comunità scientifica e nell’opinione pubblica per il contributo che sta portando in vari ambiti disciplinari all’avanzamento del sapere, al trasferimento delle conoscenze, all’innovazione e al miglioramento della qualità della vita.
«Sono state molte le scoperte scientifiche che negli ultimi mesi hanno puntato i riflettori dei media nazionali e internazionali sul Trentino: basti pensare all’interesse suscitato nei media grazie alla scoperta, lo scorso ottobre, di una difesa naturale contro la diffusione del virus HIV.
«In ambito spaziale, lo scorso 3 dicembre i riflettori di tutto il mondo erano puntati sulla missione Lisa Pathfinder che ha l’obiettivo di aprire la strada alla costruzione di un vero e proprio osservatorio spaziale con le onde gravitazionali. Un evento che è stato seguito con grande partecipazione anche dal Trentino. La sonda lanciata nello spazio è stata realizzata dall’ESA (European Space Agency) con il fondamentale contributo dell’ASI (Agenzia Spaziale Italiana), in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e l’Università di Trento.
«Nei mesi scorsi ha avuto eco lo studio internazionale sulla disgrafia condotto dal Centro mente e cervello (CIMeC) che ha identificato per la prima volta le aree dell’emisfero sinistro del cervello che sono alla base delle conoscenze sulla parola scritta e dei processi che permettono la scrittura della parola stessa.
«Grandi soddisfazioni sono arrivate poi nei giorni scorsi dall’Ingegneria per due progetti che hanno rivolto applicativi importanti. Il primo coniuga tecnologia e impegno umanitario: otto studenti del Dipartimento di Ingegneria industriale sono entrati a far parte dell’associazione internazionale di volontari e-NABLE che produce, con stampanti 3D, protesi per persone che hanno malformazioni o hanno subito amputazioni e hanno gettato un ponte con il continente asiatico. Una protesi è già stata consegnata mentre un’altra sta per arrivare a destinazione. Ora gli studiosi sono alla ricerca di finanziatori per coprire le spese vive di produzione e poter così regalare altre protesi.
«Ma c’è anche un progetto di ricerca industriale molto promettente e dagli immediati risvolti applicativi sul mercato, che intende trovare soluzioni costruttive sostenibili per il Social Housing: puntando su un materiale ibrido, nato dalla combinazione di acciaio e legno trentino ideale per edifici ad alto contenuto tecnologico, flessibili, ecosostenibili e dai costi accessibili.»
 

Università di Trento, il Rettorato.
 
L’università fa ricerca motu-proprio. Ma riceve anche precise richieste dal Pubblico o dal Privato?
«L'Università di Trento ha fatto delle relazioni con il territorio e con il mondo imprenditoriale una priorità. L'Ateneo può contare oggi sul supporto del governo provinciale e su proficue collaborazioni con la rete della ricerca locale e con enti pubblici e privati: grazie a ciò Trento è oggi al primo posto in Italia per la produzione di progetti a livello Europeo, dopo Padova e Roma.
«La ricerca riceve un finanziamento pubblico che arriva dallo Stato pari a 80 milioni di euro, altri 6 milioni arrivano dalle imprese e un altro importante contributo lo si ottiene dalla Provincia.
«Oggi l’Università di Trento punta a rafforzare i propri rapporti con i sistemi ai quali già appartiene come ad esempio la partnership con l'Istituto di Fisica nucleare e il nuovo Centro di Protonterapia, (studia effetti clinici delle particelle di protoni sui tessuti e sui materiali) e a promuovere la partecipazione ad altri sistemi regionali, nazionali e internazionali nell’intento di massimizzare le proprie risorse e metterle virtuosamente in rete.
«In particolare l’Università intende sviluppare il suo impegno con il sistema trentino della ricerca, con il sistema scolastico, con il sistema produttivo locale e nazionale, con le università dell’Euregio, del nord-est e con l’European Institute of Technology (EIT).»
 
