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«Davide contro Golia»: prevenzione e cura in risposta all’azzardo

Il gioco d’azzardo è stato affrontato, oggi, alla sala della Cooperazione a Trento in un convegno promosso dalla Fondazione Cassa Rurale di Trento

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«Il desiderio di non avere limiti ai propri desideri. Una fragilità umana nei tempi del benessere.»
Tradotto: il gioco d’azzardo. Il tema ha caratterizzato il convegno «Prevenzione e cura in risposta all’azzardo» ospitato, oggi, alla Sala della Cooperazione e promosso dalla Fondazione Cassa Rurale di Trento.
 
«Non solo sostegno economico da parte di questa realtà del territorio – ha evidenziato Sandra Venturelli (nella foto con Ruggero Carli), presidente dell’Associazione Mutuo Aiuto di Trento - ma condivisione di un progetto in modo convinto.»
L’azzardo «è un’emergenza di cui non se ne parla mai abbastanza – ha detto Rossana Gramegna, presidente della Fondazione Cassa Rurale di Trento – Un problema trasversale che interessa tutti. Non solo i giovani perché, di gioco di azzardo, ci si può ammalare a qualsiasi età.»
 
In Trentino 7300 soggetti sono dipendenti da gioco d’azzardo. Altrettanti sono a rischio. L’età è compresa tra i 15 e i 64 anni.
«La volontà delle istituzioni – secondo la consigliera provinciale Violetta Plotegher – è di creare una società dove prevalga la ricerca di una soddisfazione non basata sull’essere fortunati.»
 
Il gioco deve essere divertimento e non compulsione.
«L’azzardo non è un gioco – è stato aggiunto – ma dovrebbe essere considerato azzardo. E basta.»
 
A Trento esiste una slot machine ogni 115 abitanti.
Quella del Gioco d’azzardo è la terza azienda italiana per giro di affari.
 
Quindici sono i milioni di giocatori abituali.
C’è anche l’altro lato della medaglia: per la cura di questi soggetti si spendono mediamente all’anno dai 5 ai 6 miliardi di euro. Una vera e propria piaga sociale.
 
Durante il convegno è stata lanciata una proposta che potrebbe servire (assieme al molto già messo in campo) per contrastare ulteriormente il fenomeno: la formazione di un volontariato dedicato ed esperto che sia davvero sponsor speciale della rinascita del soggetto incappato in questo problema.
Come dire: «se siamo in tanti piccoli Davide, Golia farà meno paura.»
 
Una serie di dati interessanti li ha presentati Matteo Iori, presidente di Conaga, Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’Azzardo.
«Nel 2004 in Italia sono stati giocati 24 miliardi di euro, nel 2012, invece, 88 miliardi e mezzo di euro – ha osservato. Il 54,9% del denaro è stato speso in slot machine e videolottery. Di questa montagna di miliardi, 17,38 sono stati persi, 71 miliardi 19 milioni sono ritornati ai giocatori. I premi alti sono pochissimi. Basti pensare che, nel 2011, le vincite superiore ai 500 euro sono state pari a 1 miliardo di euro sugli 80 giocati complessivamente.»
 
In percentuale, nel 2004, andava allo Stato il 29,4% di quanto giocato.
Nel 2012 «solamente» il 9%. Dal 2011, rispetto a quanto succedeva negli anni passati, lo Stato ha guadagnato meno rispetto alla filiera dell’industria del gioco: 8 miliardi di euro sono andati allo Stato, 9 miliardi 300 milioni di euro alla filiera.
Chi ha reddito più basso gioca di più. I giocatori patologici in Italia oscillano tra i 300 e 400 mila.
Il 97% di studenti ha giocato nell’ultimo anno.
 
Interessante l’intervento di Ruggero Carli, responsabile del Settore Casse Rurali della Federazione Trentina della Cooperazione.
Ha parlato, tra le altre cose, delle iniziative declinate dai singoli istituti di credito cooperativo sul territorio servito quale forma di sensibilizzazione contro il gioco d’azzardo.
«Ad esempio – ha ricordato Carli - c’è una Cassa Rurale che ha attivato rapporti bancari a costo zero per esercenti che tolgono le macchinette dal loro locale.»
Graziano Manica, ex direttore della Cassa Rurale di Isera e oggi in pensione, è amministratore di sostegno.
 
Con un gruppo di lavoro ha dato vita, tra il molto altro, a due pubblicazioni molto apprezzate scritte in italiano, inglese, arabo e rumeno.
Ad esempio il «Bilancio familiare» permette di accompagnare le persone nella gestione del mese adottando comportamenti virtuosi ed evitandone altri decisamente meno virtuosi.
Un contributo concreto, insomma, per educare le persone a spendere meglio i propri soldi evitando di mettere a rischio il futuro loro e quello dei propri cari.

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