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Chiusura del giornale Trentino, lo scenario che si apre

La mancanza di concorrenza, anima del commercio, ha portato a questa situazione

La nostra testata, L’Adigetto.it, ha sofferto alla chiusura del giornale Trentino. Siamo rimasti senza parole.
Poco o tanto siamo tutti amici e non esistono più le istanze di concorrenza degli anni Settanta.
E sapere che 20 colleghi hanno perso il lavoro ci rattrista pesantemente.

Siamo vicini ai colleghi del Trentino, che seguiremo da vicino nei limiti del possibile.

Quando iniziai a lavorare nel settore della comunicazione - era il 1970 - i giornali venivano prodotti con il piombo. Decine di linotipisti lavoravano di giorno e di notte con il giornalista a fianco, perché spesso, per far quadrare la pagina, si doveva rivedere il testo o rifare i cliché. Allora i giornali entravano in macchina ben dopo la mezzanotte.
Poi è arrivato il momento del diatype e i linotipisti erano passati dal piombo alla luce. Le pagine venivano montate in tempi molto più rapidi.
Quando l’informatica si diffuse in tutti i campi, i giornali avevano compiuto la loro evoluzione.
Ogni passaggio evolutivo riduceva i posti di lavoro, ma lavorare diventava sempre più facile. Basti pensare che oggi un solo giornalista può redigere, montare e inviare alla centrale la pellicola finale di una o più pagine.

Già, perché uno dei problemi che la gente non conosceva quando mancava la telematica, era il come far pervenire il materiale al giornale che poi doveva essere messo in produzione. I corrispondenti più lontani facevano le cosiddette «rovesciate», telefonate a carico del destinatario (il giornale) che venivano trascritte dagli stenografi.
Ovviamente c’erano i telex, ma i centri relativamente piccoli, come Rovereto o Riva, usavano il fuorisacco. Ovvero si andava all’ultima partenza della corriera o della ferrovia, si consegnava il materiale all’autista o al capotreno, i quali poi - nel nostro caso a Trento - lo consegnavano al fattorino del giornale.
Se perdevi la coincidenza, dovevi prendere la macchina e andare al giornale.
Altri tempi? Sì, ma non proprio così lontani, dato che ci ho lavorato anch’io…
 
Quando iniziai a lavorare per la pubblicità dei giornali venni assunto dalla SPI, che gestiva la pubblicità dei giornali L’Adige, Alto Adige, Il Gazzettino (allora aveva una redazione a Trento) e Vita Trentina.
Poi però gli appalti vennero frazionati e le testate preferirono avere un proprio gestore della pubblicità. Sì, perché la concorrenza è l’anima della pubblicità. E i gettiti raddoppiarono in breve tempo.
Ricordo che la concorrenza era a 360 gradi, sia per quanto riguardava i contenuti, che la tiratura e, tanto più, la pubblicità.
Ma era proprio quel clima di concorrenza che aveva portato le due testate, L’Adige e Alto Adige, a divenire tra le più importanti in rapporto alla popolazione di riferimento.

A Trento tirava molto di più L’Adige, mentre a Rovereto e a Riva, dove il capoluogo era visto di malocchio, l’Alto Adige la faceva da padrone.
Poi sono venute le radio libere e le televisioni private, che hanno scrollato il mercato della pubblicità tradizionale. È bene precisare che nessun nuovo mezzo di comunicazione ha mai soppiantato quelli esistenti. I mezzi si affiancano.
Sì, la carta stampata aveva perso qualcosa, ma la comunicazione è aumentata di molto nella formazione del territorio trentino. E la pubblicità era aumentata notevolmente: non occorreva più spiegare cosa serve la pubblicità.
 
Poi ci sono stati dei cambiamenti che hanno sconvolto l’equilibrio della stampa locale.
Il giornale L’Adige è fallito ed è stato acquistato da soggetti non più legati alla Democrazia Cristiana. Il quotidiano ha dovuto riconquistare gli spazi persi dall’editore precedente e pian piano è tornato a divenire il Numero Uno in Trentino.
Dall’altra parte l’editore dell’Alto Adige ha invece commesso un grave errore. Ha modificato il nome della testata distribuita in Trentino, chiamandola appunto giornale Trentino. Una mossa terribilmente sbagliata, perché perse in breve tempo il vissuto che aveva nutrito nel corso degli anni presso la popolazione. E le vendite crollarono.
Poi intervenne De Benedetti che acquistò l’Alto Adige e il Trentino, per poi doverli successivamente vendere per potersi dedicare all’acquisto de La Repubblica. Non per motivi di soldi, sia ben chiaro, ma per non uscire dai parametri imposti dalla legge sul monopolio della stampa nazionale.
Gli subentrò la SIE di Bolzano.
 
Nel frattempo la proprietà del giornale L’Adige decise di mettere in vendita la testata. Si aprirono le trattative con molti soggetti interessati e l’affare fu concluso anche in questo caso con la SIE.
E subito ci si pose la domanda sul come potevano reggere due testate sulla stessa piazza in mano allo stesso editore. Dove stava la concorrenza?
L’Ordine dei giornalisti temette infatti subito che prima o poi il Trentino sarebbe stato chiuso. Ma non era detto. Certo però la pandemia ha modificato le carte profondamente, fino a spingere l’editore a chiudere - come abbiamo visto - la testata meno redditizia.
Qui è bene fornire un po’ di dati. L’Adige vende oggi 18.500 copie, L’Alto Adige ne vende meno di 10.000, il Trentino 4.500. Per avere un quadro di paragone, aggiungiamo che l’Arena di Verona ne vende 26.000, il Dolomiten 40.000, il Gazzettino 44.000. Tutti i dati comprendono anche le vendite online, che sono le versioni PDF del giornale cartaceo.
 
Secondo i dati in nostro possesso, il Trentino nel 2019 aveva perso 600.000 euro, mentre nel 2020 ne avrebbe persi 1.600.000. Quest’ultima cifra viene ritenuta sospetta dai giornalisti del giornale, ma questa è la versione dell’editore.
Di certo nel terribile 2020 le vendite sono diminuite e la pubblicità è scomparsa. Se non si fa più una fiera, non ci sarà più neanche la pubblicità per sostenerla, e così via.
Vedendo però che i grossi consorzi alimentari trentini avevano invece aumentato i fatturati, fu chiesto loro di sostenere almeno la stampa gratuita acquistando pubblicità. Ma non arrivò una sola risposta, neanche per dire di no.
È bene precisare che il consorzio Melinda, in controtendenza, ha sempre dato pubblicità alla stampa locale, con la lungimiranza di chi rivolge un occhio anche al fronte interno.
 
A questo punto lo scenario si presenta così. Una testata è a disposizione del mercato e gli interessati usciranno ad annusare la situazione.
Il momento è pesante sì, ma gli acquisti si fanno quando le cose vanno male. Il fatturato offerto dal giornale Trentino non è elevato, ma può solo aumentare se una nuova proprietà si muovesse abilmente in una concorrenza al momento sonnolenta.
E poi, sappiamo che non è solo l’aspetto economico che suscita l’interesse di un giornale. Qualche perdita vale bene una messa…
Nel settore nostro, la stampa online gratuita, c’è una testata le cui perdite sono sostenute da alcuni finanziatori. Ci auguriamo che l’esperienza venga trasferita al giornale Trentino, perché il nuovo editore potrebbe solo migliorare la situazione e anche alla svelta.

G. de Mozzi

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