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«Lupus in stabula»: le dinamiche di predazione del lupo

Il progetto mira a migliorare la conoscenza di questa tipologia di conflitto tra attività umane e lupo sul territorio provinciale

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Qual è l’impatto del lupo sulle attività zootecniche in Trentino? Quali sono le aree e le malghe maggiormente colpite? Quali sono le strategie di prevenzione maggiormente utilizzate sul territorio? Sono queste alcune delle domande a cui cerca di rispondere il progetto di ricerca coordinato dal MUSE «Lupus in stabula: analisi delle dinamiche di predazione da lupo sul bestiame domestico in Trentino», finanziato dalla Fondazione Cassa Rurale di Trento e svolto in collaborazione con il Servizio Faunistico – Settore Grandi Carnivori della Provincia Autonoma di Trento.
 
Indagando con approccio scientifico le situazioni e i contesti in cui si sono verificate le predazioni sul bestiame da parte del lupo nel territorio provinciale, la ricerca approfondisce diversi aspetti che caratterizzano il fenomeno: l’andamento negli anni, la distribuzione spaziale, il rapporto con le misure di prevenzione, i fattori gestionali che possono aumentare il rischio di predazione.
Il primo prodotto del progetto è una relazione tecnico-scientifica (vedi), a cui faranno seguito ulteriori approfondimenti.
 
«A distanza di dieci anni dal ritorno stabile della specie sul territorio trentino – spiega la ricercatrice del MUSE Giulia Bombieri che coordina il progetto – questo tipo di analisi è fondamentale non solo per fornire una fotografia aggiornata della problematica, ma anche e soprattutto per comprenderne le dinamiche e i fattori di rischio, nonché valutare l’efficacia delle misure di prevenzione messe in atto e studiarne possibili miglioramenti».
Dalla relazione emerge che in provincia di Trento, tra il 2013 e il 2022, si sono verificate 576 predazioni da lupo su domestico, con un totale di 2.256 capi coinvolti (inclusi i capi morti, feriti e dispersi).
 

 
Le predazioni documentate seguono la tendenza di espansione della popolazione di lupi sul territorio, aumentando nel corso degli anni sia nel numero che nelle aree interessate dalle predazioni. Il maggior numero di attacchi avviene nel mese di agosto e durante le ore notturne.
Complessivamente, il bestiame presente in alpeggio ogni anno ammonta a circa 72.687 capi, perlopiù costituito da ovicaprini (63,5%), bovini (31%) ed equini (2,4%). In media il bestiame predato dal lupo ogni anno si aggira intorno allo 0,6% del bestiame complessivo monticato (0,8 per ovicaprini ed equini, 0,1 per i bovini).
 
Ne consegue che ovicaprini ed equini (asini in particolare) rappresentano le tipologie di bestiame maggiormente selezionate dal lupo e quindi più vulnerabili.
I bovini invece, salvo contesti particolari come ad esempio quello della Lessinia, rappresentano la categoria meno selezionata in relazione alla disponibilità in alpeggio, di cui i giovani sotto i 15 mesi costituiscono la classe d’età più a rischio.
«Particolarmente interessante e utile dal punto di vista gestionale – sottolinea la ricercatrice – è il dato che emerge dalla valutazione della presenza e funzionamento delle opere di prevenzione: l’81% delle predazioni è avvenuto in assenza di opere di prevenzione funzionanti a protezione dei capi predati».
 
Dall’analisi spaziale emerge che, nell’ultimo triennio, le aree a maggior impatto sono state Lessinia, Baldo, Bondone e Primiero. Per quanto riguarda le malghe, sono 13 quelle maggiormente colpite dal lupo nell’ultimo triennio.
In particolare, 4 malghe hanno subito un impatto di tipo cronico (almeno un evento di predazione in ognuno dei tre anni), mentre 9 malghe hanno subito predazioni di tipo massivo (almeno 10 capi morti per evento di predazione).
Lo studio fornisce inoltre una panoramica descrittiva delle opere di prevenzione erogate dalla Provincia autonoma di Trento e delle malghe presenti sul territorio provinciale. Sono 578 le malghe censite in provincia, di cui il 65% ospita prevalentemente bovini, il 26% ovicaprini, il 4% bestiame misto e il 3% equini.
 
Il 36% delle malghe censite è dotato di almeno un’opera di prevenzione a protezione del bestiame dai grandi carnivori (lupo e orso). Si tratta di opere utilizzate prevalentemente per la stabulazione notturna del bestiame (86%), in particolare reti mobili elettrificate (81%).
In 41 malghe è inoltre presente almeno un cane da guardiania, nella maggior parte dei casi in combinazione con qualche tipo di recinzione.
Dalle analisi svolte emerge un quadro complesso, in cui l’impatto del lupo può essere di tipo diverso (cronico o massivo) e risulta concentrato presso alcune aree e in particolare alcune malghe che presentano caratteristiche diverse tra loro sia dal punto di vista gestionale sia relativamente alla presenza del lupo.

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