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«Trafficanti di natura», commercio che minaccia la biodiversità

Venerdì 31 maggio, alle 18 al MUSE un incontro sul traffico illegale delle specie selvatiche e sul bracconaggio

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Un incontro sul traffico illegale delle specie selvatiche e sul bracconaggio. Venerdì 31 maggio alle 18 al MUSE Rudi Bressa, naturalista, giornalista scientifico e autore del libro «I trafficanti di natura» (Codice Edizioni), dialogherà con Isidoro Furlan, generale in riserva dei Carabinieri Forestali, da sempre impegnato nella repressione del bracconaggio in contesto alpino. Anche sulle Alpi, ogni anno, si registrano migliaia di casi, soprattutto ai danni dell’avifauna: pettirossi, fringuelli, merli e tordi sono tra le specie più colpite.  
 
Ha un valore stimato che si aggira intorno ai ventitré miliardi di dollari l’anno ed è una delle principali minacce alla biodiversità. Il traffico di specie selvatiche è il quarto tipo di commercio illegale, dopo droga, esseri umani e armi, e contribuisce in maniera decisiva e spesso criminale al declino di diverse specie animali e vegetali. A tuffarsi in questo mondo sommerso è il giornalista ambientale e scientifico Rudi Bressa, con il libro «Trafficanti di natura», che sarà presentato venerdì 31 maggio alle 18 al MUSE.

L’autore illustrerà come il traffico illegale di specie non sia solo una delle principali cause di perdita di biodiversità, ma anche un pericolo per le economie, per la sicurezza alimentare e per la qualità delle nostre vite.
Durante la serata, l’autore converserà con Isidoro Furlan, generale in riserva dei Carabinieri Forestali, da sempre impegnato nella repressione del bracconaggio in contesto alpino, che porterà uno sguardo locale sul tema.
 
L’attenzione mediatica sul traffico illegale di specie e sul bracconaggio è infatti spesso concentrata sulle grandi specie bandiera, dai «big 5» africani (leone, leopardo, rinoceronte, elefante africano, bufalo) al commercio di rettili nel sud est asiatico, alla pesca di frodo, ma la situazione sulle Alpi non è meno degna di approfondimenti. Sono milioni ogni anno gli uccelli che in Italia cadono vittima dei bracconieri e molti di questi sul territorio alpino.
 
Per le specie alpine, più che di commercio illegale si tratta di bracconaggio, specialmente di avifauna per scopi alimentari (pettirossi, capinere, cince che finiscono allo spiedo) e per scopi da richiamo i turdidi (tordo bottaccio, merlo, cesena). Neanche i mammiferi sono risparmiati dal fenomeno: caprioli, tassi, ghiri e volpi rimangono spesso intrappolati in trappole e lacci che non lasciano loro scampo; le specie cacciabili – come cervo, capriolo, camoscio – possono essere oggetto di bracconaggio inteso come prelievo con tempi e modi non consentiti dalla legge.

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