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Monsignor Lauro riceve benedizione del pallio da papa Francesco

In San Pietro il simbolo del Buon Pastore a 25 Arcivescovi Metropoliti

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C’è anche il nuovo arcivescovo di Trento Lauro Tisi tra i 25 presuli di 5 continenti, 6 italiani, che questa mattina in San Pietro hanno ricevuto da Papa Francesco la benedizione del pallio, un piccolo drappo bianco simbolo del ministero di maggiore responsabilità affidato agli arcivescovi metropoliti.
La benedizione è avvenuta nella s. Messa presieduta da Francesco nella basilica vaticana in occasione della solennità dei santi Pietro e Paolo, patroni della Chiesa romana e della capitale.
In questa circostanza, come da tradizione, vengono benedetti i palli destinati ai nuovi arcivescovi, nominati negli ultimi dodici mesi alla guida di una Chiesa detta «metropolitana», perché a capo di una Provincia ecclesiastica.
Nel caso di monsignor Tisi, la Provincia ecclesiastica tridentina.
Tra i sei italiani, accanto all’arcivescovo di Trento, anche monsignor Zuppi arcivescovo di Bologna, monsignor Lorefice, arcivescovo di Palermo, monsignor Accrocca arcivescovo di Benevento, monsignor Ligorio arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo e il domenicano Lorenzo Piretto, arcivescovo di Izmir (Smirne), in Turchia.
 

 
Il pallio è una piccola stola di lana d’agnello, posta attorno al collo a rappresentare la pecora stretta sopra le spalle del Cristo Buon Pastore.
Dopo la benedizione, l’«imposizione» del pallio benedetto non avviene più, per volere di Francesco, a Roma, ma in ciascuna Chiesa locale ad opera del Nunzio apostolico: per l’Italia, monsignor Bernardini.
A Trento accadrà in cattedrale a novembre. «Non è certo simbolo di potere, ma un ulteriore richiamo alla responsabilità nell’esercizio nel mio ministero», commenta a caldo l’arcivescovo Lauro.
«Come ho detto nel giorno della mia nomina a vescovo, ho sempre sognato di fare il parroco, perché egli vive in mezzo alla gente, vicino alla pecore. Io voglio farlo da vescovo e questo piccolo drappo bianco che profuma d’agnello spero mi aiuti ad essere un pastore autentico.»
E ha concluso: «Il Papa mi ha incoraggiato, assicurandomi la sua vicinanza nella preghiera, chiedendo al contempo a tutta la Chiesa di Trento di pregare per lui.»
 

 
«Chiudersi in sé stessa, di fronte ai pericoli» è una «tentazione che sempre esiste per la Chiesa», ha detto il Papa nell’omelia.
«La paura ci ferma sempre, ci chiude anche alle sorprese di Dio.»
Ma anche in questo caso c’è lo «spiraglio della preghiera», e «la preghiera permette alla grazia di aprire una via di uscita: dalla chiusura all’apertura, dalla paura al coraggio, dalla tristezza alla gioia. E possiamo aggiungere: dalla divisione all’unità».
Alla celebrazione era presente, come da tradizione, una delegazione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, a cui è particolarmente legata anche la Chiesa di Trento.
E a rappresentare idealmente la Chiesa di Trento accanto al suo pastore, questa mattina nella basilica vaticana c’erano anche 130 fedeli provenienti dalle parrocchie della zona di Vezzano, della Val del Chiese e dell’unità pastorale della Divina Misericordia in val di Non, scesi a Roma in pellegrinaggio giubilare.

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