L’inchiesta sulle mele «bio» sta lievitando
Le accuse della Procura, il ruolo dei giornali, gli errori della difesa
La vigilia di Natale i tre giornali trentini sono usciti riportando, con dovizia di particolari, la vicenda giudiziaria che riguarda alcuni operatori coinvolti nella vicenda delle mele «bio», che bio non sarebbero state affatto.
La notizia è di qualche tempo fa, quando la Guardia di Finanza di Trento ha reso pubbliche le risultanze di un’inchiesta specifica (vedi nostro servizio).
Il fatto che ieri i tre giornali siano usciti in contemporanea dimostra che non si tratta di uno scoop, ma di una notizia diffusa secondo i canali tradizionali dell'informazione giudiziaria.
Poi ogni testata ha pubblicato quello che più riteneva più opportuno, vestendo la notizia con il proprio senso critico, secondo la costruzione dialettica della propria impostazione edirtoriale.
Nel pomeriggio di ieri è poi arrivato il comunicato da parte degli avvocati che seguono gli interessi delle parti in causa, che riportiamo qui di seguito.
COMUNICATO STAMPA SFT E CONSORZIO VALLI TRENTINE - PROCESSO MEDIATICO – FANGO SU UNA DELLE PIU’ IMPORTANTI REALTA’ ECONOMICO-SOCIALI DEL SETTORE AGRICOLO TRENTINO |
Il nostro giornale non ama pubblicare notizie o commenti quando le inchieste sono ancora in corso d’opera, ma secondo la nostra esperienza personale, l’uscita del comunicato è stata un errore.
Non parliamo di sintassi, anche se vediamo scritto la parola Stampa con la S maiuscola, come se il colpevole fosse il quotidiano di Torino anziché la stampa locale, ma di errori di strategia comunicazionale.
Il primo errore è che il comunicato è giunto alle redazioni la vigilia di Natale, cioè per un’edizione che non poteva uscire. A Natale, si sa, i giornali non escono.
Però escono i giornali online, le radio e le televisioni. E qui sta il secondo errore, perché chi non ha dato la notizia si è trovato di fronte a due opportunità: non pubblicare il comunicato, nel qual caso sarebbe stato inutile inviarlo; oppure pubblicare il comunicato richiamando l’intera vicenda giudiziaria, nel qual caso altro si fa che gettare benzina sul fuoco.
Il terzo errore sta nella strategia di fondo: quando c’è una tempesta, si ammainano le vele e si issa la tormentina per superare il momento critico.
Una guerra in questi momenti è persa in partenza: alimenta il materiale da pubblicare senza aggiungere elementi che aiutino in qualche modo gli interessati.
Il materiale che hanno in mano i giornali è lo stesso che hanno i legali, quindi c’è poco da contestare, se non nelle sedi opportune.
Noi siamo garantisti, per cui attendiamo notizie più utili alla comprensione dei lettori che, come dicono gli avvocati, altrimenti si fanno un’idea negativa prima ancora di conoscere la sentenza.
Anche nel caso dell’inchiesta Giano Bifronte eravamo stati molto cauti e, col senno di poi, possiamo dire di aver fatto bene.
Anche in questo caso è bene essere prudenti. La Guardia di Finanza si limita a fare una fotografia della situazione, poi spetta alla Magistratura portare avanti le cose in tema di giustizia.
Fatto sta che l’argomento è odioso perché - come dicono gli avvocati - mettono in dubbio la serietà degli interessati e, con loro, quella di tutti i Trentini. Per questo la gente vorrebbe che la giustizia, appunto, facesse il suo corso in fretta, cosa che non sembra appartenere a questo Paese.
«La stampa è un male necessario», diceva il Procuratore della Repubblica Stefano Dragone. Cioè è più facile lavorare con il consenso dell’opinione pubblica.
Sicuramente aveva ragione, ma la Procura è di parte per definizione.
Più che un comunicato, dagli avvocati attendiamo la loro versione dei fatti a smentita di quanto appare negli atti.
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