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Storie di donne, letteratura di genere/ 560 – Di Luciana Grillo

Jocelyne Saucier, «Il segreto dei Cardinal» – Grande romanzo, che coinvolge ed emoziona, che mette al centro la famiglia

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Titolo: Il segreto dei Cardinal
Autrice: Jocelyne Saucier
 
Traduttrice: Luciana Cisbani
Editore: Iperborea, 2024
 
Pagine: 224, Brossura
Prezzo di copertina: € 17
 
Dal Canada arriva una storia complessa e intrigante, impregnata di silenzi e dolore: protagonista è un’intera famiglia formata dai genitori e da ventuno figli che abitano in una grande casa fatta di stanze, stanzini e bagni e vivono a Norco, un paese che hanno fondato dopo che il padre ha scoperto un giacimento di zinco.
Da una parte c’è il padre sognatore che ama e studia le rocce; dall’altra una madre «perennemente col fiatone… perseguitata da un’urgenza. Urgenza dei pasti, urgenza dei figli, urgenza del susseguirsi dei giorni, urgenza di pensieri che scacciava con borbottii confusi…».
 
E poi ci sono i figli che hanno un nome, ma che usano tra loro un linguaggio familiare: Tintin, Zampillo, Fanalino (l’ultimo arrivato), ElToro, LaTommy, LaPulzella ecc ecc.
Si ritrovano, dopo anni in cui ognuno ha preso la sua strada, per festeggiare l’anziano padre che riceve un premio alla carriera: i ricordi si sovrappongono, il mistero di Angèle, gemella di LaTommy, occupa i loro pensieri: «Già nella hall dell’albergo, quando sono arrivati uno dopo l’altro e vicino alla reception c’è stato un assembramento di Cardinal, ho avvertito un disagio, una tendenza generale a svicolare… Il disagio è aumentato man mano che arrivavano gli altri. C’era la gioia della rimpatriata,… ma nello sguardo che ognuno di loro aveva al momento dell’arrivo c’era un lampo di panico… Ho la sensazione di inseguire delle ombre sfuggenti… io mi ritrovo solo… l’anima fra le mani».
 
È Fanalino che parla, che vorrebbe sapere e capire.
Ricorda quando da ragazzi si contendevano un posto sul divano, ricorda che avevano inventato una parola speciale, «Nemmiposto», per dire «Non prendere il mio posto» e poi “Nemmicamicia, Nemmistivali, Nemmipenna”…, quando dormivano dove capitava, quando proteggevano con accanimento i loro vestiti, quando andavano a letto con gli abiti del giorno dopo…
Questa rimpatriata forse è un tentativo di ricreare la famiglia di una volta, LaPulzella pensa che «vogliamo tornare tutti a Norco, vogliamo tornare al tumulto della nostra vita, capire quello che eravamo, quello che siamo diventati e, soprattutto, vorremmo risolvere l’enigma dei nostri genitori…».
 
Chi era realmente il padre, ossessionato da rocce e miniera, che immagazzinava in un capanno la dinamite, che celebrava con l’esplosione di un candelotto il settimo compleanno dei figli?
«Nostro padre qualche volta è passato in salotto, ma non ci rimaneva a lungo. Tutta quella gioventù lo intimidiva… e tornava nello scantinato a imbottirsi di sogni.»
Per il primogenito, andato in Australia, sganciatosi dalla famiglia e schiacciato da «un dolore che non volevo più avere», il padre era un eroe, «lo avrei seguito in capo al mondo… un uomo che aveva portato alla luce un nuovo mondo, come Cristoforo Colombo e Jacques Cartier», un uomo però commiserato «per la sua incapacità di trarre profitto dalla fortuna».
 
E la mamma, sempre presente tanto che «a furia di esserci è diventata invisibile per noi»? ElToro la ricorda con tenerezza: «In camicia da notte, a piedi nudi com’era sua abitudine, e con quel sorriso da madonna».
La descrizione di affetti ed eventi è corali, ciascuno racconta a suo modo, LaTommy era una vera Cardinal, forte e determinata, mentre Angèle – stregata da una coppia ricca e senza figli – era pronta a dividersi fra la sua famiglia e queste nuove persone che le facevano balenare davanti agli occhi una imprevista agiatezza, abiti ricchi di fronzoli, scarpette delicate e tendine di pizzo.
 
LaTommy vorrebbe salvare Angèle, allontanarla da quegli estranei, ma non ci riesce e quindi confessa che «dentro il mio dolore c’erano così tanti nodi ingarbugliati. La vergogna, il disprezzo di me stessa, e quell’errore, mio e tuo, quell’errore che volevo espiare io per tutte e due.
«Cercavo di sottrarmi alla vergogna di quel giorno sulla veranda? Non so se la furia con cui mi battevo fosse un modo per dimenticare che tu non c’eri, che avevi disertato, o se volevo farmi perdonare la mia defezione, il mio amore segreto per i tuoi vestiti che brillavano al sole, l’infinita tenerezza che conservavo per te, nonostante il loro rancore ostinato».
 
E insieme ai fratelli, quando Angèle tornava a casa, LaTommy non manifestava nessuna gioia, lei sembrava «una principessa. Il vestito, bianchissimo e di una leggerezza palpitante, le scarpe, i guanti, il cappello e perfino la collanina di perle satinate, tutto aveva la bellezza bianca di una creatura venuta dal cielo. Eri un incanto. Eri come una ventata d’aria fresca, un fiore di primavera in mezzo all’odore acre dei campi bruciacchiati».
Poi la miniera chiusa, gli incendi, quell’«ultimo evento dinamitardo, quello che si è portato via Angèle…» e la tensione costante: «la casa viveva sui carboni ardenti».
 
La parola passa a Geronimo che cura i feriti sui fronti di guerra, a Geronimo che si era addossato tutta la responsabilità del disastro, a Geronimo che partecipa alla cerimonia «esposto agli sguardi dei miei, incapace di muovere un solo passo in questo magma di sentimenti, stordito da tutti questi visi e queste voci familiari che mi danno quasi il capogiro… Cos’ero venuto a fare in quell’inferno?... Come spiegare cosa è successo quel giorno senza spezzare il sottile filo di menzogne che ci tiene in equilibrio?»
 
Il pensiero va ad Angèle, che per Geronimo rimane un enigma e per Tintin, che vive in povertà con i suoi bambini, il segno di una colpa di cui non può neanche parlare, anche se chiede a Geronimo di liberarlo da quel peso…
Il congresso si avvia alla fine, si avvicina la consegna della medaglia, e «noi che abbiamo sempre tanto disprezzato gli onori, adesso che ci ritroviamo riuniti per una di quelle dimostrazioni di vanità pubblica dobbiamo pur trovare un modo onorevole di scansarli… quella medaglia ci permetterà di sopravvivere ancora una volta ai nostri pensieri…».
Questi sono i Cardinal, sopraffatti da un segreto che solo il coraggio della madre riesce a svelare: «La verità. Finalmente. Detta, rivelata, liberata dall’unica che doveva esserne protetta e che ora la riconsegna a noi».

Grande romanzo, che coinvolge ed emoziona, che mette al centro la famiglia, per cui Angèle decide di sacrificarsi, «per salvare tutti noi e riscattare se stessa da un errore che errore non era. Per sancire una volta per tutte la sua appartenenza alla famiglia Cardinal».

Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
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