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«È la passione a far crescere l'Aquila Basket» – Di Nadia Clementi

La passione di chi lavora al suo fianco e del pubblico che la vive e la sostiene: ne abbiamo parlato con Luigi Longhi, il presidente che l’ha portata in serie A

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Una misura del successo nutrito dall’Aquila Basket, ora Dolomiti Energia Trentino, i fan l’hanno toccata con mano due anni fa, quando la squadra Trentina è stata promossa in serie A dopo oltre vent’anni di sport e lavoro.
All’inizio della stagione scorsa i lettori che cliccavano gli articoli dell’Aquila Basket pubblicati da l’Adigetto.it erano un centinaio. Poi, man mano che la squadra saliva le faticose scale del successo i lettori sono aumentati sempre più fino a raggiungere i 3.000 click.
Da quel momento la squadra di casa ha creato sempre maggiore aspettativa e passione agonistica nei Trentini, e non solo, che hanno cominciato a condividere gioie, ansie e trionfi con i giganti della palla arancione.
In principio sembrava sufficiente che Dolomiti Energia restasse in serie A, ma si sa che gli sportivi quando raggiungono una cima ne scovano subito un’altra, ancora più alta, da scalare. E allora l’agonismo è diventato puro, quello che gonfia il cuore, appunto, di gioia o di pena.
Dolomiti Energia è così riuscita ad entrare nei cuori dei trentini, soppiantando (almeno per ora) sport più nazional popolari come il calcio.
A metà del suo primo girone in serie A, abbiamo deciso di intervistare uno degli artefici di questo successo, un collega giornalista che ha seguito la squadra nel momento più importante della sua vita: Luigi Longhi.
 

 Aquila Basket nell’era Luigi Longhi 
Nata vent’anni fa, era il 1995, l’Aquila è stata subito un bambino e un adolescente precoce, tant’è che dopo due decadi di partite si è conquistata la serie A, due vittorie di Coppa Italia di Lega 2 e la Coppa disciplina di Serie A.
La squadra Trentina ha già da un pezzo superato i confini regionali e disputato moltissime gare che l’hanno portata ai vertici delle classifiche trasformandola in una delle formazioni più promettenti, e più seguite, del basket italiano.
Tra le tante conquiste nel 2012 arriva anche la vittoria dello Scudetto dei dilettanti e ad alzare il trofeo è il nuovo Presidente dell'Aquila Basket Trento, Luigi Longhi, che dal 18 gennaio 2012 ha assunto la carica più importante nella società bianconera da Giovanni Zobele, che lasciava questo ruolo dopo 13 anni di Presidenza.
Essere un nuovo presidente in quel 2012 cruciale non dev’essere stato facile per Luigi Longhi, 49 anni, giornalista al quotidiano L’Adige, che nell’accettare l’investitura ha detto: «Accetto con grande entusiasmo ed un pizzico di timore la carica di presidente.
«In questi anni ho visto l'Aquila crescere e diventare adulta grazie alla tanta passione messa in campo dai soci e da tutti coloro che lavorano in società ogni giorno.
«Insieme a tutti quanti lavorerò per consolidare e ampliare la società nel solco di una tradizione fatta di serietà, etica e responsabilità.»
Oltre ai campioni di oggi Aquila Basket si impegna ovviamente a coltivare i talenti di domani: molto ampia infatti è l’attenzione nei confronti dei giovanissimi dal minibasket, i cosiddetti «aquilotti», fino alle giovanili dove oggi militano ragazzi di under 20.
La crescita straordinaria di questa squadra è comprovata anche dagli importanti sponsor che la supportano, capofila Dolomiti Energia e a seguire alcune delle aziende eccellenti del territorio come Melinda, Cavit, MD Discount e la stessa agenzia provinciale di marketing.


