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Storie di donne, letteratura di genere/ 531 – Di Luciana Grillo

Nina Wähä, «Il testamento» – Una saga familiare lappone che traccia i sottili fili che si intessono tra le vite, i legami più torbidi, i desideri più inconfessati

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Titolo: Il testamento
Autrice: Nina Wähä
 
Traduttrice: Stefania Forlani
Editore: Carbonio Editore, 2023
 
Pagine: 424, Brossura
Prezzo di copertina: € 21
 
«Il Testamento», una poderosa opera di Nina Waha, pubblicato in italiano a fine 2023, ambientato in Finlandia e datato dicembre 1981, è uno straordinario romanzo che racconta il mondo contadino senza retorica ed evidenzia la singolarità di ciascun membro della famiglia a cui è concesso di vivere secondo le proprie inclinazioni.
Si avvicina il Natale, Annie torna a casa da Stoccolma, dove vive e lavora, e ritrova i suoi undici tra fratelli e sorelle insieme ai genitori, Siri - mamma abituata a subire e tacere - e Pentti - padre dispotico, anaffettivo, violento - che vivono in campagna, vicino al fiume Tornio. Secondo Annie si tratta di «una fattoria in mezzo al nulla, un posto che puzza di merda di vacca».
 
Fin dalle prime pagine, in questa storia si intravedono segreti, rapporti complessi, malintesi e frustrazioni: Lauri «non sapeva come avrebbe fatto a guardare sua sorella negli occhi»; Esko «l’affidabile… l’affidabilità fatta persona… si asciugò le lacrime sulla manica del giubbotto… non provava più amore per suo padre…».
«La casa stessa sembrò sospirare di sollievo quando Pentti se ne andò. C’era troppa folla, con Annie, Lauri e Tarmo, e con Tatu che veniva una sera sì e una no.
«Eppure, quando Pentti se ne andò, sembrava meno affollata.
«E meno claustrofobica.
«E meno stancante.»
 
In assenza del padre, tutti si aiutavano a vicenda, tre mungevano le mucche, due collaboravano con la mamma in cucina, i due piccoli giocavano, anzi uno dei due guariva lentamente.
Il figlio numero otto, Tatu, si sentiva unico, sapeva di poter fare qualunque cosa, protetto dalla madre tanto quanto poco considerato dal padre.
E pensando che nulla gli fosse proibito, trasgrediva ogni regola, tanto da finire per un anno in prigione.
Helmi, che era stata una bambina serena, allegra e gentile e crescendo era diventata una donna bella, viveva con il marito a Rovaniemi, «persone sole in scatolette impilate l’una sopra l’altra, l’una accanto all’altra».
 
È in casa di Helmi che i figli si ritrovano e invitano la madre a divorziare dal padre, la mamma Siri che «aveva sopportato così tanto. I suoi atti perversi nella stalla. La sua stoltezza nel gestire gli affari. La sua incapacità di badare alle loro finanze» e che non aveva raccontato ai figli tanta malvagità.
Se chiudeva gli occhi, rivedeva il fuoco che aveva bruciato la guancia e i capelli di Tatu, che aveva scottato il piccolo corpo di Arto… e tanto altro ancora.
C’è un’aria di attesa, un senso di angoscia, si teme «ciò che sarebbe accaduto nei mesi successivi… quello che sarebbe successo da un momento all’altro»: Pentti sta per tornare.
 
Siri e i suoi figli, quasi tutti, sanno che non sempre i genitori amano i figli, «i bambini erano solo una variante incompleta degli adulti. E dovevano sbrigarsi, a diventare adulti, in modo da fare il loro dovere verso il padre e la madre o chiunque avesse la responsabilità genitoriale, oppure, be’, non verso la società, ma verso l’autorità più vicina».
Di pagina in pagina, si incontrano gli altri figli, si comprendono le loro inclinazioni, si palesano lo scarso amore e la diffidenza che li dividono.
 
Hirvo si sentiva estraneo, si rifugiava nella foresta.
Voitto somigliava a suo padre, era forte con i fratelli e debole con i suoi capi.
Tarmo, bravissimo a scuola, grazie a una borsa di studio viveva lontano, a Helsinki, e scopriva la sua omosessualità.
Lahja, la pseudo-gemella di Tarmo, si sentiva inutile, vuota, anche se il suo nome significava “dono” e si chiedeva «se Siri si fosse pentita di aver dato quel bel nome alla sua ultima figlia… si chiedeva quanto fosse delusa sua madre, da lei, che aveva dimostrato di essere tutt’altro che un dono».
 
Perciò, abbandonata da Tarmo, si era ripiegata su se stessa, sembrava quasi che cercasse l’occasione di soffrire.
Il romanzo si avvia alla conclusione, la morte violenta e in parte misteriosa di Pentti richiama ancora una volta i figli nella valle del Tornio e la scoperta di un testamento inatteso scompiglia le carte e, se possibile, crea distanze ancora maggiori fra loro.
 
Mi sono imbattuta in una grande famiglia, turbata da antichi rancori.
Ne ho letto la storia con interesse crescente, direi quasi con avidità, cercando di capire le ragioni degli uni e degli altri, accompagnando Siri nel racconto della sua infanzia, pensando di trovare giustificazioni davanti al male.
Ma solo i bambini con il loro candore possono non vedere e non capire.

Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)


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