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Inizia la perforazione profonda della calotta glaciale antartica

Un team internazionale di 15 persone avrà il compito di iniziare la fase di perforazione profonda del progetto europeo Beyond Epica Oldest Ice

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Con l’avvicinarsi dell’estate australe riprende l’attività del campo remoto Little Dome C. Lavorando per due mesi a oltre 3200 metri di quota sul plateau antartico e con temperature medie estive di -35°C, un team internazionale di 15 persone avrà il compito di iniziare la fase di perforazione profonda del progetto europeo Beyond Epica Oldest Ice. Nei prossimi anni, grazie all’analisi del ghiaccio più antico del mondo, prelevato fino ad una profondità di 2,7 chilometri, il progetto ricostruirà la storia climatica della terra tornando indietro nel tempo fino a 1 milione e mezzo di anni, alla scoperta delle temperature e della concentrazione dei gas serra del passato: un lavoro fondamentale per gli studi di paleoclimatologia.
 
Finanziato dalla Commissione europea con 11 milioni di euro, il progetto punta a completare il carotaggio nei prossimi anni ed è coordinato da Carlo Barbante, direttore dell’Istituto di scienze polari (Isp) del Cnr e docente all’Università Ca’ Foscari Venezia. Dodici i centri di ricerca partner, di dieci paesi europei e non: oltre a Cnr e Università Ca’ Foscari, per l’Italia partecipa ENEA, incaricata della logistica insieme all’Istituto polare francese (IPEV).
Le attività del progetto Beyond Epica Oldest Ice beneficiano della sinergia con quelle svolte in ambito del Programma nazionale di ricerche in Antartide (PNRA), finanziato dal Ministero dell’Università e Ricerca e gestito dal Cnr per le attività scientifiche e dall’ENEA per l’organizzazione delle spedizioni.
 
Il campo di Little Dome C è stato allestito all’interno di un’area di circa 10 chilometri quadrati a 35 chilometri dalla base italo-francese di Concordia sul plateau antartico orientale, uno dei luoghi più estremi del pianeta. La campagna di quest’anno si chiuderà a fine gennaio 2023.
«Nella precedente campagna, nonostante condizioni proibitive con raffiche di vento e una temperatura quasi sempre sotto i -40°C, abbiamo allestito un campo in grado di ospitare per mesi fino a 15 persone e un complesso sistema di perforazione», afferma Carlo Barbante, presente in campo nel corso della campagna 2021-22. «Ripartiamo dai 130 metri di profondità raggiunti un anno fa per avviare la vera e propria perforazione profonda, con l’obiettivo di scendere di alcune centinaia di metri entro fine gennaio 2023», aggiunge il direttore.
 

 
La storia climatica e ambientale del nostro pianeta è conservata nel ghiaccio e può fornire informazioni fino a centinaia di migliaia di anni addietro sull’evoluzione della temperatura e sulla composizione dell'atmosfera. I ricercatori saranno in grado quindi di stabilire le concentrazioni dei differenti gas serra, come metano e anidride carbonica, nell’atmosfera del passato, mettendole in relazione all’evoluzione delle temperature.
«Riteniamo che questa carota di ghiaccio ci possa fornire informazioni sul clima del passato e sui gas serra presenti nell'atmosfera durante la transizione del Medio Pleistocene (MPT), avvenuta tra 900.000 e 1,2 milioni di anni fa», conclude Barbante. «Durante questa transizione la periodicità climatica tra le ere glaciali è passata da 41.000 a 100.000 anni; perché questo sia avvenuto è il mistero che ci proponiamo di risolvere».
 
Il team della campagna 2022/23 è composto da: Frank Wilhelms, Matthias Hüther, Gunther Lawer, Martin Leonhardt e Johannes Lemburg dell’Istituto Alfred Wegener (Germania), Robert Mulvaney del British Antarctic Survey (Regno Unito), Julien Westhoff dell’Università di Copenhagen, (Danimarca), Romain Duphil dell’Università di Grenoble-Alpes (Francia), Romilly Harris Stuart del Laboratoire des sciences du climat et de l'environnement (Francia), Giuditta Celli del Cnr-Istituto di Scienze Polari e dottoranda dell’Università Ca’Foscari Venezia (Italia), Saverio Panichi, Michele Scalet e Andrea De Vito dell’ENEA (Italia). Nella base di Concordia opereranno a supporto Markus Grimmer e Florian Krauss dell’Università di Berna (Svizzera).

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