 
Presidente Longhi, ci può raccontare il passaggio di consegne da Zobele, il suo predecessore alla presidenza: cosa ricorda di quei momenti, quali erano le aspettative?
«Nel gennaio 2012 alcuni soci dell'Aquila Basket mi proposero di diventare Presidente al posto di Giovanni Zobele. Ovviamente conoscevo già la squadra ma non ero direttamente coinvolto nello sport; prendere parte a quest’avventura fu motivo di grande orgoglio, lo ricordo come un momento particolarmente emozionante.
«Con molta ambizione iniziai attivamente a progettare, lavorare sodo per organizzare una buona società in grado di arrivare in serie A con un anno di anticipo rispetto alle aspettative. Anticipare i tempi ci ha obbligati a pretendere risultati in campo, a fortificare un’organizzazione societaria di spessore e a creare interesse e partecipazione.
«Ma sopra ogni buon proposito il nostro progetto più importante era quello di creare la pallacanestro del Trentino. Volevamo dare origine a uno sport popolare che la comunità sentisse proprio e per arrivare a questo risultato occorre vincere in campo, creare interesse, organizzare una società che sia estesa, aperta alla collettività e non di un unico proprietario.
«Questo mi riporta con piacere alla ricerca condotta dal prof. Paletta, docente dell'Università di Bologna, nella quale siamo stati definiti una società sportiva di comunità.
«Perché oltre agli aspetti sportivi abbiamo lavorato anche sugli aspetti recepiti dalla comunità trentina e questo lo testimoniano le collaborazioni con ben 14 società no-profit, con tante aziende locali e il coinvolgimento diretto anche dei tifosi.
«Possiamo dire che tutti siamo proprietari di Aquila e nessuno può dire di esserne il padrone.»
 

 
Negli ultimi anni la squadra è cresciuta molto e il passaggio in serie A nel 2014 è stato certamente un traguardo importante, quand’è che ha capito che l’Aquila Basket avrebbe potuto farcela?
«Lo spartiacque sportivo è stata la vittoria di coppa Italia in Lega 2. È stato allora che abbiamo capito che potevamo fare qualcosa di veramente importante.
«Poi l'anno successivo è arrivata la promozione in serie A.»
 
Se dovesse attribuire il merito della promozione a chi penserebbe?
«Non voglio fare il democristiano ma tra tante persone che collaborano con noi, il merito della promozione va anche a Salvatore Trainotti, che ricopre la carica di direttore generale della società; è quello che ha lavorato di più. Rappresenta una figura molto importante per l'Aquila.»
 
I ragazzi sono cambiati passando al massimo girone?
«Alcuni dei ragazzi erano con noi da oltre due anni e non sono solo cambiati: ma sono migliorati, perché anche loro hanno ottenuto dei risultati che i più pensavano irraggiungibili.
«Si tratta di bellissimo esempio di come nella vita, se ti impegni e lavori seriamente, i risultati arrivino.»
 

 
C’è un giocatore che può essere definito «l’anima della squadra»?
«Sicuramente al Capitano Toto Forray: rappresenta l’emblema della nostra squadra. Grazie al suo carattere, al suo impegno e alle sue capacità di rapportarsi con le persone, è un campione stimato e benvoluto da tutti.
«È uno dei giocatori che ha segnato e segnerà la storia dell'Aquila degli ultimi anni.»
 
Una volta in A avete fatto molti cambiamenti? Quali?
«Siamo diventati più forti, è nata la Fondazione Aquila diretta da Giovanni Zobele, che ha lo scopo di garantire la mission della società.
«Si è formato anche un trust della squadra composto da 700 tifosi e in parte proprietari della società e pure un cast di 54 aziende.»
 
Molti dei giocatori che oggi militano nella squadra sono stati acquistati sul mercato. Avete anche un bacino di giovanissimi che allenate per farli diventare, un giorno, campioni?
«Il settore giovanile è parte integrante di Aquila, ma non ha scopo di creare campioni bensì di formare dei ragazzi che conoscano il senso dello sport.
«Il fine è quello di far nascere nei giovanissimi il senso della disciplina, del gioco di squadra, il rispetto per se stessi e per gli altri. Se poi uno di loro si rivela un campione ben venga, ma lo scopo è quello di creare prima di tutto degli adulti. Se riusciamo in questo abbiamo già fatto molto per il settore giovanile.
«Abbiamo oggi più di 300 bambini da 5 ai 18 anni iscritti, già questo è un traguardo di cui possiamo essere soddisfatti.»
 