Grazie al Dipartimento di Fisica, il Trentino sta operando nello spazio. Un primo risultato è stato raggiunto e riconosciuto a livello mondiale con l’intercettazione delle onde gravitazionali. Si prevede un incremento verticalizzato della ricerca rivolta ai buchi neri?
«Esattamente. E sarà compito proprio della sonda lanciata in orbita il 3 dicembre dello scorso anno che, dopo una lunga serie di test, può ora cominciare l’esperimento scientifico e tecnologico, per cui è stata progettata.
«La sonda, realizzata dall’ESA con il fondamentale contributo dell’ASI, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e l’Università di Trento, punta infatti a dimostrare la fattibilità tecnologica del rilevamento di onde gravitazionali nello spazio.
«LISA svolgerà sei mesi di attività scientifica e i suoi risultati apriranno la strada alla missione L3, il prossimo progetto di ESA: l’osservazione nello spazio infatti allargata sull'universo gravitazionale, che abbiamo appena aperto, e ai buchi neri supermassivi posti al centro delle galassie più grandi.
«Questi dati ci forniranno indizi unici sulla formazione delle grandi strutture cosmiche e soprattutto sull'evoluzione dell’universo primordiale, quando si generarono le prime stelle e galassie.»
 

Università di Trento, Dipartimento di Economia.
 
C’è un altro laboratorio trentino che gira intorno alla terra, ce ne ha parlato il Direttore del Dipartimento di Fisica. Ma abbiamo l’impressione che anche Lei sia affascinato dalle scoperte scientifiche. Sbagliamo?
«Sono un economo e come tutti gli economisti mi piacerebbe prevedere il futuro ma l'economia è generata dalle persone e dalle loro revisione e aspettative, è impossibile prevedere come si muoveranno.
«Lo stesso vale per scoperte scientifiche: potremmo capire le regole che muovono l'universo ma poi si dovrà anche capire chi le ha generate.»
 
Arrivano risultati dallo spazio, dalla medicina e dall’ingegneria generati dall’Ateneo. Le domandiamo se sarà possibile leggere sulle riviste scientifiche risultati anche da altri dipartimenti.
«L'Università di Trento è sempre più riconosciuta a livello internazionale, anche in una varietà più ampia di discipline, e anche questo incide sul buon posizionamento nei vari ranking internazionali e nella qualità della ricerca che si esprime nelle pubblicazioni.
«La conoscenza, infatti, non va solo prodotta ma anche divulgata e la qualità della ricerca passa attraverso le riviste specializzate. L'ultima in ordine di tempo è stata pubblicata dalla famosa rivista Physical Review Letters relativa alla scoperta scientifica dell'esistenza delle onde gravitazionali.
«Più le riviste sono prestigiose e ambite, più sono qualificanti. Il nostro Ateneo vanta un numero significativo di pubblicazioni e di citazioni. La più recente classifica The Times Higher Education Rankings 2015-2016 ha posizionato la nostra università al 200° posto nel mondo e al 100° per la produzione di ricerca scientifica sia per numero di articoli procapite che per numero di citazioni a livello mondiale.»
 

Università di Trento, Dipartimento di Sociologia.
 
In particolare, Lei è stato docente e preside della Facoltà di Economia, nonché personaggio chiave del Festival dell’Economia. Possiamo aspettarci risultati della ricerca anche su questo fronte?
«Il Festival dell'Economia è un evento divulgativo che ha l'ambizione di portare conoscenza autorevole a disposizione di un pubblico di non esperti. Cerca in pratica di convertire un mondo fatto di formule in un linguaggio che renda comprensibile il fenomeno economico.
«Per farlo si avvale di esperti economisti, sociologi, filosofi, politici e anche personaggi della pubblica opinione: una equipe multidisciplinare per divulgare conoscenze indispensabili in maniera moderna.
«A livello economico, delle ultime valutazioni elaborate tra i nostri 12 dipartimenti e centri di ricerca, 9 di questi si sono collocati tra i primi, i secondi e i terzi in Italia.
«Ma siamo anche molto quotati nelle scienze sociali e civili: giurisprudenza, che è la prima in Italia; ma anche Lettere e tutta la parte umanistica che comprende archeologia, storia dell'arte e filosofia ricoprono un ruolo di prestigio.
«Per quanto riguarda il dipartimento di economia, sebbene si tratti di una piccola realtà, anch'esso produce ricerca con significative ricadute sul territorio.»
 
