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Colpito di rimbalzo uno dei ragazzi in fuga dalla polizia a Cadine

L'episodio è decisamente inquietante, ma deve essere anche un'opportunità per valutare le cose nella giusta maniera

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La vicenda accaduta la notte scorsa nel tratto di strada che da Montevideo di Trento porta a Cadine sta dividendo le opinioni dei cittadini.
Ne abbiamo parlato in più articoli, ma è bene riassumere ugualmente i fatti.
Verso l’una e quaranta di domenica mattina una pattuglia della polizia locale di Trento era entrata in servizio a Montevideo per contrastare un fenomeno che da sempre accompagna la Trento-Bondone, quella che noi chiamiamo «Sindrome Nuvolari», per cui un po’ tutti si sentono autorizzati a fare la propria gara notturna, da soli o in competizione con un amico.
Quella pattuglia decise di fermare una Fiat Qubo, che non sembra proprio una macchina da corsa, ma qualcosa aveva fatto scattare la decisione ai vigili. E difatti avevano intuito bene, perché l’auto anziché fermarsi all’alt ha accelerato ed è corsa verso Cadine.
I vigili saltarono in auto, accesero le luci e rincorsero i fuggitivi.
Pare poi che la Qubo abbia cercato di far uscire di strada l’auto della polizia locale speronandola. E in questo la pattuglia si è dimostrata più abile, perché a perdere il controllo dell’auto sono stati i fuggitivi.
L’auto ha cappottato ed è andata a sbattere.
In tre sono usciti dall’abitacolo e se la sono data a gambe, mentre uno è stato estratto dall’auto indenne.
Indenni dovevano esserlo anche gli altri tre, perché sono scappati senza risparmio di energie.
 
Ma anche gli agenti non hanno perso tempo e hanno rincorso i tre.
Ed è qui che accade l’episodio che farà discutere a lungo.
Uno degli agenti ha estratto la pistola, probabilmente ha intimato l’alt altrimenti avrebbe sparato, e infine ha sparato un colpo. L’agente ha mirato in basso, come vuole la procedura in questi casi.
In due si sono fermati, mentre il quarto - l’autista - è riuscito a scappare.
Dai primi accertamenti è risultato che la Fiat Qubo era stata rubata a Levico a un proprietario non sapeva neanche che l’auto gli era stata rubata.
Vista l’età dei tre – tutti minorenni – gli agenti li hanno accompagnati a casa subito dopo aver verificato il loro stato di salute.
La mattina dopo si sono recati a casa del quarto individuo, del quale avevano recuperato le generalità.
E a quel punto si accorgono che il ragazzo è stato ferito dal colpo d’arma da fuoco.
Trasportato al S. Chiara di Trento, è risultato che il proiettile, esploso verso terra, era rimbalzato andando a colpire il gluteo del fuggitivo. L’impatto del proiettile è stato tale da uscire da davanti all’altezza dell’inguine.
Poiché il referto medico parla di una ventina di giorni di prognosi, possiamo dire che nella disgrazia la fortuna ha impedito che il dramma divenisse tragedia.
Il ragazzo ferito non è stato arrestato perché tecnicamente non più colto in flagranza di reato.
 
L’episodio è indubbiamente inquietante per una serie di motivi.
Da una parte abbiano dei ragazzi che, pur essendo minorenni, hanno precedenti penali. Ragazzi abbastanza determinati da spingerli comunque a forzare il fermo di polizia e addirittura a tentare di far uscire di strada gli inseguitori.
Dall’altra abbiamo un maledetto colpo di pistola, esploso in modalità decisamente singolare.
A quanto ci è dato di sapere, le pattuglie che sono di servizio la notte a Trento sono dotare di un’arma semiautomatica calibro 9 corto.
Il «9 corto» è stato adottato perché lo scopo dell’armamento è esclusivamente quello di legittima difesa. Il «9 lungo» infatti è un’arma da combattimento, in dotazione peraltro alle forze di polizia statunitensi, notoriamente più predisposte al combattimento.
E allora la prima domanda è: «Perché sparare per difesa a un uomo in fuga?
La versione ufficiale è che il colpo è stato esploso non per colpire il ragazzo alle gambe ma per intimorire i fuggitivi. Cioè le procedure sono state rispettate, ma purtroppo il colpo sparato a terra e da lì è rimbalzato malamente.
Inoltre, va precisato che la difesa può essere attiva e, a quanto pare, l’atteggiamento dei ragazzi era fortemente minaccioso.
 
A questo punto la popolazione si troverà divisa a favore o contro il comportamento del poliziotto in questo frangente, anche perché la Giustizia sembra pendere più a favore dei malandrini che della polizia.
Ma per noi il punto è un altro.
La professionalità nell’uso di un’arma da fuoco non sta tanto nell’abilità del tiro, quanto nella capacità decisionale di farne uso al momento opportuno.
La differenza tra un comune cittadino dotato di porto d’armi e un poliziotto è tutta qui. Mentre il primo è un dilettante per definizione e può trovarsi dominato dalle emozioni provocate da un evento delittuoso che gli fa pensare di essere in pericolo di vita, il secondo deve essere dotato della capacità razionale di far uso delle armi in maniera corretta.
Se fosse capitato a un cittadino di sparare e colpire per sbaglio un aggressore in fuga, sarebbe stato indagato per eccesso di legittima difesa.
Ma poiché è capitato a un agente di polizia, il comportamento risulta legittimo in quanto riconducibile al comportamento previsto dalla procedura.
La questione è dunque del tutta interna al corpo di polizia locale e, va da sé, al vaglio del sindaco che - giustamente - ha voluto evitare qualsiasi commento prima di aver valutato bene la situazione.
 
GdM

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