 
Vi dedicate molto alla beneficienza, alla solidarietà. Questo è certamente uno dei valori cardine dello sport.
«Lo sport al giorno d'oggi è un veicolo eccezionale per diffondere messaggi. È una realtà composta da generazioni e da strati sociali diversi che stanno assieme per la passione che condividono.
«In questo modo ogni società no-profit ha la possibilità di veicolare il proprio messaggio e nel contempo genera la possibilità di diffondere i nomi delle società facendoli crescere entrambi.
«Si crea pertanto l'occasione di avvicinare e di far comprendere nuove realtà sociali, dando vita ad un circolo virtuoso che unisce due mondi, quello sportivo e quello del no-profit che spesso si incrociano e hanno molto cose in comune.»
 
Avvertite la vicinanza della città alla squadra?
«Direi che siamo oltre la città, il nostro è un fenomeno non solo regionale ma ormai nazionale. Siamo anche molto osservati a livello sportivo, per tanti siamo un esempio da imitare.»
 
Il pubblico vi sostiene come si deve? Il tifo è molto importante per l’umore della squadra.
«Il pubblico è molto importante. Ma non possiamo lamentarci, siamo partiti in 400 e adesso siamo in 3.000. Ci siamo ingranditi anche sotto questo punto di vista. Siamo soddisfatti.»
 

 
Ci sono molti affezionati che vi seguono anche nelle trasferte?
«Sì, abbiamo un gruppo di giovani affezionati. Organizziamo dei pullman per le trasferte ma tanti tifosi ci seguono autonomamente. Il tifo anche fuori casa non manca.»
 
Un’altra novità imprevedibile è stata l’entrata nel circuito europeo. E avete portato anche ottimi risultati. Come fate quadrare tutti questi impegni?
«Per raggiungere questi risultati ci vuole tanta dedizione e tanto impegno, poi ci vogliono le persone giuste al posto giusto e dei giocatori motivati che sappiano affrontare impegni importanti.
«Ma noi abbiamo iniziato bene e siamo riusciti a far comprendere al nostro staff che è vitale fare nuove esperienze, per migliorare e imparare anche da altre realtà come le squadre europee simili alla nostra.
«Pensiamo sia fondamentale scoprire e confrontarsi con altre società per conoscere le loro abitudini, le modalità di intrattenimento, di gestione pubblico, per sviluppare nuove idee vincenti.»
 
Ci racconta qualche curiosità e aneddoto degli ultimi anni?
«Ricordo che la vittoria del campionato mi ha obbligato ha smettere di fumare.
«Un altro aneddoto che mi viene in mente è quando fui scelto come presidente: mi convocarono furtivamente sette consiglieri per darmi la notizia, per qualche secondo mi ero preoccupato e per due minuti non capivo cosa mi sarebbe successo.
«E poi ricordo la prima vittoria a Varese, fu una gioia immensa, tale da farmi piangere»
 

 
Ci pare che gli sponsor giochino un ruolo molto importante. Vogliamo spendere qualche parola anche per loro?
«Senza di loro non saremmo qui, va detto che gli sponsor prima di tutto sono amici poi sono anche compartecipi alle nostre realtà.
«Un esempio è la collaborazione con Dolomiti Energia: è nata una sinergia che va al di là della sponsorizzazione.
«Altra importante esperienza è stata quella vissuta nella centrale Idroelettrica di S. Massenza dove abbiamo girato un video promozionale.»
 
Per concludere una domanda difficile: Il Trentino ha dato i natali ad una squadra di volley mondiale, poi una di basket che sta risalendo l’Olimpo nazionale. Sulla vostra scia si è mosso il nuovo Trento Calcio, che vuole tornare agli antichi splendori.
Ci dica, il Trentino è in grado di generare un’altra squadra ai massimi livelli?
«Quello che posso dire è che la pallavolo è un esempio per tutti quanti. Il nostro progetto è diverso anche perché il budget è ovviamente di altro tipo, ma si cercherà di arrivare ad ottenere il massimo.
«Vedremo chi resisterà nel tempo e chi sarà capace di creare le condizioni per essere ancora qui tra 10-15 anni.
«L’ Aquila Basket farà di tutto per essere presente e cercheremo di essere Humus, terreno fertile per tutta la comunità trentina.
 
Nadia Clementi – n.clementi@ladigetto.it
Web: www.aquilabasket.it
 

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