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Crisi Mar Rosso, Confagricoltura: Italia il paese più esposto

Gli effetti sull’agricoltura devono essere portati immediatamente sui tavoli europei

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«L’Italia è tra i Paesi più esposti in seguito al blocco del transito delle navi nel canale di Suez. Il 40% dell’intero interscambio marittimo passa dal Mar Rosso e il settore agroalimentare risente più degli altri di questa situazione, che deve essere esaminata e approfondita sul piano europeo.»
Lo afferma il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, evidenziando le preoccupazioni del settore agricolo e, in particolare, dei comparti ortofrutticolo e vitivinicolo.
 
«Soltanto per l’agroalimentare, il transito verso i mercati asiatici vale 4 miliardi di euro di prodotti. Il circumnavigare l’Africa per evitare il canale di Suez comporta problemi di conservazione dei prodotti freschi, ma anche di tipo economico, con costi raddoppiati delle merci, tensioni sui consumi e un generale rallentamento degli scambi.»
 
Nell’ambito della frutta, le esportazioni di questo periodo sono costituite principalmente da mele (soprattutto verso l’India), kiwi e agrumi.
La qualità delle nostre produzioni – sottolinea Confagricoltura – rappresenta un valore importante e riconosciuto, ma la prolungata percorrenza verso i mercati finali dell’Asia non garantisce più le stesse caratteristiche di freschezza.
Inoltre, nei Paesi importatori, la merce deve essere venduta a un prezzo inevitabilmente più alto per far fronte alle nuove rotte del trasporto marittimo intercontinentale.
 
La situazione acuisce le difficoltà che il comparto ortofrutticolo italiano sta attraversando per la minore produzione dovuta alla siccità e all’aumento dei costi di produzione.
Anche per il comparto vitivinicolo il blocco delle navi verso i mercati asiatici è un ulteriore colpo all’equilibrio economico delle aziende e all’export del settore.
 
«Portiamo all’attenzione delle istituzioni europee un’ulteriore emergenza per il settore primario. Dobbiamo evitare – conclude Giansanti – che questa congiuntura incida in modo irreversibile sulle imprese agricole, già alle prese con una situazione complessa dal punto di vista climatico, economico e degli scambi internazionali.
«Se aumenta l’inflazione, infine, sarà inevitabile un ulteriore calo dei consumi agroalimentari, già in discesa di quasi 5 punti percentuali nello scorso anno.»

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