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La guerra in Siria nei disegni della piccola Sheradzade

Su invito della scuola musicale Il Diapason, il giornalista Fabio Sanfilippo ha raccontato la storia di Sheradzade, conosciuta nel campo profughi di Idomeni,

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Da oltre sei anni in Siria c’è la guerra. Questo conflitto ha causato più di 280 mila morti e costretto alla fuga milioni di persone.
Di queste una piccola parte ha cercato rifugio in Grecia. Per mesi circa 12 mila profughi, tra cui cinquemila bambini, hanno vissuto ammassati in un campo a Idomeni, al confine greco-macedone.
È lì, a Idomeni, che Fabio Sanfilippo, inviato speciale del Giornale Radio Rai, ha conosciuto Sheradzade, una bambina siriana di otto anni, che gli ha regalato dei disegni in cui descrive l’orrore della guerra, la vita quotidiana nel campo profughi fatta di povertà e di attesa, la speranza tradita di una frontiera che vorrebbe attraversare ma che vede chiusa, sbarrata dal filo spinato.
Dall’incontro del giornalista con la bambina è nata la campagna «Io sono Sheradzade» che ha lo scopo, attraverso i disegni della piccola siriana, di mobilitare l’opinione pubblica italiana su una tragedia umanitaria che si è consumata nel cuore dell’Europa nell’indifferenza di molti.
 

 
L’obiettivo è di aiutare Sheradzade e la sua famiglia a raggiugere la Germania e a farne un simbolo di quell’orrore che è stato Idomeni, che il ministro dell’interno greco ha definito «una nuova Dachau».
Da un anno Fabio Sanfilippo gira l’Italia per raccontare la storia della bambina, partendo dai suoi disegni.
In questi giorni il giornalista è a Trento per incontrare i bambini di alcune scuole elementari della città, su invito della scuola musicale Il Diapason diretta da Rolando Lucchi.
La collaborazione con Il Diapason è nata dall’incontro di Sanfilippo con la violoncellista Margherita Franceschini, insegnante della scuola musicale, in occasione della presentazione della mostra «Io sono Sheradzade» all’isola di Linosa per il festival «LinosArt».
«Penso che donandomi quei disegni - dice l’inviato Rai - Sheradzade volesse farli conoscere al mondo, volesse che il mondo conoscesse la vergogna di Idomeni attraverso gli occhi di una bambina e il linguaggio universale dell’arte.»

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