A giugno inizia l’undicesima edizione del Festival dell’Economia e come sempre l’Università sarà partner e protagonista. La vita culturale di Trento sarà sempre più legata alla sfera economica?
«Il Tema del Festival di quest'anno è I luoghi della crescita e fa riferimento alla geografia economica: si discuterà del perché certi luoghi crescano di più di altri.
«Il dato di fatto è che sono le persone a incrementare la crescita. Si pensi alla Silicon Valley: non sarebbe esistita l'University di Stanford senza l'amministrazione di Steve Jobs.
«Come ogni anno saranno presenti al Festival volti noti sia dell'impresa che della società civile. Certamente c’è da sottolineare che il Festival è una macchina che viaggia per conto suo e non rappresenta di certo una vetrina esclusiva della facoltà di economia di Trento.»
 
L’Università di Trento conta 17.000 studenti di cui 5.000 non residenti in provincia. Senza entrare in superficiali dibattiti sul divertimento notturno, possiamo dire che la ricaduta sul territorio sia non solo economica ma anche sociale? Cioè i Trentini, storicamente «chiusi» per definizione, trarranno vantaggio da questa mescolanza di culture e tradizioni?
«La città di Trento in questi ultimi anni è molto cambiata. Circa il 15% della popolazione è rappresentato dagli universitari e ciò genera un importante incremento economico e un indotto sociale molto interessante. Come già detto non possiamo più pensare in piccolo.»
 

Università di Trento, Dipartimento di Ingegneria.
 
I sindacati lamentano un calo delle iscrizioni all’Università. Riguarda anche l’Ateneo trentino? Di cosa è sintomo questo dato?
«L'Ateneo Trentino non ha registrato un calo, punta sempre ad avere studenti bravi, motivati ed è capace di attrarne un alto numero anche da fuori provincia.
«Trento è tra le prime università in Italia ad aver esteso l'accesso programmato a tutti i propri corsi. C’è anzi da segnalare un aumento di iscritti nel campo economico e sociale.»
 
La percentuale di laureati sugli iscritti come si posiziona rispetto alle altre università? Lei è in grado di fornirci qualche dato, magari comparato con la media italiana?
«Per quanto riguarda la laurea triennale la stima è del 75% di laureati sul totale degli iscritti. Grazie alla stretta collaborazione tra il Consorzio Interuniversitario AlmaLuarea e l'Iniziativa Stella è stato possibile tracciare un quadro sintetico dei laureati italiani del 2014. Nello specifico, l'integrazione della documentazione raccolta riguarda 270mila laureati di 2 università italiane.
«I laureati dell'Ateneo di Trento del 2014 sono stati 3.440, divisi in 1.944 laureati di primo livello, 1.094 laureati nei percorsi magistrali biennali e 380 laureati a ciclo unico. I restanti sono laureati pre-riforma o del corso non riformato in Scienze della Formazione primaria.
«La quota di laureati di cittadinanza estera è complessivamente pari al 7,2%: 4,3% tra i triennali, 1,6% tra i magistrali a ciclo unico e 14,4% tra i magistrali biennali.
«È in possesso di un diploma di tipo liceale (classico, scientifico e linguistico) il 58% dei laureati 2014. La riuscita negli studi è rilevata attraverso l’età alla laurea, il ritardo all’iscrizione, la durata e la regolarità negli studi, ma anche la votazione di laurea.
«L’età media alla laurea, oggi pari a 25,7 anni per il complesso dei laureati, varia tra 24,5 anni per i laureati di primo livello e 26,4 anni per i magistrali a ciclo unico e 27,3 per i magistrali biennali. Su tale risultato incide sicuramente il ritardo nell’iscrizione al percorso universitario, oggi più marcato rispetto a quanto non avvenisse prima dell’avvento della Riforma Universitaria.
«La durata media degli studi è pari a 4 anni: più nel dettaglio, è 4,1 anni per i laureati di primo livello, 6,7 anni per i magistrali a ciclo unico e 2,8 per i magistrali biennali.
«Su cento laureati, 55 terminano l’università in corso: in particolare, sono 57 laureati triennali, 27 laureati a ciclo unico e 62 magistrali.
«Il voto medio di laurea è pari a 100,5; in particolare, è 97,7 per i laureati di primo livello, 101,5 per i magistrali a ciclo unico e 105,4 per i magistrali biennali.»
 
