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Intervista con Padre Paolo Dall’Oglio – Di Adele Gerardi

Nostro colloquio esclusivo con uno dei relatori al forum sul tema «Islam e Democrazia»

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Alle 18 di oggi si svolgerà in sala Depero della Provincia autonoma di Trento il Forum sul tema «Islam e Democrazia».
I contenuti del dibattito possono essere approfonditi leggendo il nostro intervento di presentazione apribile tramite questo link.
Tra i relatori, uno dei personaggi che più spiccano per notorietà e impegno religioso, culturale e sociale è padre Paolo Dall’Oglio.
 
Lo abbiamo intervistato.
Prima di proporre il dialogo svolto tra Adele Gerardi e il padre gesuita, nel riquadro proponiamo un breve sunto della sua storia.

Paolo Dall'Oglio, nato a Roma il 17 novembre 1954, è un gesuita italiano.
Dall'Oglio è noto al mondo per essere stato, negli anni '80, il rifondatore del monastero cattolico siriaco Deir Mar Musa al-Habashi (foto sotto), nel deserto a nord di Damasco, in Siria, in cui vi sono accolti anche aderenti di religione ortodossa.
 
Entrato nella Compagnia di Gesù nel 1975, Paolo Dall'Oglio ha praticato il noviziato in Italia, prima di intraprendere gli studi universitari a Beirut, capitale del Libano.
Nel 1982 scopre i ruderi del monastero cattolico siriaco Deir Mar Musa al-Habashi, costruito nell'XI secolo attorno a un antico romitorio occupato nel VI secolo da San Mosè l'Etiope, e vi si insedia per un ritiro spirituale dal mondo in un posto di grande solitudine religiosa.
 
Nel 1984, Dall'Oglio è ordinato sacerdote del rito siriaco cattolico e decide di ricostruire le mura del monastero.
Nel 1992 vi fonda una comunità spirituale ecumenica mista, la comunità al-Khalil («l'amico di Dio, in lingua araba, con cui s'indica per antonomasia il patriarca Abramo), che promuove il dialogo islamico-cristiano.
 
Nel 2009 ha ricevuto la laurea honoris causa dall'Università cattolica di Lovanio.
Collabora regolarmente con la rivista Popoli, pubblicazione internazionale dei gesuiti italiani, fondata nel 1915.
 
Nel 2011 ha scritto un testo nel quale proponeva una soluzione pacifica ai problemi posti dalle sommosse popolari scoppiate in Siria, indicando la strada di una transizione politica verso un'architettura istituzionale democratica, basata sul consenso delle diverse componenti e sensibilità sociali e religiose che coabitano in Siria.
Ne è seguita la reazione del regime di Asad che, impegnato in un'aspra repressione delle proteste, ha decretato l'espulsione di Dall'Oglio dalla Siria.
A dicembre 2011, Dall'Oglio non ha ancora ottemperato all'ordinanza, continuando a risiedere in Siria.
A seguito di una lettera aperta spedita all'inviato speciale in Siria delle Nazioni Unite, Kofi Annan, il 12 giugno 2012 Dall'Oglio ha dovuto lasciare la Siria.

Padre Dall’Oglio, Islam e democrazia: un binomio impossibile?
«Riporto il mio motto da sempre: “Più democrazia, più Islam’”. Se l’obiettivo è lo Stato secolare, allora bisogna reprimere l’Islam antidemocraticamente. Le popolazioni arabe islamiche hanno un senso religioso radicato e diffuso. Intendo per Religione un sentimento, un modo di sentire la vita, che non può essere ricondotto sotto una bandiera, o un nome.»
 
Ma come si interpretano allora i recenti fatti di cronaca che hanno visto insorgere i fondamentalisti conto l’Occidente [assalti alle ambasciate Usa dei mesi scorsi – ndr]
Siamo sul filo del rasoio con il concetto di antiislamismo. È un concetto che si usa per fare iperfilosionismo, per sostenere le campagne elettorali in America. Il paradosso è che oggi in Italia, ad esempio, senza andare lontano, ci sono frange islamiche fondamentaliste tardo comuniste.
«Mi riferisco alla rete No War, di estrema sinistra che appoggia il dittatore siriano Bashar al-Asad. I tardo comunisti sono sempre anti imperialisti e anti occidentali. E poi c’è anche l’estrema destra che è antisemita e che quindi appoggia i fondamentalisti islamici.
«Ma va fatto presente che i Talebani ad esempio sono conservatori, ma meno fondamentalisti degli Egiziani. Le sfumature nel mondo islamico sono molte e diverse. I due soggetti culturali italiani di cui ho parlato prima quindi negano la Shoah, ma anche la rivoluzione islamica riformista.»
 
Ma perché si parla di «frange» moderate islamiche?
La base islamica è riformista e non violenta. Chi ha smosso le piazze contro l’occidente di recente, anche con spargimento di sangue, è stato, ad esempio, osteggiato in Libia da una grande contro-manifestazione, ma di questo i media non parlano.
«Perché chi vuol fare la guerra ha bisogno di un nemico , e l’Islam si presta ad esserlo, anche per la mentalità cattolica.»
 
Adele Gerardi

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