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Come migliorare la filiera della carne e la resa del latte

Presentato uno studio realizzato dalla Federazione Allevatori con l’Università di Padova

L’allevamento di bovini da carne produce annualmente un’entrata per i proprietari delle stalle trentine di circa 11 milioni di euro.
Il 30 per cento del valore deriva da vacche a fine carriera, il 33 per cento da vitelli e il rimanente 37 per cento da vitelloni.
I capi avviati alla macellazione sono complessivamente 22.300 (su 48 mila bovini allevati sul territorio provinciale) e costituiscono una produzione di nicchia se si considera che solo l’un per cento della carne immessa nei circuiti della distribuzione nazionale è di origine trentina.
Negli allevamenti intensivi della pianura, dove si lavora con costi molto più bassi, sono numerosi gli animali importati.
 
Della filiera della carne e del latte trentini, nell’ottica dell’ulteriore miglioramento della qualità e del rafforzamento della capacità di reddito dei produttori, si è parlato stamani in un convegno promosso dalla Federazione Allevatori.
Da alcuni anni la Federazione ha avviato una collaborazione con l’Università di Padova, con il sostegno della Provincia di Trento.
Nel corso del convegno sono stati presentati i risultati dell’ultima fase di studi. L’incontro, alla presenza di un numeroso pubblico di allevatori, è stato aperto da Claudio Valorz, dirigente della Federazione di via Bettine.
I lavori sono stati coordinati dal professor Giovanni Bittante, docente di zootecnia all’Università di Padova e responsabile scientifico della ricerca.
 
Lo studio - ha riferito il docente - si è concentrato negli ultimi mesi in particolare sulla filiera della carne, implementando il progetto carne trentina certificata lanciato già dieci anni fa.
Sono stati coinvolti un centinaio di vitelloni, maschi e femmine, nati nelle stalle trentine e trasferiti, nella fase successiva allo svezzamento, nella stazione sperimentale dell’Università, dove sono stati ingrassati secondo tecniche di alimentazione diverse.
Si è successivamente confrontata la crescita degli animali e la qualità della carne. I risultati ottenuti provano la bontà della filiera trentina: gli animali cresciuti nelle nostre stalle sono competitivi dal punto di vista zootecnico e assicurano carne di ottima qualità.
La produzione di carne può offrire una valida integrazione di reddito ai nostri allevatori, specializzati nella zootecnia da latte.
 
Positivi anche i risultati dell’indagine sulla resa casearia del nostro latte, che ha interessato un migliaio di bovine, seguite nelle stalle trentine per un anno.
Per ogni animale sono stati eseguiti mille prelievi di latte, trasformati in altrettanti campioni di formaggio secondo le tecniche della microcaseificazione.
La qualità del prodotto ottenuto è risultata varia a seconda del latte di partenza. Tipi genetici diversi di animali forniscono risposte diverse.
 
Per far nascere più femmine da destinare alla fecondazione con tori da carne, l’Università di Padova sta sperimentando la selezione degli animali con l’uso di seme sessato, che permette di predeterminare il sesso dell’animale con una sicurezza pari al 90 per cento.
Si possono così ridurre - ha spiegato Bittante - i vitelli maschi, che presentano modeste possibilità di valorizzazione e alti costi di allevamento, e aumentare le femmine, con sui sostituire le vacche a fine carriera.
Attualmente circa un decimo del seme venduto in Trentino, ad un costo triplo del seme convenzionale, è sessato.

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