 UniTrento in numeri 

 
Lo stipendio che i laureati ricevono ad assunzione avvenuta, è nella media, più alto o più basso?
«Lo stipendio è più alto della media nazionale, abbiamo dei casi anche di 200 o 300 euro superiore alla media italiana.
«È noto che in Italia la situazione sia critica: gli stipendi d'ingresso nel mondo del lavoro sono di pochissimo differenziati tra laureati e non laureati. Con questo le nostre imprese dovranno fare i conti: per evitare che le nostre giovani menti attraversino sempre di più il confine italiano, l'ipotesi potrebbe essere quella di applicare una riduzione fiscale al fine di aumentare gli stipendi netti.»
 
L’investimento dell’Opera Universitaria nel quartiere San Bartolomeo è stato considerevole: prima il quartiere universitario, ora il Teatro Sanbàpolis con il suo palco, la palestra e il Centro Musica. Quali sono le politiche dell’Università per integrare sempre di più questo interessante laboratorio nel tessuto cittadino?
«Sanbapolis, gestito direttamente dall'Opera universitaria, è uno dei quartieri tra i più belli per gli studenti di Ateneo e funziona molto bene: non solo un luogo di sport, con la splendida palestra, ma anche di cultura, di conoscenza e di attrazione.
«Una piazza della città che coinvolge più di 66 nazionalità diverse.
«Ora faremo in modo che venga rafforzato il collegamento con il centro del capoluogo attraverso un incremento della viabilità ciclabile e un potenziamento dei mezzi di trasporto pubblico.»
 
Il ritornello delle risorse che scarseggiano e dei tagli da parte dello Stato già lo conosciamo. Da Lei vorremmo sapere come l’Università si stia adoperando per risparmiare e garantire comunque l’altissima e comprovata qualità dell’offerta.
«Lo Stato soffre, ma la nostra strategia è anche quella di portare a Trento la ricerca che è fonte indispensabile per mantenere attive le numerose infrastrutture.
«Si cercherà in futuro di fare bene quello che già facciamo, essere più selettivi nelle scelte progettuali e organizzative e aumentare l'offerta agli studenti con l’obiettivo di ampliare il numero degli iscritti di 1.000 o 2.000 unità.»
 

Università di Trento, Polo Ferrari.
 
A un anno dall’elezione, tempo di bilanci: cosa ha imparato in questi 12 mesi da rettore? E cosa si devono aspettare l’Università, i suoi studenti e la città nei prossimi 5 anni?
«Ho imparato che fare le cose bene è molto faticoso. Non basta avere delle buone idee, bisogna fare in modo che esse si realizzino e in un’organizzazione complessa come la nostra composta da 1.300 dipendenti e più di 16.000 studenti è molto difficile.
«L'esperienza da preside, intrapresa per tanti anni, mi è servita soprattutto per imparare a gestire il lavoro altrui e assicurarmi che tutto venisse svolto nel migliore dei modi.
«Il mio ruolo di rettore all'interno dei Dipartimenti, che sono di fatto strutture operative, è quello di mantenere efficaci i rapporti con i Direttori. In questi anni ho imparato ad ascoltare persone e opinioni diverse iniziando a frequentare i vari consigli di Dipartimento per avvicinarmi in modo concreto alla loro realtà giornaliera.
«Per quanto riguarda il futuro degli studenti credo si possano aspettare un miglioramento della qualità didattica, che va indubbiamente rinnovata.
«Siamo consapevoli di dover fare i conti con una realtà che è molto diversa rispetto a pochi anni fa e continuerà a mutare sempre più velocemente.
«La nostra preoccupazione su cosa succederà ai ragazzi un domani è sempre più grande, per questo il nostro intento non è solo di insegnare loro le materie di studio ma anche di attrezzarli per progredire non solo come laureati ma anche come cittadini e protagonisti della loro vita.»
 
Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it


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